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“SETTE BUSTE PIENE DI SOLDI PER IL PRESIDENTE LEGHISTA”: UN SISTEMA PDL-CARROCCIO

Marzo 8th, 2012 Riccardo Fucile

SI ALLARGA IL CASO LOMBARDIA, ALTRI DIECI COINVOLTI… NUOVI PARTICOLARI SUL RACCONTO DELL’ARCHITETTO PENTITO: “LA SOMMA VENNE DA ME CONSEGNATA AL SEGRETARIO DI BONI NEGLI UFFICI DELLA REGIONE”

Nel corso del 2008 nell’ufficio del presidente del consiglio regionale della Lega, Davide Boni, sono state recapitate “sei o sette buste” piene di denaro.
“Gli ho dato effettivamente 200 mila euro”, racconta oggi il pentito dell’inchiesta milanese che sta facendo tremare il quartier generale leghista, l’architetto-mazzetta Michele Ugliola.
Solo un episodio di un “sistema” che, giorno dopo giorno, emerge sempre più nitido. All’indomani delle perquisizioni alla Regione Lombardia, l’indagine sul presidente leghista accusato di corruzione, si allarga ad altri dieci politici (gran parte persone dello staff di Boni), e ad altrettanti imprenditori.
Sembra quasi banale il modo in cui prende forma il dettagliato racconto dei pagamenti, che il pentito di questa inchiesta inizia a rendere, dall’estate scorsa, ai pm milanesi Alfredo Robledo e Paolo Filippini.
Per quella tranche da 200mila euro (solo una parte degli oltre 300 mila complessivi versati), “la somma venne da me data al Ghezzi (capo della segreteria di Boni e indagato), dal quale mi recavo la mattina presto, nel suo ufficio in Regione, in via Sassetti, all’undicesimo piano”.
Il pretesto era di prendere un caffè insieme, ricorda Ugliola, “poi gli consegnavo il denaro all’interno di una busta”.
La causale? Erano le percentuali per “gli affari andati in essere nel Comune di Cassano D’Adda (nell’hinterland milanese)”.
E lo stesso sistema sarebbe stato esteso anche ad altre pratiche ben più succose che necessitavano di un via libera regionale.
Il quadro descritto dal pentito inizia cinque anni fa.
“Intorno alla metà  del 2007 conobbi Dario Ghezzi – racconta a verbale – già  all’epoca capo di gabinetto di Davide Boni, che mi fu presentato dall’architetto Saldini (Silvio, ex delegato al Design del Pirellone, architetto di fiducia di Paolo Berlusconi). La presentazione era finalizzata al fatto che io potessi stipulare un accordo con lui e Boni perchè facilitassero l’ottenimento della valutazione d’impatto ambientale su alcune aree di Luigi Zunino (l’immobiliarista ex azionista di riferimento del gruppo Risanamento), che era mio cliente da metà  degli anni Novanta”.
Una pratica da accelerare, insomma, e che aveva come commensali interessati anche altri esponenti della giunta del governatore Formigoni.
“Certamente – rammenta Ugliola – vi era un attenzione da parte di Saldini e dell’allora assessore alle Attività  produttive, Franco Nicoli Cristiani (arrestato nel novembre scorso per tangenti), del cui assessorato Saldini era consulente”.
La combriccola della mazzetta muove i primi passi così: “Ghezzi si è dimostrato interessato fissando un incontro con Boni. Avvenne nell’ufficio di Ghezzi e nell’occasione stringemmo un accordo nel senso che Boni si impegnò a farmi ottenere la valutazione favorevole ai fini dell’autorizzazione commerciale, impegnandosi anche perchè rilasciasse quella di competenza di Nicoli Cristiani”.
A che prezzo? Per agevolare le aziende dell’immobiliarista Zunino, Boni e il suo staff avrebbe preteso molto: “Ottocentomila euro per il via libera all’area di Rodano Pioltello, 800 mila euro per l’area Falck di Sesto San Giovanni e di 200mila per l’area Santa Giulia”.
Uno sconto su un saldo totale già  salato? Non proprio.
Il mistero è presto spiegato: “Preciso – aggiunge Ugliola – che la somma è minore perchè vi era già  l’accordo di programma quindi la pratica amministrativa era in fase avanzata”.
Per chiarire nei dettagli i termini dell’affare, l’esponente della Lega Boni e il suo capo di gabinetto, a volte decidono anche di guardare in faccia gli imprenditore da “aiutare”.
“Ci fu l’incontro con Zunino, Boni e Ghezzi presso la foresteria negli uffici di Risanamento di via Bagutta, nel corso del quale si ribadirono questi impegni e Zunino confermò, alla loro presenza, il mio ruolo di suo consulente di fiducia in questi affari”. E qui entra in scena ancora Nicoli Cristiani.
L’area interessata, in questo caso, è “la Marconi 2000 di Varedo”.
A sollecitare un intervento dell’architetto ammanicato con il Palazzo Ugliola, è un altro immobiliarista, Gabriele Sabatini.
“Mi curi come hai curato Zunino?” gli avrebbe chiesto l’imprenditore.
E l’onnipresente Ugliola la richiesta la spiega banalmente così: “Questa sua frase significava che avrei dovuto occuparmi sia della progettazione tecnica sia dei rapporti con i politici regionali per ottenere le autorizzazioni necessarie con gli assessori Nicoli e Boni”.
Un interessamento che risale al 2009, ma che secondo lo stesso pentito “non si è poi concretizzato, perchè Sabatini rinunciò al piano”.
Sulle tangenti tra i leghisti e i rappresentanti del Pdl alla Regione Lombardia non sembrano esserci stati fraintendimenti, polemiche, incomprensioni.
Per la realizzazione a Lonate Pozzolo, nell’hinterland milanese, di un impianto per lo smaltimento di amianto, un pool di imprenditori stanzia 200 mila euro, “da destinare a tangenti per ottenere l’autorizzazione dei politici competenti”.
L’attentissimo Ugliola, non vuole farsi scappare l’ennesima occasione, e ne parla “con Boni, Ghezzi e Buscemi (ex assessore alle risorse idriche con delega ai Rifiuti).
Boni e Ghezzi ritennero l’importo offerto congruo e ne accettarono la promessa, mentre Buscemi in questa occasione non ne volle”.
Un moto d’orgoglio? Non proprio.
“Questa rinuncia è giustificata dal fatto che lui aveva un forte interesse ad ottenere la valutazione d’impatto ambientale, per la quale stavamo stipulando un incarico professionale per una società  del suocero, tale Daccò (Piero, attualmente detenuto per il crac dell’ospedale San Raffaele fondato da don Luigi Verzè)”.

