BLITZ DEL PDL CONTRO LA CANCELLIERI: HA SCIOLTO TROPPI COMUNI PER MAFIA, NON LA VOGLIONO AL VIMINALE
IL PDL PROPONE SCHIFANI MA PUNTA SUL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Il ’94 è lontano, ma l’improvviso blitz del Pdl per stoppare la riconferma al Viminale del ministro Cancellieri e imporre al suo posto l’ex presidente del Senato Schifani, ricorda molto la perentoria richiesta di vent’anni fa di piazzare Cesare Previti alla Giustizia, subito stoppata da Scalfaro, con il suo dirottamento alla Difesa.
Il Cavaliere ci riprova, si sparge la voce del suo personale sgradimento per Anna Maria Cancellieri, l’ex prefetto cui verrebbe addebitata soprattutto la “colpa” di aver sciolto troppi comuni per mafia.
Ben 33, per l’esattezza, di cui due pure ieri, Montebello Jonico e Giugliano, durante l’ultimo consiglio dei ministri.
Lei era in missione a Tunisi, ma le sue richieste sono state ugualmente approvate.
Lo sgarbo più grave che Cancellieri avrebbe inferto ai berlusconiani sarebbe stato quello di aver sciolto il Comune di Reggio Calabria, retto da un sindaco Pdl, erede del governatore in carica Scopelliti.
«Buttano in aria il tavolo dell’Interno, ma in realtà puntano alla Giustizia» dicono buone fonti del Pd.
E in effetti proprio l’ex presidente del Senato Renato Schifani, oggi nel ruolo di capogruppo, smentisce seccamente una sua possibile destinazione all’Interno – «Non c’è nessun veto sulla Cancellieri, non abbiamo parlato di ministri» – ma fa la voce grossa sulla giustizia.
Eccolo annunciare: «Non faremo la guerra ai magistrati, ma occorre fare delle riforme della giustizia che riconducano i poteri dei pm nell’ambito del rapporto con la difesa e altre riforme come le intercettazioni ».
Misure praticamente tombali, visto che con la prima si ripropone quel “processo lungo” che si è arenato con la fine dell’ultimo governo Berlusconi, e con la seconda si mette il bavaglio ai magistrati e alla stampa.
Il solito Pdl, insomma.
Circola perfino il nome di un possibile ministro, Maria Stella Gelmini.
Che se dovesse sedersi in via Arenula come seconda donna nella storia del ministero, per certo obbedirebbe a bacchetta al Cavaliere.
Sia o non sia un diversivo, un falso scopo, fatto sta che la candidatura di Schifani balla per tutto il pomeriggio.
Fonti vicine a Cancellieri dicono che il ministro, appena atterrata a Roma da Tunisi, lo avrebbe appreso dal sito web di Repubblica.
Quanto basta per rifiutare un replica diretta e far dire ai suoi che «lei non ne sapeva niente». Intorno alle 18, mentre visita al Vittoriano la mostra su Machiavelli, Cancellieri apprende i dettagli dell’ipotetica candidatura di Schifani, compreso quello che Napolitano gli avrebbe subito sbarrato la strada.
Ma lei, sempre riservata, non fa commenti. I suoi non nascondono una certa meraviglia per il comportamento del Pdl che, fino a una settimana fa, pareva pronto ad appoggiare la sua candidatura al Quirinale sponsorizzata da Scelta civica di Monti.
Resta l’ipotesi di Schifani sia per l’Interno che per la Giustizia.
A Palermo l’inchiesta che lo riguarda non è stata ancora chiusa, anche se l’ultimo atto dell’ex procuratore aggiunto Antonio Ingroia, con i pm Nino Di Matteo e Lia Sava, prima di lasciare Palermo per il Guatemala, è stato quello di depositare al gip una richiesta di archiviazione per concorso esterno in associazione mafiosa.
A decidere sarà Pier Giorgio Morosini, il magistrato che ha rinviato a giudizio gli imputati del processo sulla trattativa Stato-mafia.
L’inchiesta su Schifani era stata riaperta due anni fa dopo le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza che disse di aver visto l’allora avvocato Schifani in un deposito a Brancaccio abitualmente frequentato dai fratelli Graviano.
La procura ha monitorato la sua attività di civilista e ha concluso per l’archiviazione. Ma è fin troppo evidente che, nell’incertezza di quali saranno le conclusioni di Morosini, Schifani ovunque può andare tranne che a dirigere il Viminale.
Liana Milella
(da “La Repubblica“)
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