CASO ASSO29, DOPO LA CONDANNA DELL’ITALIA ARRIVA A ROMA IL PRIMO MIGRANTE RESPINTO ILLEGALMENTE
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTRI DI DIFESA E TRASPORTI CONDANNATI AL RISARCIMENTO DANNI
“Sono stanco ma felice. Non mi sembra vero di essere qui, voglio solo dirvi grazie”. Ahmed ha dovuto aspettare sei anni per entrare in Italia. È il primo dei respinti dell’Asso29 a farlo con regolare visto, dopo che il tribunale civile di Roma ha condannato l’Italia e la società Augusta Offshore per aver respinto illegalmente un gruppo di naufraghi.
Il caso Asso29
Originario del Darfur, in fuga dalla guerra, dopo un anno di abusi e vessazioni in Libia dove aveva invano cercato rifugio, Ahmed, nome di fantasia che i suoi legali chiedono per tutelarne la vita futura, nel 2018 aveva tentato la traversata del Mediterraneo. Ma insieme a circa 270 persone, dopo essere stato soccorso dal mercantile Asso 29, su ordine di Roma è stato consegnato alle autorità libiche.
Un caso finito al centro di diversi contenziosi nei tribunali italiani e di fronte alle corti internazionali, che più volte hanno condannato l’Italia per violazione del principio di non-refoulement, il divieto di riportare qualcuno in un Paese in cui la sua incolumità sia a rischio.
Il governo italiano condannato
A presidenza del Consiglio, ministeri della Difesa e dei Trasporti, così come al capitano della Asso 29 e alla società armatrice Augusta Offshore, la vicenda è già costata una condanna al risarcimento danni, ma fino a oggi nessuna delle persone rispedite nell’inferno della Liba è riuscita a raggiungere l’Italia con un regolare visto. Alcuni hanno tentato nuovamente la traversata via mare, altri sono riusciti a raggiungere l’Europa attraverso corridoi umanitari, in mezzo ci sono stati anni di abusi e vessazioni
Il calvario di Ahmed e gli altri
Riportati in Libia, Ahmed e altri sono stati sequestrati e detenuti in diversi lager e centri di detenzione, da Tarik Al Sikka e Zintan, da Tarik Al Matar a Gharyan.Ovunque hanno dovuto affrontare maltrattamenti, torture, abusi, fame, violenze in molti casi inflitte davanti alla videocamera, con video poi mandato a familiari e prossimi per pretendere denaro
Un inferno che anche Ahmed ha attraversato, con un tesserino da rifugiato in tasca e zero diritti, affrontando il terrore costante di essere fermato, sequestrato e riportato nei campi di detenzione in cui è stato rinchiuso e torturato quando è stato riportato a terra.
La battaglia legal
Per consentirgli di mettere un mare di mezzo fra lui e il suo incubo, c’è voluta una battaglia legale, portata avanti da Asgi con il sostegno del progetto Sciabaca e Oruka e del Josi&Loni Project.
Il Tribunale civile di Roma – affermano le associazioni – ha accertato la dinamica illecita del respingimento, avvenuto in violazione dei principi sanciti dalla giurisprudenza delle corti internazionali che avevano già condannato l’Italia per quanto accade nel Mediterraneo. E la sentenza, spiegano, “ha un eccezionale significato simbolico: rende effettivo il diritto di asilo sancito dalla Costituzione, sistematicamente violato dalle pratiche di respingimento nel Mediterraneo”. Ma quello di Ahmed, sostengono le avvocate Cristina Laura Cecchini e Lucia Gennari, “un caso tutt’altro che isolato. Ogni giorno nel Mediterraneo le autorità italiane realizzano un contributo fondamentale affinché le persone vengano intercettate e riportate in Libia spesso con la collaborazione di attori privati ”.
Ahmed è “il primo a ottenere giustizia”, dice Sarita Fratini del JL Project. “Il suo arrivo, oggi, è un meraviglioso inizio”. E adesso la speranza delle associazioni è che dopo di lui, anche le altre seicento persone identificate come vittime di respingimento illegale, possano raggiungere l’Europa senza essere obbligate a affrontare la traversata del Mediterraneo”.
(da La Repubblica)
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