Emilio Randacio
(da “La Repubblica“)

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“BOSSI, BASTA PAGLIACCIATE: IL VECCHIO CAPO HA PERSO CONTATTO CON LA REALTA'”

Marzo 7th, 2012 Riccardo Fucile

INTERVISTA A BEPI COVRE, PADRE DEL LEGHISMO VENETO: “E’ UN UOMO MALATO: CERTE COSE LE PENSANO TUTTI, MA NON C’E’ IL CORAGGIO DI DIRLE”

“È una cosa talmente fastidiosa e irritante…». A definire fastidiose e irritanti le parole di Umberto Bossi dell’altra sera, quando ha annunciato l’esecuzione di Monti da parte del Nord, non è un politico di sinistra e neppure di centro: è un leghista doc come Bepi Covre, deputato dal ’96 al 2001, commissario straordinario dell’ Inail dal 2002 al 2008, sindaco di Oderzo (Treviso) per due mandati dal 1993 al 2001.
Ma l’importanza di Covre per il leghismo veneto va ben oltre il suo formale curriculum. Giorgio Lago, indimenticato direttore del “Gazzettino” per molti anni, lo definì «il modello degli amministratori locali del Nord-Est» e lui, Covre, prese tanto sul serio la sua mission da fondare, nel 1995, il famoso «movimento dei sindaci» che unì tutti i primi cittadini – di destra e di sinistra del Triveneto.
Lo incontriamo nella sua fabbrica di Gorgo al Monticano, vicino a Oderzo: Bepi Covre è infatti anche un imprenditore, e quindi quando parla delle aspettative che gli imprenditori veneti ripongono nella Lega, sa di che cosa parla.
È un giorno importante perchè la mattina, sui più importanti quotidiani veneti, è apparso un manifesto-appello firmato da lui e da Marzio Favero, sindaco leghista di Montebelluna.
Il senso del documento è chiarissimo: basta con il linguaggio greve e minaccioso, basta con una classe dirigente che vive staccata dalla realtà .
L’invito a Bossi a passare il testimone è fin troppo evidente.
Covre, che cosa ha pensato quando ieri ha sentito Bossi usare proprio quel linguaggio greve e minaccioso?
«Ho pensato che una volta si potevano anche sopportare certe battute sui bergamaschi pronti a scendere dalle valli con il mitra, ma oggi un linguaggio così è intollerabile. La Lega è stata al governo, al ministero degli Interni ha ottenuto risultati eccellenti contro la criminalità . Non puoi parlare un giorno da tutore della legalità  e un giorno da estremista, a seconda di dove ti trovi».
Forse parla così per scaldare il suo popolo in vista delle amministrative.
«Se pensa di raccogliere voti in questo modo, sbaglia. Prima dice una cosa, poi dice che ne intendeva dire un’ altra… Mi ha fatto tristezza sentire Bossi così».
Che cosa gli è successo, secondo lei?
«Certamente la prostrazione fisica e psichica ha la sua influenza. È un uomo malato, e tutti quei farmaci che prende qualche effetto collaterale ce l’avranno, immagino. Ma non è solo questo. Il punto è che anche lui, come tanti altri leader di partito, ha perso il contatto con la realtà . La gente ne ha le tasche piene di queste pagliacciate. Discorsi come quello dell’altra sera sono inconcludenti».
Lei pensa che Bossi sia un leader al tramonto?
«Io penso che sia il momento di chiamare Bossi e dirgli: caro Umberto, tu sei stato l’amministratore delegato della Lega per venticinque anni. Possiamo vedere un bilancio? Dove sono gli utili?»
Non ci sono?
«No. E visto che la fabbrica deve continuare, forse è il caso di mettere in discussione l’amministratore delegato».
Non è ingeneroso nei confronti di un uomo che ha creato un movimento politico che è protagonista da più di vent’anni?
«Bossi ha dato il massimo. Ha creato un monolite e l’ha tenuto insieme. Però adesso bisogna fare un bilancio. Sul federalismo siamo ancora all’anno zero. Non se ne parla nemmeno più. E questo è un dato di fatto. Così come è un dato di fatto che le elezioni del 2008 erano state stravinte: eppure abbiamo portato a casa un fallimento politico clamoroso».
Beh, il premier era Berlusconi, non Bossi…
«Senta: Berlusconi, con le sue Ruby e Noemi e con quell’altra pugliese, come si chiamava, la D’Addario, si è fatto ridere dietro da tutto il mondo, gettando il discredito sul Paese. La Lega avrebbe dovuto prenderlo per le orecchie e fermarlo per tempo, invece lo ha coperto, difeso, assecondato. Non è un errore da mettere a bilancio anche questo?».
Eh insomma, Roma sarà  caduta, però al Nord…
«Al Nord cosa? Io chiedo a Bossi: ma come puoi parlare ancora di Padania se in Padania siamo il terzo partito? E come mai nelle grandi città  non siamo mai stati il primo partito?»
Il Veneto sta per andare al voto con sondaggi che mettono paura alla Lega: si ipotizzano perdite superiori al dieci per cento. Quanti leghisti veneti condividono la sua analisi?
«Certe cose le pensano tutti, ma non c’è ancora il coraggio di uscire allo scoperto anche per motivi di affetto. A Bossi vogliamo tutti bene: ha dato la sua vita al movimento. Ma un conto è voler bene, un conto è guardare i risultati. Lui ha preso le redini della Lega più di vent’anni fa. Era un altro mondo. E quando cambia il mondo, è il momento anche di cambiare le strategie. E il generale».

