BERLUSCONI NON ARGINA LA FRONDA
I SENATORI DISSIDENTI SALGONO A 27 SU 59
La fronda dei parlamentari azzurri nei confronti riforma del Senato è una puntura di spillo per un Silvio Berlusconi che ha già un diavolo per capello.
Quello che preoccupa di più l’ex Cavaliere in queste ore, infatti, sono, come al solito, i processi.
Quello di Piersilvio su Mediatrade, la cui sentenza è prevista per oggi, e il secondo grado di Ruby in arrivo il 18 luglio.
Chi ci ha parlato racconta di un Berlusconi teso come una corda di violino.
Per questo motivo l’ex premier ascolta chi gli “resoconta” le fibrillazioni dei suoi a Palazzo Madama con fastidio.
Il leader di Forza Italia ha una sola necessità : quella di mostrarsi affidabile agli occhi di Renzi sul patto del Nazareno.
Ovvero il tubicino di ossigeno che gli consente di restare politicamente in vita. Specialmente se, come si suppone, arriverà una condanna all’appello per Ruby.
Un patto, quello col premier, da cui l’ex Cav si aspetta diverse contropartite: una riforma della giustizia non ostile e, magari, un accordo sul nome del futuro Presidente della Repubblica.
Perchè, se Giorgio Napolitano non concederà mai la grazia a Berlusconi, il prossimo capo dello Stato chissà …
Ecco perchè il leader azzurro si irrita appena sente la parola “frondista”.
Al momento a Palazzo Madama i ribelli sono tra 26 e 30. Meno dei 37 che firmarono il documento di Augusto Minzolini, ma comunque tanti.
Quasi la metà del gruppo, che ne conta 59. A guidare la pattuglia è l’ex direttore del Tg1. “Renzi sembra Breznev e Napolitano tace”, ha detto ieri il senatore ribelle.
Il capo dello Stato deve averlo ascoltato, vista la nota diffusa in serata, anche se le sue parole vanno in senso contrario a quello sperato da Minzolini.
Resta da vedere, però, quanti frondisti avranno poi il coraggio di votare contro in Aula.
“Alla fine a dire no saranno 4 o 5”, raccontano dal gruppo forzista a Palazzo Madama. “Altrimenti si tratterebbe di una spaccatura al pari di quella di Alfano. Per loro significherebbe mettersi fuori dal partito”.
Nel frattempo per il Senato spunta anche il “lodo Brunetta”, scritto dal costituzionalista Giovanni Guzzetta: a Palazzo Madama potrebbero entrare i consiglieri regionali che hanno raggiunto il maggior numero di preferenze.
La proposta, però, è già stata bocciata dalla coppia Renzi-Boschi: non si può fare perchè non si può mettere la parola preferenze in Costituzione.
I tempi della riforma, intanto, si allungano: mercoledì il testo sarà licenziato dalla commissione e poi verrà incardinato in Aula.
Paolo Romani, quindi, avrà più tempo per far rientrare la fronda. “Certo, se non ci riesce, il suo posto da capogruppo traballa”, si sussurra a Palazzo Madama.
L’asticella sotto cui Renzi e Berlusconi non possono scendere è quella dei due terzi. Ovvero 214 senatori su 320.
Questo è il margine di tenuta del patto del Nazareno.
Gianluca Roselli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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