BASTA COI BORDELLI: IN AN CADONO I COLONNELLI
I RETROSCENA DELLA FIRMA DEI 71 DEPUTATI DI ALLEANZA NAZIONALE AL DOCUMENTO PRO-FINI E CRITICO VERSO BERLUSCONI… FINO ALL’ULTIMO GASPARRI, LA RUSSA, MATTEOLI E ALEMANNO HANNO CERCATO DI EVITARLO… VISTISI SCAVALCATI DALLA BASE, ALLA FINE HANNO DOVUTO ADEGUARSI
Gli ex di An, dopo l’attacco di Feltri a Fini, si sono mobilitati e, in un raro soprassalto di dignità , hanno steso un documento critico verso la gestione del Pdl e l’attività di governo.
Basta con le cene ad Arcore dove si decide tutto tra il premier e la Lega, basta con una gestione dove non si convocano mai gli organi di partito, basta con la mancanza di dibattito interno, basta con l’egemonia leghista su temi come l’immigrazione.
Alla fine il documento, presentato da Italo Bocchino, è stato firmato da tutti i 71 deputati di An (escludendo i ministri), ma i retroscena della vicenda hanno impietosamente mostrato quali sono in realtà i rapporti di forza all’interno dell’area dell’ex An.
Nonostante la sconfessione di Gasparri, La Russa, Matteoli e Alemanno, gli ex colonnelli di AN, il documento aveva già raccolto 50 adesioni, solo una piccola minoranza aveva dato retta ai berluscones e non aveva firmato il documento che “avrebbe causato ulteriori problemi”.
Non solo: si erano anche inizialmente aggiunte 12 firme di deputati di Forza Italia, che hanno poi ritirato la firma su richiesta di Fini, per non dare l’impressione che si volesse pescare anche nell’orto di Berlusconi.
Fini aveva motivo di commentare: “Qualcuno aveva fatto credere che io fossi isolato nel mio stesso partito: questo è il risultato”.
Se il premier aveva cercato di fare shopping nelle file dei finiani, il tentativo è stato respinto. All’inizio i quattro ex capicorrente pensavano che le firme sarebbero state ben poche, ma quando si sono resi conto che sarebbero rimasti in netta minoranza e sarebbe emerso che non contano nulla, alla prospettiva che mancassero solo le loro di firme, si sono affrettati a fare una rapida retromarcia e a manifestare solidarietà al Presidente della Camera.
La reazione dei forzisti è sintetizzata nelle parole di uno dei coordinatori del Pdl, Denis Verdini: “Questa è vecchia politica” e in serata dalla freddezza di Berlusconi a “Porta a Porta”.
Se l’episodio ha dimostrato che ai colonnelli interessa solo mantenere la poltrona e quindi non sono propensi a polemiche con il premier, si impone una riflessione più approfondita: sono conciliabili le due anime del Pdl ?
Berlusconi ha una concezione della democrazia interna al partito tutta sua: per lui non è necessario convocare gli organismi dirigenti, previsti dallo statuto, non è necessario ascoltare nessuno, basta raggiungere accordi col suo “garante” Bossi e poi decide quello che gli pare.
Se qualcuno pratica una “vecchia politica”, quello è lui, non certo chi chiede un dibattito interno, prima di prendere certe decisioni.
Ricorda i tempi della vecchia e peggiore DC quando in pochi decidevano tutto nelle segrete stanze, ma almeno loro avevano il pudore il dare una parvenza di democrazia al tutto, spendendosi in assemblee pilotate, dove uno aveva almeno l’illusione di contare qualcosa.
Per Silvio i partiti sono impicci, il parlamento una rottura, le norme legislative un perenne ostacolo alla sua voglia di fare.
A parte che prima di fare, bisognerebbe usare il cervello e non solo i sondaggi, a parte che per fare bisognerebbe avere un “progetto”, non solo mettere in moto le macchine senza sapere la destinazione.
Se l’obiettivo è solo prendere voti, un bravo imbonitore può andare bene, finchè la gente non si accorge di essere presa per i fondelli.
Per radicare i consensi occorre saper realizzare sogni e progetti, sottoporre un modello di società , un piano di sviluppo, un’etica politica improntata sulla coerenza.
Da Vespa, per giustificare le sparate di Bossi, l’altra sera Berlusconi ha detto: “Bossi dice certe cose per carezzare la sua gente, dice quello che vogliono sentirsi dire, ma poi è affidabile”.
In pratica ha sostenuto che Bossi prende per il culo il proprio elettorato, sparando proposte per far contenti i padani.
Concordiamo, ma che concezione di politica è mai questa?
Si parla di teatrino della politica, quando si mette sulle scene una farsa giornaliera?
Certo, i partiti sono “pesanti”, hanno regole, ma almeno favoriscono il dibattito interno. Altrimenti perchè mai uno dovrebbe fare politica?
Per rendere omaggio al contaballe di turno? O per affermare idee, valori, confrontandosi con altri? Ecco perchè il Pdl è solo una “fusione a freddo”, come il Pd: sono solo cartelli elettorali spacciati per bipolarismo, un accordo a tavolino senza anima.
Altra cosa nei Paesi dove esiste una tradizione bipartitica, ma nell’Italia dei campanili è solo una forzatura destinata a implodere internamente.
Il Pdl non è in grado di gestire il dopo-Berlusconi perchè è senza idee, non servono le scuole di partito quando poi la selezione della classe dirigente la si fa con criteri estetici (per le donne) o di ruffianeria (per gli uomini).
E la componente di An ha una diversa estrazione culturale, sociale e ideale da quella di Forza Italia.
Fini ha ragione a voler maggiore democrazia interna, ma l’ha mai applicata in An?
Forse che non sapeva, fondendosi nel Pdl, a cosa andava incontro?
Se oggi An fosse per conto proprio avrebbe un vasto terreno per mietere consensi o perderli, ma almeno non si sarebbe imboscata nella foresta del nulla.
Oltre a quello di aver allevato un partito di colonnelli che non hanno neanche il pregio della fedeltà alla bandiera.
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