Michele Brambilla
(da “La Stampa”)

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LOMBARDIA, TANGENTI TARGATE LEGA, I VERBALI CHE ACCUSANO DAVIDE BONI: “TRANQUILLO, VAI AVANTI CHE IL PARTITO TI COPRE”

Marzo 7th, 2012 Riccardo Fucile

A PARLARE E’ L’ARCHITETTO MICHELE UGLIOLA CHE INIZIA A COLLABORARE CON LA PROCURA NEL LUGLIO SCORSO… DA QUI INIZIANO INTERCETTAZIONI DECISIVE

“Tranquillo, vai avanti che il partito ti copre”. E’ il 2009, quando Daniele Ghezzi,   portavoce di Davide Boni, risponde così all’allora assessore di Cassano d’Adda, Marco Paoletti, che si lamenta delle continue richieste di denaro da parte dell’architetto Michele Ugliola.
Due anni dopo, paradossalmente, sarà  proprio Ugliola a inguaiare il presidente del consiglio regionale lombardo.
Finito in carcere nell’inverno del 2010 per un giro di mazzette che smantella l’intera giunta di Cassano d’Adda, Ugliola inizia a collaborare con il procuratore aggiunto Alfredo Robledo.
Riempie pagine di verbali. Tutti segretati.
Racconta, in sostanza, il secondo tempo della corruzione.
Quando, ad esempio, le tangenti si concordavano al tavolo del ristorante Riccione, noto ritrovo di politici, imprenditori e faccendieri.
Ma l’architetto non sarà  il solo ad alzare il velo sul malaffare targato Lega.
Dopo di lui tocca a quell’assessore che si lamentava con Ghezzi. Parla anche Marco Paoletti che dopo la gavetta in comune è arrivato fino in Provincia.
Grazie a lui, la procura inizia a capire il piano: fatture false a otto zeri emesse dalla società  di Ugliola.
Tradotto fondi neri: un tesoretto dal quale si attingeva per corrompere.
Ed è così che i magistrati arrivano a una prima conclusione.
Si legge nel decreto di sequestro: “Boni e Ghezzi utilizzavano gli uffici della Regione cone luogo d’incontro pe concludere accordi e consegne di denaro”.
Ugliola, poi, porta il carico da novanta: i pagamenti.
Circa 300mila euro, dice, consegnati nelle mani di Ghezzi. Di questi, dice Ugliola, centomila sono arrivati dall’immobiliarista Luigi Zunino (tra i sette indagati dell’inchiesta).
In realtà , prosegue Ugliola, la tangente doveva essere molto più ricca: circa 800mila euro. In cambio l’imprenditore avrebbe ottenuto un’accelerazione per le opere di Santa Giulia e Sesto San Giovanni.
L’operazione, però, si incrocia con le elezioni del 2010, quando Boni non viene più riconfermato come assessore all’urbanistica. E così Zunino sborsa solo centomila euro.
Il sistema è oliato. Dopo Zunino, tocca all’imprenditore Francesco Monastero.
Sul piatto un mega centro commerciale nel Pavese.
Prezzo della corruzione: 800mila euro.
Ancora Ugliola e di nuovo la sua società . Il gioco è sempre lo stesso: fatture false per creare la provvista.
Della mazzetta complessiva, prosegue l’architetto, ancora una volta nelle mani di Boni e Ghezzi arrivano 200mila euro.
Nel luglio scorso, Ugliola inizia a parlare. Filtrano le prime indiscrezioni. S’intravede lo scenario.
Tanto più che l’ex sindaco di Cassano Edoardo Sala, in carcere per corruzione, racconta di quando, assieme a Ugliola, andava in regione a trovare Boni. In quell’estate non c’è molto di più.
I magistrati proseguono a verbalizzare.
E insieme dispongono intercettazioni che, sostiene la procura, confermano il quadro probatorio.
Come le tangenti per milioni euro che Ugliola avrebbe dovuto ottenere con la riqualificazione dell’ex linificio di Cassano.
Il resto sta nei verbali fiume dell’architetto e di suo cognato che a Cassano rastrellava materialmente il denaro dagli imprenditori.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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LA LEGA PARTE PER LA CROCIATA CONTRO I SOCIAL NETWORK : VIETARLI A TUTTI I DIPENDENTI REGIONALI

