BOTTE TRA EURODEPUTATI DELL’UKIP: WOOLFE RICOVERATO IN GRAVI CONDIZIONI
L’ESPONENTE BRITANNICO COLPITO ALLA TESTA DA UN COLLEGA DEL SUO STESSO PARTITO, POSSIBILE EMORRAGIA CEREBRALE
La crisi nel partito britannico Ukip si aggiunge di un capitolo drammatico. L’eurodeputato Steven Woolfe, che puntava a guidare la formazione euroscettica dopo le dimissioni di Nigel Farage, è ora ricoverato in ospedale a Strasburgo dopo una rissa con un collega di partito e, dalle primissime indiscrezioni, sarebbe «in pericolo di vita».
Secondo alcune fonti citate da Skynews la botta ricevuta in testa potrebbe avergli provocato un’emorragia cerebrale, ma il collega di partito Nathan Gill avrebbe invece riferito che Woolfe è cosciente e non in pericolo di vita.
Pare che Woolfe sia stato colpito alla testa da un compagno di partito — forse con un pugno o addirittura con un oggetto di metallo – durante una lite scattata nel corso di una riunione al parlamento di Strasburgo verso le 12.20.
Una trentina di minuti dopo, avrebbe avuto un malore nei corridoi del parlamento europeo di Strasburgo e si sarebbe accasciato al suolo.
Woolfe, 49 anni proprio oggi, aveva cercato di candidarsi alla guida dello Ukip dopo le dimissioni di Nigel Farage, suo storico rivale.
Ma il partito aveva cercato di fare quadrato contro di lui e la candidatura non era stata accettata per un cavillo burocratico, visto che era stata presentata con un quarto d’ora di ritardo dalla scadenza.
Dopo le inattese dimissioni di Diane James, aveva annunciato di volersi ripresentare e forse potrebbe essere proprio questo uno dei motivi della lite con i colleghi di partito.
Voci, non ancora confermate, dicono che a colpire Woolfe sarebbe stato il collega di partito Mike Hookem.
Secondo il Daily Mail, a far scattare la rissa sarebbe stata una battuta di Woolfe, che ha espresso apprezzamenti per la politica di Theresa May e ha annunciato – scherzando — di voler passare con i Tories.
A quel punto sarebbe scattato il battibecco con Hookem e Wolfe, togliendosi la giacca con un gesto di sfida, gli avrebbe detto: «Risolviamo la questione fuori».
Marco Bresolin
(da “La Stampa”)
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