ARTURO BENEDETTI MICHELANGELI, IL “LISZT ITALIANO”
LA MUSICA, IL SENTIMENTO, IL GENIO
L’Italia non è mai stata una “terra grata ed amorevole coi propri figli”.
Qualunque essi fossero e qualsivoglia fosse “il merito”, è sempre stata una “madre” distratta, quasi come se certe cose le dessero fastidio, almeno durante la vita del “pargolo virtuoso”.
Demerito esclusivo di una società sempre distratta, prevalentemente a trazione socialista, ove “l’elogio del singolo individuo meritevole” ha sempre rappresentato una sorta di nota stonata, se non addirittura, un momento di deprecabile ed invidioso stato d’animo.
Ma demerito anche della Politica, sempre altrimenti affaccendata, persa nei rivoli di non si sa cosa e del “non si sa quando”.
Eppure la “nostra terra”, di grandi figli, ne ha “messi al mondo” tanti.
Vent’anni fa, per esempio, è scomparso il più grande pianista di tutti i tempi.
Un genio assoluto, ancora oggi “invidiatoci” dal mondo intero. Un grande musicista. Un grande Italiano.
Non è facile parlare di Arturo Benedetti Michelangeli per chi, come me, ha avuto la fortuna, l’onore ed il privilegio di studiare con un suo allievo, riuscendo a carpire molti più segreti di quanti se ne possano immaginare.
Non è cosa agevole mantenere l’equilibrio espositivo ed emozionale al cospetto di un genio così grande da impoverire ogni sorta di parola o di pensiero, mai abbastanza centrati, mai abbastanza esaustivi, mai effettivmente rappresentativi.
Avevo solo 13 anni quando la mia insegnante mi parlò per la prima volta di questo immenso pianista. Ricordo che stavo studiando una sonata di Scarlatti.
Ricordo la difficoltà tecnica ed interpretativa di affrontare quelle che, a prima vista, sembravano “soltanto quattro note”.
Ricordo quel suo continuo invito affinchè raggiungessi un suono brillante ma legato. Un “suono alla Michelangeli”, insomma.
Cosa volesse dire di preciso lo avrei scoperto soltanto qualche anno dopo anche se, comunque, cercavo di trarne parimenti “ispirazione”.
Ero giovanissimo. La mia famiglia non era ricca, anzi.
La Musica non era così facilmente reperibile e riuscire a sentirlo, questo immenso pianista, non era cosa così semplice.
Ciò non di meno continuai a studiare sempre attratto da quel cognome, dai racconti della mia prima insegnante e dal mito che lo circondava anche se, come tutti gli scugnizzi veraci, amanti della libertà , quel desiderio di conoscenza e di vicinanza si sarebbe sempre mischiato a quella voglia di “libertaria distanza” che non m’ha mai abbandonato.
Qualche anno dopo, in Conservatorio, “mi cambiarono classe” assegnandomi a quella del Maestro Delfini, direttore d’Orchestra, un tempo allievo proprio di Arturo Benedetti Michelangeli in quel di Arezzo.
Fu proprio allora che quel genio – che già aveva riempito la mia fantasia di scugnizzo – iniziò a diventare una perenne necessità speculativa.
In fondo, non soltanto stavo addirittura imparando la sua tecnica ma, giorno dopo giorno, lezione dopo lezione, racconto dopo racconto, mi stavo sempre più avvicinando a quella visione di grandezza che è l’unico percorso “lucido ed onesto” per chi voglia anche soltanto avvicinarsi alla possibilità sincera di fare arte.
Raccontare tante cose, ora sarebbe davvero complicato.
Compendio “dicendo” che intanto ero diventato sempre più “ribelle e finanche indipendente; che, suonando nelle varie chiese cittadine, e benchè avessi soltanto 16 anni, ero già capace di mantenermi da solo e di dare finanche “una mano a casa”; che iniziai, da subito, a cogliere le necessità dello studio comparativo altresì approfondendo – comprando libri di ogni sorta e, tutte le volte in cui ci riuscivo, anche dischi “significativi” – tutto quello che era possibile approfondire in merito alla suprema arte della comunicazione, musicale e non.
Eppure non riuscivo “a forzarmi”.
Ero attratto dalla conoscenza di quel genio, ma ne avevo anche “istintivo timore”. Ma quell’incontro era cosa segnata dal destino…
Non so per quale motivo, ma il mio Maestro, tra le varie cose, decise di assegnarmi — a titolo di “esperimento” — lo studio del Primo Concerto per Pianoforte ed Orchestra di Beethoven.
