BRUNETTA, UN FALCO DA SOLO AL COLLE, SILVIO HA MAL DI TESTA TRA OLGETTINE E RAI
EMARGINATI I “MEDIATORI” ROMANI E VERDINI
Nell’assenza c’è il dissenso. Perchè è vero che Renato Brunetta ha richiesto un incontro al Quirinale per una questione che riguarda la Camera.
Ma l’assenza al Colle di Paolo Romani, il capogruppo al Senato, è un segnale tutto politico. Non era mai successo che un capogruppo facesse “delegazione” da solo.
E non era mai successo che chi parla con un leone come Denis Verdini lo descriva come “depresso” in questi giorni.
È l’ora del disagio dei mediatori, anche di quelli che si sono fatti la guerra per mediare, come talvolta è successo tra Romani e Verdini.
Perchè la pancia di Berlusconi dice Brunetta. E dice Sallusti, che ha ricominciato a usare la penna come una clava.
E poi c’è Mediaset, che picchia duro non solo nei tg, ma anche nelle trasmissioni per famiglie. Ecco, il disagio diventa sinonimo di paura per l’escalation.
Perchè da Renzi, di fronte all’escalation berlusconiana, non arrivano segnali di pace, anzi.
Ad Arcore non è stato affatto letto come un segnale di apertura l’assenza, nel milleproroghe, dell’emendamento sulle frequenze perchè “il governo — spiegano gli alti in grado di Forza Italia — ha spinto fino alla fine”, ma non è stato ammesso perchè era “tecnicamente inammissibile”.
Ed è tale l’allerta che chi si occupa di affari dell’Impero sta già usando la lente per vedere se qualche “vendetta” sarà inserita nell’investiment compact, un altro provvedimento enorme dove potrebbe spuntare qualche norma sulle tv.
Ma l’escalation, al netto dei singoli segnali su questo e quel provvedimento, si chiama “Rai”.
Le prossime settimane saranno chiave perchè Renzi ha fatto sapere la questione del sistema radiotelevisivo non è un tema tecnico ma politico.
Che il premier sta gestendo personalmente, coordinando il lavoro di tecnici e politici.
È fine marzo la dead line per una grande riforma che, di fatto, rompa la grande pax televisiva degli ultimi decenni.
I renziani ortodossi da giorni, dopo la sedute fiume alla Camera con risse notturne, invitano l’ex premier a tornare al tavolo.
Ed è un segnale colto a Mediaset, che la scorsa settimana ha venduto azioni per fare cassa.
Una sorta di messa in sicurezza gestita da Fedele Confalonieri, che il primo teorico di un rapporto non ostile col governo sia in chiave dismissione dell’Impero sia in chiave di accordi futuri di Mediaset con altri players.
Si capisce così perchè Romani, l’uomo chiave nel rapporto con l’azienda, non salga al Colle col vulcanico Brunetta.
E perchè le colombe non usino le parole d’ordine del capogruppo: “bullo” (a Renzi), “colpo di Stato” (le riforme), “colpo di Stato al quadrato” (riforme e legge elettorale).
E poco importa che al Quirinale Brunetta tutto abbia fatto fuorchè l’incendiario. Anzi ha usato l’appuntamento per “ricucire” lo strappo di Berlusconi verso Mattarella, assicurando che l’ex premier lo stima e che il voto di astensione non è un segnale ostile.
È l’intero impianto politico che rischia di alimentare l’escalation.
Berlusconi picchia coi media. Berlusconi prende contatti con la sinistra del Pd per tentare di far saltare il tavolo sulla legge elettorale.
E Renzi si appresta a mettere mano alle tv. E c’è una data che in parecchi, a partire da Gianni Letta, hanno cerchiato in rosso sul calendario.
Il 9 marzo, giorno in cui Berlusconi terminerà in servizi sociali e tornerà libero. È segnata in rosso non solo perchè in quel giorno va stappato il migliore champagne della cantina, ma perchè a quel giorno sono legate paure relative all’indole dell’uomo: “Berlusconi — racconta chi ci ha parlato — pensa di essere ancora come dieci anni fa ed è stato così compresso quest’anno che ha voglia di esplodere: vuole parlare, girare, attaccare. Su questa linea estremista rischia di farsi male”.
Perchè non è quello di dieci anni fa. Non è quello di dieci anni fa il Milan, di cui, al netto delle smentite sta valutando di vendere una quota.
Non è quella di dieci anni fa Mediaset che Confalonieri sta mettendo in sicurezza.
E a Milano i processi non sono finiti. C’è il Ruby ter, quello sulla corruzione dei testimoni.
Dalle indagini e dalle perquisizioni sembrerebbe che l’ex premier continui a pagare le olgettine. “Si fa male” ripetono le colombe.
(da “Huffingtonpost”)
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