BATTAGLIE STELLARI, DI MAIO ASSEDIATO, GRILLO SI E’ ROTTO DEI POLTRONISTI
QUANDO UNO ARRIVA A SOLLECITARE DICHIARAZIONI DEL MINISTRI M5S A SUO FAVORE VUOL DIRE CHE HA PERSO IL SENSO DELLA REALTA’… ORA IL PERICOLO PER DI MAIO E’ CHE CONTE APPAIA COME IL CAPO DEL M5S
Sono le ore 20.15. I flash delle agenzie di stampa battono in contemporanea due breaking news. La prima arriva dal Pd, che dice di non voler Luigi Di Maio vicepremier perchè il Movimento 5 stelle esprime già il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
La seconda dà conto dell’ultimo post di Beppe Grillo: “Oggi è l’occasione di dimostrare a noi stessi ed agli altri che le poltrone non c’entrano nulla: i ministri vanno individuati in un pool di personalità del mondo della competenza, assolutamente al di fuori dalla politica”.
È il riassunto perfetto della situazione tormentata che stanno vivendo i 5 stelle.
Luigi Di Maio è sotto assedio. Talmente sotto assedio che a metà mattina i colonnelli a lui vicini ricevono una telefonata: “Esci con una dichiarazione a favore di Luigi”.
La macchina si mette in moto, la batteria inizia a sparare un fuoco di fila a difesa del capo politico.
Che diffonde una dichiarazione estremamente sulla difensiva: “Mi sorprende che qualcuno sembri essere più concentrato a colpire il sottoscritto che a trovare soluzioni per gli italiani”. Il Movimento è compatto. Come il tonno nella proverbiale scatoletta, pronto a infrangersi al primo grissino che passi di lì per caso.
“Beppe si è stufato”.
È una fonte vicinissima all’ex comico a spiegarlo all’Huffpost, offrendo l’esegesi anche del post ben più involuto di martedì. “Si è stufato di questa trattativa, si è stufato di vedere la sua creatura che ha ideato al di fuori di qualunque compromesso possibile farne oggi di ogni sorta. Non ti dico che si è stufato di questo Movimento 5 stelle, ma poco ci manca”.
Di Maio è appena sceso dal Quirinale, dove ha dato il via alle danze per un secondo governo di Giuseppe Conte. I due si sentono, il senso che viene riferito è quello che il garante si riferiva solo ai ministeri più tecnici: “Il capo politico sei tu, decidi tu la squadra”. I buoi però sono ormai liberi e felici su pascoli d’alta montagna.
Scavando, un uomo vicino al fondatore la mette giù così: “Ci siamo spinti troppo in là con Conte, sta diventando lui il nostro riferimento. E non è nemmeno nel Movimento”. E aggiunge: “Tutta questa gestione della crisi è stata un errore. Fin dall’inizio”. La stessa fonte che accredita Davide Casaleggio in una posizione mediana, in mezzo al guado: estremamente perplesso della genesi di questa cosa giallorossa, ma allo stesso tempo molto legato a Luigi Di Maio.
È anche dal rapporto fra i due che nasce l’idea di consultare la base su Rousseau. Con un quesito che con tutta probabilità riguarderà i punti del futuro Governo e non tanto l’accordo con il Pd. Forse spendendo il nome di Conte.
Un’operazione, quella messa in piedi sull’avvocato del popolo, in quanto unica possibile per uscire dall’angolo e tenere unito il Movimento, in una fase nella quale il capo politico ha dovuto camminare sulle uova.
“Ci stiamo giocando tutto — dice uno dei suoi — nei prossimi mesi dobbiamo sparigliare con provvedimenti che veramente diano il senso della novità ”.
Ecco Stefano Buffagni, accreditato come tra i più scettici nell’operazione abbraccia la Piovra (come venivano descritti i Democratici in una campagna di comunicazione tra le più feroci contro il Nazareno messe in piedi negli ultimi anni): “Conte è il miglior premier degli ultimi trent’anni”.
Se si sia spinto troppo in là o meno è presto per dirlo. Il corpaccione parlamentare vuole la continuità : “Voterebbe pure il Governo Dell’Utri”, la velenosa frustata di uno di loro.
C’è anche un fattore generazionale, riscontrabile nei tanti giovani parlamentari nati e cresciuti politicamente nel Movimento di Di Maio, più che in quello di Grillo, che si stringono attorno al leader
È la votazione su Rousseau, i suoi tempi che cozzano con quelli dell’incarico che Sergio Mattarella conferirà a Conte, a dare la stura per una nuova rivolta interna.
“Ma ti sembra possibile mettere il lavoro del Quirinale e di tutti noi sub judice ex post?”, commenta uno di loro.
L’intervento in tal senso del questore della Camera Federico D’Incà , un lungo rapporto di stima con Roberto Fico, all’assemblea di martedì che ha fatto impennare l’applausometro.
C’è la vecchia accusa di sempre come mantra in questo pezzo di grillismo, quella che Di Maio decide tutto nella sua personalissima stanza dei bottoni senza rendere conto a nessuno.
Ma anche la pervicace volontà del “questa volta tocca a me” di una buona fetta dei 5 stelle che ha mal tollerato la convivenza con la Lega, e chiede discontinuità nei nomi della compagine di Governo.
Non quella che vorrebbe Grillo, intendiamoci, ma quella di nomi nei ruoli apicali. Per dirla con uno di loro “non siamo mica l’ufficio di collocamento di Di Maio”, facendo riferimento a partire da Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro scendendo in giù.
“Io con questo Governo la vedo nera”, dice quando ormai è notte una voce influente nel mondo pentastellato.
(da “Huffingtonpost”)
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