ARMATA LESSA: IN UN GIORNO SONO MORTI QUASI MILLE SOLDATI RUSSI, MAI UN NUMERO COSÌ ALTO DALL’INIZIO DELLA GUERRA
I CIVILI RECLUTATI NON HANNO ALCUN TIPO DI ADDESTRAMENTO MILITARE E UNA VOLTA SPEDITI AL FRONTE MUOIONO COME MOSCHE SOTTO I COLPI DI ARTIGLIERIA UCRAINA
In nove mesi di guerra non erano mai morti così tanti soldati russi in un giorno solo: novecentocinquanta, secondo il bollettino quotidiano del ministero della Difesa ucraino di ieri.
Il dato record è significativo, perché i numeri del bollettino pubblicato dalla Difesa ucraina non sono di fantasia e sono legati a quello che succede sul terreno. Vuol dire che il numero reale potrebbe non essere quello ed è materia di discussione, ma la tendenza è credibile.
In questi mesi squadre di ricercatori indipendenti che raccolgono tutte le immagini di veicoli russi distrutti hanno scoperto che il loro conteggio non si discosta in modo significativo da quello del bollettino.
Se valesse anche per i soldati, vorrebbe dire che da parte russa ci sono più perdite del normale – tra l’altro in un periodo che non vede avanzate veloci e capovolgimenti di fronte, ma bombardamenti di artiglieria.
Il ministro della Difesa russo, Sergej Shoigu, tre giorni fa ha detto che la mobilitazione di trecentomila russi è completa e che ottantaduemila sono già arrivati sul fronte – e questa potrebbe essere una spiegazione. I mobilitati spediti in zona di guerra senza addestramento e senza esperienza hanno meno chance di cavarsela rispetto ai soldati professionisti.
Circola questa versione, per ora non confermata da alcuna fonte ufficiale: i soldati russi si stavano concentrando in preparazione di un attacco e sono stati individuati e bombardati dai cannoni ucraini sul fronte est, quello di Lugansk.
Due giorni fa il generale russo che dirigeva le operazioni su quel fronte, Aleksandr Lapin, è stato rimosso dal suo incarico. Lapin questo mese è stato attaccato due volte con durezza dal dittatore ceceno Ramzan Kadyrov, che lo ha accusato di essere un incapace disfattista e di avere ordinato alle sue truppe di ritirarsi dalla città di Lyman invece che resistere e che inoltre si sarebbe anche appropriato della vittoria di Lysychansk a giugno.
Lapin aveva risposto con ancora più durezza e aveva alluso alla necessità di una terza guerra in Cecenia, per mettere a posto i ceceni diventati troppo arroganti.
Mediazone, un sito di notizie ucraino che segue in dettaglio la guerra, e il Progetto Sato, un media indipendente russo, ieri hanno scritto che Lapin a metà ottobre ha estratto dalla sua fondina la pistola e l’ha puntata alla testa di un tenente (un mobilitato a settembre con zero esperienza) perché aveva osato abbandonare una posizione assieme ai resti della sua compagnia. Il racconto arriva da un soldato presente alla scena, Nikita Pavlov, e i due media hanno sentito anche la moglie e il padre dell’ufficiale.
È una storia che in queste settimane si ripete con regolarità lungo tutto il fronte del Donbass. La compagnia del tenente, Dmitry Vodnev, subito dopo essere stata assemblata in frette e furia alla fine di settembre con gli uomini arruolati a forza è mandata a Kolomyichykha, un piccolo villaggio vicino Svatove nella regione di Lugansk.
Gli uomini si sistemano in un capannone per trattori e dormono per terra per quattro giorni senza luce elettrica, riscaldamento, cibo, acqua e soprattutto senza istruzioni da parte dei superiori. Gli ucraini li scoprono, cominciano a bombardare, chi può si sparpaglia nella foresta e gli altri restano inchiodati sotto il fuoco dei mortai.
Muoiono dieci soldati in due giorni, i sopravvissuti tornano a piedi fino al comando, il generale Lapin li vede, punta la pistola alla testa del tenente e accusa tutti di essere «traditori e disertori».
Va avanti per quasi un giorno, fino a quando due droni ucraini sorvolano il comando e gli ufficiali russi, per timore di essere stati individuati e di attirare il fuoco ucraino, saltano sui loro veicoli e vanno via.
(da La Repubblica)
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