Marzo 7th, 2012 Riccardo Fucile

 LA GIUSTIFICAZIONE: RISCHIO VIRUS INFORMATICI E CROLLO DELLA PRODUTTIVITA’    

Alberto da Giussano non twitta. La Lega Nord parte per la crociata contro i social network.
Succede in Regione, nell’aula di consiglio, poco prima della discussione sul piano casa. Il lumbard Cesare Bossetti legge un’interrogazione urgente diretta alla giunta di Roberto Formigoni.
Obiettivo: «Predisporre dei filtri che impediscano l’accesso ai social network dalle postazioni di lavoro di Regione Lombardia e delle società  partecipate».
La ragione di tanto accanimento è spiegata nella stessa interrogazione: «Il traffico dei dati derivanti da queste applicazioni produce conseguenze sul piano economico in termini di maggiori costi per l’ente pubblico».
Per non parlare della «pirateria informatica», dei «furti d’informazioni» o dei «danneggiamenti delle strutture»; o ancora dei «rischi di contagio di virus informatici» e delle pericolosissime «conseguenze legali» di tanto scaricare.
«Il rischio di download di materiale non consentito espone la pubblica amministrazione a forme di responsabilità  per omesso controllo».
Il documento leghista non lo dice poi apertamente, ma è chiaro che la preoccupazione è legata anche a eventuali ricadute sul fronte produttività .
L’efficienza «padana» a rischio Twitter e Facebook.
«Secondo alcuni studi – dice infatti l’interrogazione – dalla mappatura delle reti è emerso che la “frequentazione del web” avviene con maggior concentrazione durante l’orario lavorativo».
«Se questo è il punto – attacca Pippo Civati del Pd -, vietare l’utilizzo dei social network come qualcuno tentò di fare con la posta elettronica non serve a nulla. Se il timore è che ci siano dipendenti che buttano il loro tempo si chieda conto a loro».
Cesare Bossetti è stato eletto al Pirellone nel listino bloccato di Formigoni.
Varesino, amministratore unico di Radio Padania, è noto alle cronache più recenti per l’episodio legato al minuto di silenzio osservato nell’aula del Pirellone: era febbraio dell’anno scorso, in ricordo dei bambini rom morti in un incendio di un campo romano.
In quell’occasione Bossetti rimase incollato alla sua sedia, orgogliosamente assorbito dalla lettura dei quotidiani.
Quanto alla sua frequentazione del web, Bossetti ha di recente creato un suo profilo su Facebook.
Eppure in Regione i social network sono strumenti assai apprezzati.
Roberto Formigoni, per dire, è super attivo sia sulla sua pagina di Facebook che su Twitter.
Tanto che proprio da Facebook era nata due giorni fa l’ultima polemica tutta interna alla maggioranza di centrodestra. Protagonisti Davide Boni e l’assessore alla Protezione civile, il pidiellino Romano La Russa, che aveva criticato la lentezza delle procedure in materia di concessione dell’asilo politico.
«I tremila profughi libici ci costano troppo».
Tanto vale regolarizzarli, una volta per tutte.
La replica di Boni alle dichiarazioni del collega fu condensata in un solo aggettivo: «Incredibile».
Su Facebook, ovviamente.