Lo adoro proprio quel concerto. Un chiaro spartiacque tra la visione Mozartiana della vita e la dimensione titanica dell’uomo che ha caratterizzato l’intera produzione del “grande burbero della storia”, un “burbero” capace di incarnarla nella sua più esaustiva forma d’esplicazione empirico-concettuale. E fu proprio allora che, per la prima volta in vita mia, sentii una registrazione del grande Genio Italico, quella “del Primo di Beethoven”, per l’appunto.
In questa sede mi sembrerebbe oltremodo fuori-luogo ragionare sulle qualità tecniche del più grande pianista Italiano di tutti i tempi.
Mi piacerebbe “da morire” raccontare del grande “Liszt Italiano” anche dal punto di vista “dell’in sè” squisitamente dato.
Ma non farei onore al genio se provassi a farlo soltanto con le parole. Sento però comunque doveroso rimarcare che quel “pianto commesso e irrefrenabile” che mi scoppiò dal profondo del cuore durante l’ascolto del secondo movimento di quel concerto, non mi ha mai più abbandonato.
Fulgida visione della più “profonda profondità ” dell’animo umano. Sito di una bellezza sconfinata. Momento di introspezione elevata ed autenticamente “umanistica”.
Comunque sia, e comunque la si voglia vedere, Arturo Benedetti Michelangeli è stato il più grande pianista di tutti i tempi. Un musicista di livello altissimo e “superiore” che ha speso l’intera sua esistenza al servizio di una visione dell’arte capace di travalicare i limiti della storia e dei territori per parlare ad intere generazioni lasciando un segno autentico e profondo di quella bellezza del linguaggio emotivo che riscalda i cuori, fa volare le menti ed appassiona, entusiasmando gli animi.
Se la cultura complessiva è l’espressione dell’anima di un popolo, la Musica, con la sua specifica capacità di comunicazione, ne rappresenta l’espressione più elevata perchè dà evidenza immediata ed oggettiva a colori e sfumature, a brutture e bellezze, proprio come fa con le stesse angosce e con gli stessi desideri di grandezza che costellano l’umana esperienza.
Somma di chiaro-scuri perenni.
Evidenza irrefregabile della ribelle spinta dell’animo umano, sia esso individuale o collettivo.
Arturo Benedetti Michelangeli è stato l’interprete sopraffino di una visione grandiosa, incarnata da un uomo forte, sensibile, deciso ma anche molto umile.
Un uomo che si è donato alla musica ed al suo Paese con la grandezza tipica di chi ha ricevuto un dono immenso riuscendone a fare un tesoro addirittura più grande. Un grande uomo, capace di fare scuola, di lanciare il giavellotto della modernità oltre il sentiero della negletta distrazione e del pressapochismo culturale e di liberare nella storia una visione, contemporaneamente, appassionata e ribelle, ortodossa e rivoluzionaria, “bellicosa e pacifica” come non mai.
Un genio fedele all’unico ideale possibile: quello dell’arte che non si chiede, ma si fa, con sacrifico, con rinunce anche gravose, con dedizione massima.
Un genio bistrattato dall’Italia, però: da un Pese distratto, da un popolo incurante e da un sistema culturale di quart’ordine.
Un genio “appena, appena” ricordato, ieri, dalla TV di Stato, con un film documentario mandato in onda alle ore 23.30 allorquando, evidentemente, non c’era più nessuna gara d’ascolto da consumare e quando “i più” erano altrimenti affaccendati.
Se il nostro Paese è quello che tristemente “è”, è proprio “grazie” alla carenza di attenzione per l’arte che, non soltanto è uno strumento per elevare gli uomini, ma che è soprattutto fonte autentica di cultura e finanche di spinta rivoluzionariamente evolutiva perchè, piaccia oppure no, la “verità ” del travolgente messaggio artistico farà sempre giustizia della retorica stucchevole e “sopraffina” e delle vuote parole per giungere, diretta ed immediata, al cuore gente facendo vibrare le corde dell’anima, far sobbalzare dalle sedie e sospingere sempre oltre il guado dell’indecoroso “lasciarsi vivere”.
Intanto, anche se non lo leggerà , anche se non potrà sentirlo… “Grazie di cuore Maestro!”
La sua lezione resterà indelebile nella storia, proprio come quel lustro che ha portato ad una Patria che non lo meritava: indegna, distratta ed imbelle.
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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