ESISTONO CORSIE GIALLE PER I TAXISTI, NON ZONE FRANCHE: AL MINISTERO DEGLI INTERNI SAREBBE ORA CHE SE LO RAMMENTASSERO
MINACCE E INSULTI AI GIORNALISTI, ASSALTO ALLA SEDE DELLA AUTHORITY, INTIMIDAZIONI AGLI AUTISTI DI UBER, BLOCCHI STRADALI: LA GIUSTIZIA SI AMMINISTRA NEI TRIBUNALI, NON IN PIAZZA
“Non puoi parlare con lui, ci sono i nostri portavoce”.
Due parole, una spinta e il quaderno dove Thomas Ponte, giornalista di ‘Cronaca Qui’, viene sequestrato da un tassista.
Gli appunti del cronista passano di mano e arrivano al servizio d’ordine della manifestazione nazionale organizzata a Torino dai tassisti contro Uber.
Il quaderno viene restituito a Ponte, ma due tassisti gli intimano “andiamo a controllare cosa scrivi”.
Subito dopo il servizio d’ordine si avvicina al tassista colpevole di aver parlato con la stampa, senza l’autorizzazione dei portavoce: “Te ne devi andare”.
Appena le telecamere de ilfattoquotidiano.it hanno chiesto cosa fosse successo la scena si ripete.
Spintoni e intimidazioni “non fotografare nulla”.
E’ questo il clima che si respira da tempo alle manifestazioni dei taxisti in Italia: aggressioni a giornalisti, insulti e minacce ai collaboratori di Uber, oggi anche l’assalto alla sede dell’Authority a Torino.
La foto che pubblichiamo si addice più a dei black bloc che a dei taxisti, così come i blocchi stradali a Genova di pochi giorni fa.
Non entriamo nel merito della vicenda che li contrappone a Uber, in democrazia esistono i tribunali per stabilire chi ha ragione e chi ha torto.
Soprattutto in democrazia non si minaccia e non si dà della puttana a una ragazza di 31 anni che ha il solo torto di essere la titolare della Uber.
Non esistono zone franche o teppisti con l’immunità da taxi giallo che possono assaltare sedi istituzionali o minacciare la libertà di stampa.
Sarebbe ora che qualcuno, al Ministero degli Interni, ne prendesse nota.
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