Andrea Senesi

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“TANGENTI INCASSATE E GIRATE ALLA LEGA: UNA PARTE DEI SOLDI PERCEPITI DAL LEGHISTA BONI FINIVANO AL PARTITO”

Marzo 6th, 2012 Riccardo Fucile

L’ATTO DI ACCUSA DEI PM AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA COINVOLGE LA PADAGNA DEL MAGNA MAGNA.. INDAGATO ANCHE MARCO PAOLETTI, CONS. PROV. DELLA LEGA

I pm Robledo e Filippini contestano mazzette per centinaia di migliaia di euro e ipotizzano che siano finite nelle casse del Carroccio.
Il presidente del Consiglio Regionale della Lombardia, Davide Boni, della Lega Nord, è indagato dalla procura di Milano per corruzione.
Ma i soldi, per un totale di circa un milione di euro, potrebbero essere finiti nelle casse del partito di Umberto Bossi.
L’indagine per presunte tangenti in campo urbanistico è condotta dai pm Alfredo Robledo e Paolo Filippini che hanno fatto notificare all’esponente del Carroccio un avviso di garanzia.
Inquisiti anche un suo stretto collaboratore, Dario Ghezzi, per concorso in corruzione, e l’immobiliarista Luigi Zunino.
A quanto emerge, l’inchiesta riguarda una serie di irregolarità  nelle concessioni per aree edificabili, aree commerciali e immobili.
“Boni e Ghezzi utilizzavano gli uffici pubblici della Regione come luogo di incontro per concludere accordi nonchè per la consegna dei soldi”, scrivono i pm Robledo e Filippini nel decreto di perquisizione.
E stimano un giro di tangenti per circa un milione di euro, tra date e promesse, “girate” tra il 2008 e il 2010, anche se si sarebbero verificati episodi più recenti.
Una parte delle mazzette, secondo gli inquirenti, sarebbe andata a   finanziare la Lega.
I pm prefigurano una sorta di sistema finalizzato non solo all’arricchimento personale di chi intascava le tangenti, ma anche a foraggiare il partito.
Il grosso del denaro sarebbe stato utilizzato per “esigenze del partito”, mentre alcune mazzette di importo minore, secondo l’accusa, sarebbero state dirottate da Boni e Ghezzi ad altri esponenti della Lega per essere utilizzate nell’attivita’ politica.
Gli indagati sono sei: Davide Boni, Dario Ghezzi, l’architetto Michele Ugliola, il cognato di quest’ultimo Gilberto Leuci, l’ex assessore al Comune di Cassano d’Adda e attuale consigliere provinciale della Lega Marco Paoletti e l’ex sindaco di Cassano d’Adda Edoardo Sala.
Il coinvolgimento di Boni, infatti, deriva da una precedente   inchiesta su presunte tangenti che ha toccato i vecchi amministratori del Comune di Cassano D’Adda, in provincia di Milano. Inchiesta che aveva portato all’arresto dell’allora sindaco Sala.
A dare impulso al nuovo filone investigativo sarebbero state una serie di dichiarazioni rese agli inquirenti dall’architetto Ugliola, coinvolto anche nel caso Montecity-Santa Giulia.
Le accuse al presidente del Consiglio regionale lombardo fanno riferimento al periodo in cui rivestiva l’incarico di assessore all’Urbanistica e Territorio della Regione Lombardia, tra il 2005 e il 2010.
”Sono aperte tutte le possibilità , ma al momento non c’è alcuna richiesta formale”, afferma il vicepresidente leghista della Regione Lombardia, Andrea Gibelli, a proposito de un’eventuale richiesta di “passo indietro” a Davide Boni.
“Spero — ha spiegato Gibelli — che Boni darà  informazioni coerenti con quello che ci attendiamo: dopo, come partito, faremo tutte le valutazioni del caso”.

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INDAGATO PER CORRUZIONE IL LEGHISTA BONI, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA

Marzo 6th, 2012 Riccardo Fucile

L’ACCUSA PARTE DALL’INCHIESTA PER TANGENTI AL COMUNE DI CASSANO D’ADDA….AVVISO DI GARANZIA ANCHE AL PORTAVOCE DARIO GHEZZI, INQUISITO L’IMMOBILIARISTA LUIGI ZUNINO… ALTRE PERQUISIZIONI IN CORSO

