ALLARME DEI PARTITI PER I TAGLI: “SAREMO NOI A PAGARE IN CAMPAGNA ELETTORALE”
BERSANI INVITA A TRATTARE CON LE PARTI SOCIALI… GIOVEDI IL CONSIGLIO DEI MINISTRI PER APPROVARE I RISPARMI… MA LE MISURE DIPENDERANNO ANCHE DALL’ANDAMENTO DELLO SPREAD
Pier Luigi Bersani, la scorsa settimana, lo ha detto chiaro e tondo a Monti.
In colloquio riservato a palazzo Chigi Bersani ha piantato un paletto sulla spending review: «Presidente, ti sconsiglio di fare il Consiglio dei ministri lunedì. Non daresti il tempo ai sindacati di approfondire la materia. E se hai in mente tagli lineari, non concordati con le parti sociali, noi stavolta non ti possiamo coprire».
Un analogo altolà è arrivato dal Pdl. Tanto che Fabrizio Cicchitto, premesso che «non sappiano nulla oltre quello che leggiamo sui giornali», mette in guardia il governo dal procedere con un colpo di mano: «Se pensano di arrivare in Parlamento con un pacchetto blindato e poi cavarsela con la fiducia, stavolta ballano davvero».
Il problema è che i partiti ormai sono in campagna elettorale.
E la scure del governo sul Welfare, la Sanità e il pubblico impiego rischia di essere un costo troppo grande da pagare in vista del voto.
Specie se sono vere le anticipazioni della vigilia.
Oggi “Mr. Forbici”, il consulente Enrico Bondi, consegnerà a Monti un pacchetto di tagli compreso tra i 9 e gli 11 miliardi.
E l’obiettivo del premier, per coprire le spese del terremoto, gli esodati e, soprattutto, evitare l’aumento dell’Iva a ottobre, è di arrivare almeno a 9.
Anche per costituire un margine di sicurezza nel caso i partiti e i sindacati si facessero troppo aggressivi nel percorso parlamentare dopo l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri.
Nel governo c’è consapevolezza che «sarà dura», i partiti sono in tensione.
E c’è anche fibrillazione nell’esecutivo con i ministri più colpiti – Salute, Esteri, Difesa, Giustizia – pronti ad alzare le barricate. Tanto che ieri, scherzando, a palazzo Chigi speravano nello stellone di Prandelli: «Se vince l’Italia per una settimana possiamo fare passare qualsiasi cosa».
Quello che a molti nel governo non va giù è il fatto che la stretta finale venga decisa, come al solito, nelle chiuse stanze di via XX Settembre.
Dal viceministro Vittorio Grilli e dal capo gabinetto dell’Economia, Vincenzo Fortunato.
Lo ha confessato lo stesso Piero Giarda, autore di un corposo rapporto sulla spending review, a un capogruppo di maggioranza che nei giorni scorsi gli chiedeva qualche dettaglio sui tagli: «E lo chiedi a me?
Noi ministri siamo ancora all’oscuro come voi».
Per superare le resistenze interne alla squadra di governo, oggi Monti ha convocato a palazzo Chigi una sorta di Consiglio dei ministri informale.
Mentre domani ci sarà l’incontro decisivo, quello con i sindacati e gli imprenditori. Il premier ha deciso di tirare dritto, come sulla riforma delle pensioni: «Le parti sociali le informiamo, con loro non si tratta».
Quanto ai partiti, se sarà necessario Monti procederà a colloqui separati con i tre segretari di maggioranza.
Un vertice “ABC” non è stato ancora fissato in agenda, ma giocoforza dall’entourage del premier ammettono che sarà necessario quantomeno informare i leader delle misure in arrivo.
L’unico a sconsigliare Monti di procedere con queste consultazioni è stato Pier Ferdinando Casini.
«Se ci convochi – è stato il “suggerimento” del leader centrista al premier – ciascuno di noi sarà obbligato a chiederti qualcosa. E non potremo uscirne a mani vuote. Meglio se il governo si prende la responsabilità di decidere».
E comunque l’eventuale vertice di maggioranza verrebbe formalmente convocato per parlare del Consiglio europeo e della situazione economica alla luce dei risultati di Bruxelles.
Poi ovviamente ci sarebbe il confronto sulla spending review.
Il Consiglio dei ministri per l’approvazione del decreto probabilmente sarà convocato giovedì, dopo che Monti avrà riferito in Parlamento sul summit Ue.
Sempre che non slitti tutto alla prossima settimana. Il premier infatti ha fatto sapere di voler monitorare l’andamento dello spread che venerdì, sulla scia delle buone notizie arrivate da Bruxelles, si è abbassato di 50 punti.
È chiaro che se dovesse confermarsi il trend positivo ci sarebbe un forte riverbero sugli interessi che l’Italia paga sul debito pubblico.
Consentendo al governo di rivedere al ribasso l’importo dei tagli.
Ad ogni modo i ministri che lavorano sul dossier hanno già pronta la tattica per far approvare la manovra in tempi rapidi: «Minacceremo i parlamentari di lavorare tutto agosto, come si faceva ai tempi della Finanziaria. Alla fine il 22 dicembre veniva sempre chiusa per lo spauracchio degli onorevoli di perdersi le vacanze di Natale»
Francesco Bei e Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica”)
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