ANDREA ORLANDO: “A FAR FUORI TOTI SONO STATI GLI ALTRI PARTITI DELLA SUA MAGGIORANZA CHE NON CONTAVANO NULLA”
“QUESTA STORIA RIGUARDA GLI ALTRI PARTITI DELLA MAGGIORANZA CHE SONO STATI TAGLIATI FUORI DA TOTI DA OGNI DECISIONE SUGLI APPALTI. ERANO LORO AD ESSERE I PIÙ ARRABBIATI COL GOVERNATORE. QUESTO STATO DI COSE NON POTEVA DURARE, ALLA FINE E’ ESPLOSO”
Giovedì ora di pranzo. In un transatlantico Montecitorio semideserto per la campagna elettorale per le europee, arrivano gli echi del caso Liguria e si ragiona sul destino del governatore Giovanni Toti agli arresti domiciliari. Davanti alla buvette si incontrano due personaggi che per i ruoli che ricoprono hanno molto da dire sull’argomento: il capogruppo dei deputati di Fratelli d’Italia, Tommaso Foti, e Andrea Orlando, candidato “in pectore” della sinistra qualora si arrivasse alle elezioni anticipate per la Regione. «Allora che fai ti candidi?», è la battuta che puntuale esce dalla bocca di Foti. E Orlando naturalmente, quasi che l’aspettasse, non si tira indietro. «Che fate voi?», replica con un sorriso consumato.
E chi ha le antenne più tese non può che essere chi ambisce a prendere il posto di Toti, appunto, Orlando. Il personaggio è in gran spolvero, mezzo Pd lo cerca. Ha una sua idea sullo scandalo, sulle sue dimensioni, sulle sue conseguenze. «La questione – osserva – non è il finanziamento dei partiti, che certamente è un tema ma che in questa vicenda con c’entra nulla. Il problema è che non si possono decidere appalti o concessioni al bar o su uno yacht. Il problema è “il sistema”. In questo sistema appalti e concessioni lo decidono le imprese direttamente con il governatore. È un andazzo che lede la democrazia».
Per cui nella testa di Orlando, già ministro della Giustizia, lo scontro tra politica e magistratura non è argomento di questa vicenda. «Io non voglio fare il giustizialista – mette le mani avanti l’esponente del Pd non ci penso proprio. Ma il rapporto tra istituzioni e imprese nella logica di Toti diventa perverso. L’ho detto più volte pubblicamente e lui si è risentito».
Poi, dato che Orlando è uomo di partito e conosce i meccanismi della politica, tira in ballo anche altri.
«La cosa strana – racconta – è che questa storia non riguarda tanto noi visto che in Regione non toccavamo palla ma gli altri partiti dell’attuale maggioranza che sono stati tagliati fuori da Toti da ogni decisione. Erano loro – io ci parlavo – ad essere i più arrabbiati».
E la «genesi» del caso secondo Orlando è squisitamente politica. «Secondo me – è il suo ragionamento Toti ha perso la testa quando ha tentato di proiettarsi sul piano nazionale. Nelle ultime elezioni la sua lista è quella che ha avuto più voti. Se ricordo bene il 22%
Lui a quel punto ha tentato di trasformare il suo movimento in un soggetto nazionale per poter trattare alla pari con gli altri leader del centro-destra. Non gli è andata granché bene per cui si è trovato nella necessità di stringere i bulloni del suo sistema. Ha messo dei personaggi fidati nei ruoli principali in modo da accentrare tutto sulla sua figura. Gli altri partiti della maggioranza non contavano nulla come pure gli altri componenti della giunta regionale».
Ragion per cui per Orlando prima o poi ci sarebbe stata la parola «fine»: «È chiaro che questo stato di cose non poteva durare, che alla fine sarebbe esploso». E qui l’esponente del Pd non risparmia una punta di sarcasmo: «Tant’è che quando c’è stato il dibattito sul terzo mandato per i governatori, ho detto che per me in Liguria si poteva anche fare…E a proposito sarebbe opportuno fare anche una riflessione sul “premierato” che somiglia tanto al sistema di governo delle Regioni».
(da Il Giornale)
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