49 MILIONI LEGA SPARITI: SCAMBIO DI ACCUSE TRA GIORGETTI E MARONI
GIORGETTI: “BILANCI CERTIFICATI DA MARONI”… LA REPLICA: “COLPA DI SALVINI CHE HA RITIRATO LA COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE NEI PROCESSI A BOSSI”
Chi comanda adesso fa il nome di chi comandava prima. Chi comandava prima non ci sta: e invita a rivolgersi a chi il potere lo tiene in mano adesso.
Che quella della Lega fosse la storia di un partito animato da feroci lotte intestine era noto.
Ed è anche comprensibile che gli scontri sotterranei diventino più violenti ed evidenti quando l’argomento è legato ai 49 milioni di fondi pubblici ottenuti con una truffa ai danni dello Stato.
Mai però il conflitto era arrivato a essere esplicitato sui giornali. E con la faccia di due pesi massimi del Carroccio di oggi e di ieri: Giancarlo Giorgetti e Roberto Maroni.
Che non corresse buon sangue tra l’ex governatore della Lombardia e il potente sottosegretario era cosa nota.
Basta andarsi a rileggere l’intervista rilasciata da Maroni a La Stampa nei giorni successivi all’indagine per corruzione sul sottosegretario Armando Siri.
“Il vero problema non è Siri, ma Giorgetti“, aveva detto a sorpresa l’ex ministro dell’Interno, focalizzando l’attenzione mediatica sul Richelieu di Matteo Salvini.
Che aveva replicato lapidario: “Maroni gufa un po’, sta cercando di rientrare in gioco“. “La verità è che più di Richelieu, Giorgetti somiglia a Mazzarino. È l’unico vero politico di tutta la storia della Lega, dopo Bossi”, dice un vecchio e importante esponente del Carroccio al fattoquotidiano.it.
Cresciuto all’ombra del senatùr, arrivato al vertice del partito già ai tempi della secessione della Padania, Giorgetti è rimasto in sella anche durante l’interregno di Maroni, quando riuscì a farsi nominare tra i saggi di Giorgio Napolitano.
“Poi ha capito che il leader del futuro era Salvini, che a tirare sarebbe stato il nazionalismo non la Padania. E si è riposizionato per tempo, eliminando uno a uno i nemici interni. Maroni lo odia per questo. Perchè ha fatto a lui quello che lui aveva fatto a Bossi”, continua la stessa fonte.
In questo senso è facile intravedere una serie di messaggi trasversali anche dall’ultimo botta e risposta a distanza tra i due.
Il solitamente riservato Giorgetti ha convocato una conferenza alla sala Stampa estera per rispondere — tra le altre cose — anche una domanda sugli ormai stranoti 49 milioni di euro. “Che fine hanno fatto quei soldi? Tutti i bilanci sono certificati e pubblici da quando divenne segretario Roberto Maroni, poi le inchieste possono andare avanti anche per decenni… finirà anche questa”, ha detto l’highlander del Caroccio.
Una dichiarazione che può suonare pacifica e minimalista a tutti, tranne che al diretto interessato.
Maroni, infatti, sa bene che il tesoretto lasciato nelle casse della Lega da Bossi è Francesco Belsito comincia a evaporare durante i suoi quindici mesi al vertice del partito di Alberto da Giussano: nel 2011 a bilancio era iscritto un patrimonio da 46 milioni, nel 2017 è sceso a 4,5 milioni.
Che fine hanno fatto quei soldi? Sono semplicemente stati spesi. E i bilanci — come dice Giorgetti — sono stati certificati dalla Pwc, società di revisione ingaggiata proprio da Maroni per diradare ogni ombra su via Bellerio.
Il problema, semmai — come segnalava l’ex revisore Stefano Aldovisi in un esposto alla procura depositato alla fine del 2017 — è capire come siano stati spesi. Come ha raccontato ilfattoquotidiano.it, proprio durante la gestione Maroni alcune voti nei bilanci — pubblici e certificati — esplodono: dai contributi alle associazioni, ai mai chiariti “oneri diversi di gestione“, fino alle spese legali.
Sarà anche per questo che a poche ore dalle dichiarazioni di Giorgetti, il settimanale l’Espresso anticipa i contenuti di un’intervista a Maroni.
Oggetto del colloquio? Ma ovviamente gli ormai notissimi 49 milioni di euro.
L’ex governatore, ovviamente, non fa cenno alle parole del sottosegretario ma si focalizza su un passaggio molto più tecnico: la mancata costituzione di parte civile del Carroccio nei processi a Bossi.
“Sulla storia della truffa da 49 milioni la Lega era parte lesa, perciò i giudici avevano accolto la costituzione di parte civile che avevo fatto io. Così facendo saremmo stati considerati parte offesa e avremmo tutelato la Lega da azioni risarcitorie. Poi avremmo dovuto chiedere noi i soldi ai condannati. Ovviamente non avrei mai obbligato Bossi a ridarci alcunchè, ma in questo modo avrei salvaguardato il partito”.
Maroni, che è tornato a fare l’avvocato nello studio del fidato Domenico Aiello, in pratica ricorda che di quella truffa ai danni dello Stato erano accusati Bossi e Belsito. Se la Lega fosse rimasta parte civile, nessuno oggi avrebbe chiesto al Carroccio quei 49 milioni, oggetto delle ricerche delle procure Genova, Milano e Bergamo. Solo che quella costituzione di parte civile “poi Salvini l’ha ritirata, e il partito oggi paga le conseguenze di questa scelta”, ricostruisce sempre l’ex governatore.
Tradotto: per colpa di Salvini ora il partito deve restituire quei soldi. Dunque chi chiede notizie dei 49 milioni è con l’attuale segretario che deve parlare, non con con quello passato.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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