CARMINATI TORNA LIBERO PER UN PRINCIPIO DI CIVILTA’
“LA LEGGE DICE CHE C’E’ UN LIMITE ALLA CUSTODIA CAUTELARE, OLTRE IL QUALE NON SI PUO’ ANDARE”
Massimo Carminati ha lasciato da poche ore il carcere di Oristano. Uno dei principali imputati del processo Mondo di Mezzo – condannato e in attesa che la corte d’Appello ridefinisca la sua pena – è libero. Libero, non assolto.
Dopo 5 anni e sette mesi in cella. Di cui in tutto quattro al 41 bis. Uno scandalo?
La risposta è fin troppo semplice: no.
“La legge dice che c’è un limite della decenza oltre il quale non si può andare. Si tratta di un basilare principio di civiltà ”, spiega ad HuffPost l’avvocato Cataldo Intrieri, che – nel processo che si è celebrato a Roma e si è concluso con l’esclusione definitiva dell’accusa di mafia per gli imputati, ferma restando la condanna per altri reati – difende Carlo Maria Guarany, vicepresidente della cooperativa 29 giugno.
Carminati, inizialmente accusato di essere a capo di un’associazione mafiosa nell’inchiesta che è salita agli onori della cronaca come Mafia Capitale, era in carcere non perchè condannato ma perchè in custodia cautelare.
Ed è proprio per questo motivo che la richiesta dei suoi avvocati – formulata per la quarta volta dopo tre rigetti – è stata accolta dal tribunale del Riesame di Roma.
“Per quanto si possano estendere i confini della custodia cautelare – spiega ancora Intrieri – la legge impone che a un certo punto non si possa andare oltre”.
Il limite sono i due terzi della pena massima prevista per il reato di cui si è accusati. “Nel caso di Carminati – prosegue l’avvocato – il reato più grave era la corruzione. Ai tempi in cui l’aveva commesso (non era ancora entrata in vigore la legge Spazzacorrotti che ha inasprito le pene, ndr) la pena massima era di otto anni. Questo significa che non poteva stare in carcere più di 5 anni e 4 mesi. Si chiama scadenza dei termini”.
In cella è invece rimasto circa due mesi in più, come ha spiegato ad HuffPost anche il suo avvocato, Francesco Tagliaferri.
Al di là delle reazioni indignate di parte della politica e della decisione del Guardasigilli di attivare gli ispettori sul tema, è questo l’elemento fondamentale: Carminati non è più in carcere perchè, per la legge, la custodia cautelare a un certo punto – in proporzione alla gravità del commesso – deve finire. Ed è questo il principio sottolineato dal tribunale delle Libertà .
A pochissime ore dalla scarcerazione dell’ex esponente dei Nar arriva la nota di via Arenula: “Il Guardasigilli, Alfonso Bonafede, ha delegato l’ispettorato generale del Ministero a svolgere i necessari accertamenti preliminari in merito alla scarcerazione di Massimo Carminati”. Non si precisa oltre. Non è chiara la mission degli ispettori.
Sulla decisione del ministro, l’avvocato Intrieri dice: “Quando si fanno atti di questo genere bisogna stare molto attenti. Il rischio è che possano apparire come un’intimidazione verso la magistratura. In questo caso nei confronti dei più alti giudici dello Stato”.
Il riferimento è ai giudici della Cassazione che hanno deciso di cancellare definitivamente dal processo l’accusa di mafia. Una scelta che l’avvocato condivide. Ripercorrendo le fasi precedenti del lungo iter giudiziario, sostiene: “Il tribunale, nella sentenza di primo grado, aveva assegnato condanne molto pesanti, pur escludendo l’associazione per delinquere di stampo mafioso. Per una scelta di politica giudiziaria la Procura ha ritenuto di fare ricorso, perseguendo la strada del 416 bis. Risultato: mafia riconosciuta in secondo grado, pene più basse (furono riconosciute delle attenuanti generiche, ndr) e tutti a festeggiare. Ma, vede, se non ci si fosse ostinati sulla strada dell’associazione mafiosa, probabilmente ad oggi i condannati sarebbero in carcere a scontare pene molto pesanti”.
Cosa che, invece, ad oggi non può accadere perchè la corte d’Appello dovrà ridefinire le pene alla luce dell’eliminazione del reato di mafia.
C’è, poi, un altro elemento: il 41 bis. Per molto tempo Carminati è stato recluso al regime carcerario più duro, in funzione dell’accusa più grave, che oggi non esiste più. L’ordinamento italiano non prevede un meccanismo automatico che gli consenta di chiedere un risarcimento. “A tal riguardo valuteremo cosa fare”, dice ancora Tagliaferri.
Per il momento, uno dei condannati più famosi del processo Mondo di Mezzo torna in libertà , ma aspetta di capire quanto carcere dovrà fare ancora. In quel caso, però, rientrerà in cella per scontare una pena precisa e una condanna definitiva, non per esigenze cautelari.
(da “Huffingtonpost”)
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