Il presidente del Consiglio Regionale della Lombardia, Davide Boni, della Lega Nord, è indagato dalla procura di Milano con l’accusa di corruzione.
L’indagine per presunte tangenti è condotta dal pm Alfredo Robledo che ha fatto notificare all’esponente del Carroccio un avviso di garanzia.
Il politico ha confermato di aver ricevuto l’avviso e ha immediatamente dichiarato la sua “totale estraneità ” ai fatti contestati.
Davide Boni, mantovano, leghista della prima ora, risulta indagato insieme al suo portavoce e capo della segreteria   Dario Ghezzi, accusato di concorso in corruzione, nell’ambito di un’ inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Robledo, nata da un’indagine su un giro di tangenti che riguardano i vecchi amministratori del Comune di Cassano D’Adda (Milano).
Inchiesta che aveva portato all’arresto dell’allora sindaco.
Da quanto si è appreso, Davide Boni è stato indagato perchè chiamato in causa dall’architetto Michele Ugliola, inquisito per le tangenti al Comune di Cassano D’Adda.
Quello di Ugliola è un nome ricorrente nelle inchieste per corruzione fin dai tempi di Mani Pulite.
Ugliola aveva parlato di Boni e di un suo collaboratore l’estate scorsa e il verbale era stato secretato dai pm per compiere accertamenti al fine di riscontrare le accuse.
Voci e indiscrezioni su Boni indagato circolavano da tempo nei palazzi del potere a Milano.
A metà  novembre il difensore Federico Cecconi chiedeva formalmente alla procura se il suo assistito fosse indagato.
Non riceveva risposta perchè nei primi 90 giorni la notizia può essere tenuta riservata.
Oltre a Ugliola, a parlare del politico della Lega ci sarebbe anche una seconda persona, probabilmente interna allo stesso partito.
Sia il presidente del Consiglio regionale lombardo che il suo portavoce sono stati perquisiti dai militari della Guardia di Finanza.
Indagato anche l’immobiliarista Luigi Zunino, che sarebbe stato beneficiario di alcuni interventi sul piano regolatore di Cassano d’Adda.
Ancora una volta un’indagine per corruzione colpisce la Regione governata da Roberto Formigoni.
Nei mesi scorsi sono finiti in carcere i pidiellini Massimo Ponzoni, consigliere regionale ed ex assessore, e Franco Nicoli Cristiani, quest’ultimo vicepresidente del consiglio.
E vicepresidente del consiglio era anche Filippo Penati, dirigente del Pd anche lui accusato di corruzione dalla Procura di Monza.
Ora tocca a un esponente di primo piano della Lega.
Davide Boni, 49 anni, ha alle spalle una lunga militanza nella Lega.
E’ stato capogruppo del Carroccio nel Consiglio provinciale di Mantova, consigliere comunale a Borgoforte e quindi presidente della Provincia di Mantova, dal 1993 al 1997.
Eletto nell’aprile 2000 Consigliere regionale per la circoscrizione di Milano, è stato presidente del gruppo consiliare «Lega Lombarda – Lega Nord — Padania» e componente delle Commissioni consiliari Affari istituzionali e Programmazione e bilancio.
Rieletto nell’assemblea regionale nel 2005, ha rivestito l’incarico di Assessore al Territorio e Urbanistica per l’intera legislatura.
Riconfermato consigliere per la terza volta nel 2010, dall’11 maggio dello stesso anno è il Presidente del Consiglio regionale della Lombardia.

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BOSSI, SALTO DI QUALITA’ DEL DELIRIO: “IL NORD FARA’ FUORI MONTI”

Marzo 6th, 2012 Riccardo Fucile

E’ GIUNTO IL MOMENTO DI FERMARLO: NON C’E’ BISOGNO DEL CARCERE, BASTA UN RICOVERO COATTIVO

Sono molti anni che a Bossi e ai suoi discepoli viene concessa un’ampia licenza verbale e non solo verbale.
Pernacchie, dito medio, gesto dell’ombrello; annunci di pallottole contro i Bingo Bongo, di valligiani pronti a imbracciare il mitra, di autobus separati per gli immigrati e di carta igienica tricolore.
Ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori, al punto che al cospetto dell’oratoria padana anche gli scontri tra berlusconiani e antiberlusconiani sembravano pagine di bon ton. S’è sempre lasciato fare, e c’era perfino chi sorrideva.
Tanta tolleranza per due motivi.
Il primo è perchè – va riconosciuto – i militanti leghisti hanno dato sempre l’impressione di essere personaggi folcloristici, ma mai pericolosi; finora, insomma, nessuna camicia verde ha mai provato a tradurre in opere il verbo del capo.
Il secondo motivo è che, specie negli ultimi tempi, Bossi ha goduto di una certa umana pietà  per le sue condizioni di salute.
In ogni caso, comunque, siamo abituati a reagire dicendo che con quella bocca può ruttare ciò che vuole.
C’è però da chiedersi, ora, se si possa continuare a lasciar perdere.
Dire che Monti deve stare attento perchè il Nord lo farà  fuori (chissà  di quale Nord parla Bossi) è, diciamo così, un discreto «salto di qualità » anche nell’ambito del delirio.
È vero che l’Italia ha corso pericoli ben più gravi di quanti ne passi adesso (pensate a quando chi pronuncia simili bestialità  era addirittura ministro), ma stiamo comunque vivendo un tempo difficile, pieno di tensioni, di insoddisfazioni e di rabbia crescente; di proteste di piazza, di violenze.
Profetizzando, con evidente compiacimento, l’assassinio del presidente del Consiglio, Bossi ha passato ogni limite.
E quindi è forse il momento di sospendere quella licenza di cui quest’uomo ha sempre goduto, e fermarlo.
Non dovrebbe esserci neanche bisogno del carcere: basta un ricovero.

