BERLUSCONI PRONTO ALLO STRAPPO: “E’ QUESTIONE DI VITA O DI MORTE E A QUESTO PUNTO MI RICANDIDO”
“CHIARO ATTACCO DEL QUIRINALE CONTRO DI NOI, SE CEDIAMO CI ASFALTANO”… MONTI ORA MEDIA, MA SUL VOTO DECIDE NAPOLITANO
«Questa volta è una questione di vita o di morte. Se accettiamo questa situazione, il centrodestra scomparirà . Possiamo staccare la spina a Monti già la prossima settimana se non cambiano idea».
In questo anno di governo tecnico, Silvio Berlusconi ha minacciato la crisi di governo almeno una decina di volte.
Si trattava sempre di una pistola scarica. E Palazzo Chigi si è comportato di conseguenza. Ma questa volta è diverso.
«Questa volta è una questione di vita o di morte». È uno scontro che sta mettendo a rischio l’esistenza stessa dell’esecutivo («Non sappiamo – si è confidato un ministro – se domani ci saremo ancora»).
Dinanzi al quale Monti tenta la mediazione con una soluzione condivisa.
Il governo contatterà oggi i leader delle forze politiche per un primo sondaggio.
Il centrodestra del resto considera la scelta del Viminale di indire a febbraio il voto nelle tre regioni (che rappresentano un quarto degli elettori) e ad aprile quello per le politiche come «una vera e propria provocazione».
Al punto che ieri mattina il Cavaliere ha convocato una sorta di «gabinetto di guerra» a Palazzo Grazioli.
Davanti a un allibito e depresso Angelino Alfano e a un sorpreso Denis Verdini, l’ex premier ha esposto con una certa crudezza il suo pensiero. «Se non si fa l’election day, ci asfaltano. Noi perdiamo sia la Lombardia che il Lazio. E l’effetto trascinamento ad aprile ci annienterà . Allora è meglio staccare la spina, fare la crisi di governo. Per noi è un’occasione: prendiamo le distanze da Monti, facciamo la campagna elettorale contro di lui e si vota a febbraio».
Una pausa. Un sorriso forzato da parte del segretario del Pdl.
E poi Berlusconi ha proseguito rivolgendosi al suo «ex delfino»: «In questo modo ci liberiamo anche di questa… cantonata delle primarie».
Facendo un’ulteriore accenno al suo futuro. In un clima di battaglia il candidato premier sarà ancora lui: Silvio Berlusconi. Pronto a sfidare Bersani e lo stesso presidente del consiglio.
Con una campagna tutta «anti-tasse» e «anti-Ue».
A quel punto è scattato l’allarme rosso. Nel Pdl e soprattutto nel governo e al Quirinale. Perchè le parole più pesanti sono indirizzate al premier e al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Molti dei berlusconiani temevano in un primo momento che la scelta della Cancellieri fosse stata comunicata ai soliti «ambasciatori». Gianni Letta, però ha smentito: «Nessuno mi detto niente».
Una sola telefonata è arrivata dal centralino di Palazzo Chigi ad Alfano mentre registrava la puntata di Porta a porta. Nessuna comunicazione.
«È un chiaro attacco del capo dello Stato contro di noi», è allora sbottato Berlusconi. Che ha anche saputo di un vertice svoltosi martedì sul Colle tra Napolitano, Monti e il ministro dell’Interno.
A quel punto è toccato a Letta trasmettere due messaggi chiari al Quirinale e al Professore: «O venerdì il consiglio dei ministri si corregge sull’election day, o il Pdl ritira il sostegno al governo».
Il premier viene avvertito durante la sua visita in Algeria. I contatti con i ministri, i partiti della «strana maggioranza» e il presidente della Repubblica diventano roventi. Secondo il Professore, in assenza di nuovi elementi «non si può fare niente».
Ma i «nuovi elementi» vanno valutati con il presidente della Repubblica. E tra questi può figurare anche un cambio di rotta da parte del consiglio di Stato sul voto laziale e, appunto, le elezioni anticipate. Perchè è ormai di questo che tutti discutono.
La possibilità che l’election day ci sia, ma a febbraio.
Per il presidente del consiglio, però, ogni inversione di rotta deve essere determinata da fattori che al momento non rientrano nelle sue prerogative. Semmai in quelle della maggioranza parlamentare o del Quirinale. Rivedere la data del 10 febbraio diventa dunque un’ipotesi di lavoro.
«Anche perchè – è il suo monito – non si può rischiare di fare saltare la legge di Stabilità ». «Farla saltare – è invece la posizione del Cavaliere – può essere una buona cosa. Per noi e i nostri elettori».
Ma sul voto anticipato, la linea del Colle appare, per il momento, senza cedimenti. «Non ricorrono nè le motivazioni, nè le condizioni per interrompere la legislatura».
O meglio: fino a quando non è stata approvata la legge di Stabilità e la riforma elettorale, non se ne parla. Eppure il pressing dei partiti è pesantissimo.
Nessuno ormai esclude di sciogliere un po’ prima le Camere. Lo dicono apertamente Casini e Fini che vedono nel voto a febbraio un modo per continuare a essere centrali nel campo dei moderati e per frenare l’avanzata di Grillo.
Ma riservatamente anche Pierluigi Bersani non chiude. Tornare alle urne con il «Porcellum» è una tentazione per il Pd.
Soprattutto – è il ragionamento del segretario democratico – se si riversa sul solo Pdl la responsabilità di una crisi di governo. E di non approvare la delicata legge di Stabilità che provocherebbe probabilmente più di uno scossone sui mercati finanziari e alla quotazione dei nostri titoli di Stato.
In molti, allora, sono pronti a lanciare un messaggio al Colle: comprendiamo la posizione di Napolitano che non vuole indicare al termine del suo mandato chi dovrà guidare da presidente del consiglio l’intera prossima legislatura.
Ma non si può far determinare ogni decisione da questo orientamento. Senza contare che il Pdl a questo proposito è persino più aspro. «Si dimetta qualche giorno prima che finisca il suo mandato ed è tutto risolto», è esploso ancora Berlusconi davanti a Verdini.
Sta di fatto che il centrodestra pretende risposte entro 48 ore.
Senza le quali la strada della crisi di governo sarebbe spalancata. E Monti ha già fatto sapere che non intende proseguire il suo mandato senza i voti berlusconiani.
Semmai ci potrebbero essere delle soluzioni intermedie, a cominciare da una data «intermedia» per un election day «totale»: a fine febbario o inizio marzo.
Ma la trattativa lambisce pure la riforma elettorale. L’approvazione rapidissima della riforma – entro Natale – potrebbe essere la via d’uscita per tutti.
La legge di Stabilità sarebbe approvata, il Quirinale vedrebbe realizzate le condizioni per andare al voto e l’election day si terrebbe il 10 febbraio o poco dopo.
Tenendo presente che nei giorni scorsi proprio Napolitano ha fatto sapere – sulla scorta di una sentenza della Consulta – di considerare indispensabile almeno una modifica all’attuale sistema elettorale: l’introduzione di una soglia oltre la quale si accede al premio di maggioranza.
«Ma – avverte Italo Bocchino, vicepresidente del Fli – Napolitano potrebbe anche trovarsi davanti una mozione del Pdl che impegna il governo a fissare comunque l’election day
Claudio Tito
(da “la Repubblica“)
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