Michele Brambilla
(da “La Stampa”)

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TESSERE NON PAGATE, BUFERA SULLA LEGA ANCHE A SAVONA

Marzo 5th, 2012 Riccardo Fucile

A SAVONA I LEGHISTI SONO POCHI, MA RIESCONO PURE A LITIGARE IN VISTA DEL CONGRESSO…IL SEGRETARIO AMMINISTRATIVO SI E’ DIMESSO: TRA GLI 88 ISCRITTI MOLTI NON HANNO VERSATO LA QUOTA DI ISCRIZIONE, MA VENGONO FATTI VOTARE LO STESSO

Non è un buon momento per i tesseramenti dei partiti.
Nel centrodestra, poi, non ne va una dritta.
Se per quello recente del Pdl è scoppiato il caos e ora addirittura un’inchiesta della Procura per tessere false a cittadini ignari (tre indagati), pure tra gli alleati della Lega Nord non c’è molto da sorridere.
I tesserati del Carroccio sono molti meno del Pdl e pare tutti straconsapevoli di esserlo ma il problema è che non tutti pare abbiano pagato la quota prevista dallo statuto e questo sta creando un imbarazzante caso “contabile” che da Savona è arrivato al coordinamento ligure e persino alla sede nazionale di via Bellerio a Milano.
La denuncia è partita dall’ex segretario amministrativo del partito savonese, Erasmo Lino Belledonne, che ha scritto ben due lettere tra metà  gennaio e i primi di febbraio per chiarire che i conti della Lega non tornano riguardo ai pagamenti di 88 quote “Sos” (soci sostenitori) che avrebbero dovuto pagare 15 euro a testa e in buona parte non lo hanno fatto.
Ma sempre Belledonne ha scritto che qualche irregolarità  risulterebbe anche nelle quote dei “Som” – i soci militanti – che di quota dovevano pagare 30 euro a testa e qualcuno è rimasto indietro: almeno 4 nel 2011.
Così come non risulterebbe incassata – ma questo è problema meno contabile e più “politico” – la quota annuale di circa 2 mila euro che la commercialista ed ex iscritta leghista Grazia Troisi, attuale revisore dei conti della Provincia in quota alla Lega, girava al Carroccio in virtù del suo incarico a Palazzo Nervi: la savonese non li ha più versati perchè nel 2011 non le è stato consentito di rinnovare la tessera 2010 nonostante la storica militanza.
Motivo? Pare qualche giorno di ritardo rispetto alla scadenza dei termini.
Un pretesto, secondo alcuni.
Tutte cose che Belledonne, fino a pochi giorni fa segretario amministrativo (dal 30 gennaio 2012 è stato revocato), ha messo nero su bianco in due missive al veleno inviate alla segreteria nazionale oltre che a quella regionale e provinciale per chiedere spiegazioni sulla gestione contabile ma ovviamente anche per gettare un’ombra sul partito savonese.
Lettere in cui tra l’altro l’ex contabile sottolinea l’importo della cifra presente sul conto corrente del partito alla sua uscita di scena (25 mila euro e spiccioli) per prendere le distanze da eventuali contestazioni future.
Insomma, un terremoto.
E visto che Erasmo Belledonne fa parte della corrente di minoranza del partito che si oppone al segretario Paolo Ripamonti, è un terremoto anche politico con annessa dichiarazione di guerra proprio al “gruppo Ripamonti” alla vigilia del congresso cittadino di Savona che oggi pomeriggio dovrà  definire i nuovi assetti della segreteria del capoluogo.
Due, allo stato, gli aspiranti segretari: il favoritissimo Massimo Arecco, consigliere comunale della corrente-Ripamonti, e lo sfidante della minoranza Alfredo Capozza, leghista della prima ora.
Già  scritto il verdetto: vincerà  Arecco forte di tre/quarti dei voti dei militanti con la minoranza (Capozza, Navinovich, Bertolazzi, Belledonne e altri) che però oltre alle accuse sui conti avrebbe pronto un dossier per svelare «altre irregolarità ».
Sui conti delle tessere l’accusa, in concreto, è di aver fatto decine di iscrizioni di sostenitori senza pretendere il saldo delle quote allo scopo di mettersi in pari con le richieste del partito nazionale: lo statuto leghista, infatti, prevede che debba esserci un rapporto di almeno 1 a 3 tra soci militanti e sostenitori, cosa che nella sezione di Savona non c’era e non c’è ancora adesso visto che i militanti sono 42 e i sostenitori appena 88 (ma prima di questa campagna d’adesioni erano una quarantina appena).
Quindi i sostenitori sarebbero veri ma irregolari le loro iscrizioni dal punto di vista amministrativo.
E l’altra accusa è quella di aver scoraggiato il rinnovo delle tessere di vecchi iscritti (come la Troisi, o il gruppo dei giovani padani) non graditi all’attuale gruppo dirigente, e viceversa di non aver fatto pagare la tessera di nuovi militanti (4) al contrario “graditi”.
“Non rispondo neppure perchè non ho voglia di alimentare questa polemica pretestuosa e fatta ad arte da qualcuno allo scopo di fare caos – è la replica del segretario provinciale Paolo Ripamonti – io lascio che si sbattano, ora facciamo questo congresso cittadino dopodichè il partito di Savona avrà  un suo direttivo e tanti saluti”.

(da “Il Secolo XIX”)

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BOSSI AL COMIZIO DI MONZA ATTACCA IL SUO EX COMPAGNO DI MERENDE: “BERLUSCONI? UN DELINQUENTE PRESCRITTO”

Marzo 4th, 2012 Riccardo Fucile

PATACCARI PADAGNI: IL SENATUR HA GOVERNATO CON LUI PER 10 ANNI, MA NON SI ERA ACCORTO DI NULLA…”SOSTIENE MONTI PER INTERESSE PERSONALE”… MA BOSSI CHE CI ANDAVA A FARE OGNI LUNEDI’ A CENA AD ARCORE? PER IL RISOTTO MANTECATO?

Il Senatur riscopre i fucili padani e, in un revival anni 90, rispolvera slogan contro il Cavaliere: “Ragiona come Mussolini”, dice.
“Era un delinquente ora è stato assolto. Sostiene l’esecutivo per interesse personale”.
Ma Calderoli usa uno slogan dell’ex premier: “L’evasione fiscale a volte è legittima difesa”
“Se Monti non ci ascolta portiamo a Roma centinaia di migliaia di persone e facciamo saltare il suo scranno”.
Umberto Bossi rispolvera i fucili padani e, in un revival anni novanta, torna a definire Silvio Berlusconi un “delinquente”.
Che non sarà  incisivo come “il mafioso di Arcore” che usò nel 1995 per indicare il Cavaliere, ma conferma come il Sènatur tenti di prendere le distanze in ogni modo dall’ex amico.
Ma per cancellare quasi venti anni di alleanza e governi non basta qualche vecchio slogan.
E di fatto alla fiaccolata organizzata a Monza contro il governo guidato da Mario Monti partecipano poche decine di militanti.
Le centinaia di migliaia di persone di cui parla Bossi sono lontane da qui e, forse, anche dal partito.
La Lega sta infatti vivendo una profonda lacerazione interna.
La base da mesi invoca con forza l’incoronazione di Roberto Maroni alla guida del movimento.
A deludere i militanti è stato proprio il sostegno che Bossi ha dato al governo Berlusconi, arrivando persino a salvare dal carcere Nicola Cosentino, coordinare campano del Pdl accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
E oggi Bossi tuona anche contro la mafia. Il via libera al trasferimento della sorveglianza speciale per Salvatore Riina junior a Padova “è un attentato contro il nord, che il nord dovrebbe punire con la pena di morte per le conseguenze che avrà  nella nostra società : rapine, violenze e mafia”.
Della decisione Bossi ha incolpato il governo Monti che a suo dire “ha fatto tornare il soggiorno obbligato”, ma “non accetteremo di essere invasi ancora una volta dai mafiosi”.
Qualche slogan, forse, non basta.
Ma il Sènatur ci prova.
Berlusconi, dice il leader del Carroccio, sostiene il governo in loden perchè prima “era un delinquente, ora è stato improvvisamente assolto (prescritto, ndr) in tribunale” al processo Mills.
“E’ poco ma sicuro” che sta con Monti per interesse, aggiunge.
E ragiona “come Benito Mussolini“. Perchè “dire ‘facciamo l’accordo fra le forze maggiori e cancelliamo quelle minori’ per non disperdere i voti è un ragionamento che fece Mussolini, ma sono cose che non portano da nessuna parte”.
Pochi minuti dopo però il Carroccio dimostra di ragionare come Berlusconi: Roberto Calderoli, con ritrovato slancio padano, afferma che “quando si paga il 50% di tasse l’evasione fiscale è legittima difesa”.
Dichiarazione di cui il Cavaliere detiene il copyright.
Ma capita di far confusione.   ”In questo momento ce l’abbiamo con tutti e due”, dice Calderoli.
Con Monti e Berlusconi, “perchè uno è l’assassino e l’altro il palo, il complice”. Poi certo, che “il complice” sia stato un amico fino a tre mesi fa, poco conta.
A Bossi e Calderoli lo ricorda Sandro Bondi. “Vorrei dire agli amici della Lega,con i quali fino a pochi mesi fa abbiamo lavorato con spirito di collaborazione e amicizia, che non risponderemo a toni polemici che sono lontani dai bisogni e dagli interessi veri degli italiani”.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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