Febbraio 22nd, 2012 Riccardo Fucile
COME FECE FORTUNA IL CASSIERE LEGHISTA: MILIARDI DI LIRE SPARITE E AMICIZIE PERICOLOSE… IL CURATORE FALLIMENTARE SCRIVE: “SI E’ INTASCATO CENTINAIA DI MILIONI DI LIRE, INTESTANDOSI INDEBITAMENTE ASSEGNI, OLTRE AD AVER ABUSATO DELLE CARTE DI CREDITO PER FARE LA BELLA VITA”…MOLTI SUOI SOCI ARRESTATI O CONDANNATI PER TRUFFE
Assegni spariti o falsificati. Fallimenti a catena e amicizie pericolose.
Un “tesoro” ottenuto da un (ex) amico, ammanicato alla peggiore prima Repubblica, che oggi lo accusa di averlo ridotto sul lastrico.
E una serie di acrobazie finanziarie – sul filo di due inchiesta archiviate per un pelo – che ne raccontano un passato finora ignoto, in cui parrebbe aver messo da parte, non si sa come, due miliardi delle vecchie lire.
Decisivi a fargli spiccare quel salto di qualità politico, sortto forma di sostegno alle campagne elettorali, dopo il quale è stato proiettato nell’Olimpo padano.
Chi è il potente tesoriere della Lega Nord, Francesco Belsito?
Chi è il piccolo impresario delle pulizie, oggi 41enne, divenuto sottosegretario alla Semplificazione normativa nell’ultimo governo Berlusconi, oltre che amministratore di un patrimonio da oltre 22 milioni di euro in contributi elettorali pubblici solo nel 2010?
Cosa c’è nella vita precedente dell’uomo legato a filo rosso con Umberto Bossi?
Il suo nome era finito recentemente alla ribalta poichè s’era scoperto che il denaro pagato dagli italiani per foraggiare la Lega era stato dirottato in Tanzania e a Cipro.
Oggi però il Secolo XIX è in grado di ripercorrere, documenti inediti alla mano, un ottovolante di miliardi, avvisi di garanzia, crac, affari immobiliari e alleanze a dir poco avventurose.
L’antefatto della sua storia politica, sempre in simbiosi con un fiume di soldi.
Per orientarsi bisogna partire dal caso di una strana azienda creata a Genova, la Cooperativa servizi tecnologici Liguria srl, dichiarata fallita a Genova il 16 novembre 2000.
Belsito fa parte del consiglio di amministrazione dal’11 ottobre 1998 al 17 luglio 1999.
Con lui entra Ermanno Pleba, ex fedelissimo della DC, piazzato in varie società semipubbliche fin dagli anni ’90, che oggi racconta di aver perso un miliardo e quattro appartamenti per colpa di Belsito.
Quando va a carte quarantotto la Cost Liguria, è nominato curatore fallimentare Paolo Lanzillotta: è lui a spedire in tribunale il dossier che fotografa l’andamento del gruppo.
Il curatore scrive: “ho potuto accertare l’emissione non giustificata di assegni, cambiali ed effetti a Pleba e Belsito, già amministratori della fallita Cost Service. Il signor Varanzi ha dichiarato che la causa unica del dissesto è correlata alla sottoscrizione di alcuni contratti con primarie società genovesi. A fronte di tali contratti, stipulati con l’intermediazione di Belsito e Pleba, poi rivelatisi fasulli in quanto contraffatti e falsificati nelle firme, la società effettuava investimenti addebitandosi con le banche”.
Belsito è indagato per bancarotta e fatture false, insieme agli altri soci, la pratica si trascina tra un pm e un altro.
Il 2 febbraio 2004, mentre la carriera politica di Belsito avanza, il curatore Lanzillotta rileva nuovamente: “l’emissione non giustificata di assegni e cambiali a suo favore per un importo di lire 625.036.500”.
Non solo: “Per Belsito sono stati raccolti assegni firmati dallo stesso a nome della cooperativa per spese non giustificate e assegni non intestati e firmati a nome di Varanzi con firma non riconosciuta”.
C’è il sospetto che Belsito si sia girato altri assegni, taroccando la firme altrui.
Scrive il curatore: “Non sono riuscito a reperire nei documenti contabili gli estratti, emergono numerosi acquisti presumibilmente a titolo personale”
Per scagionare Belsito dagli addebiti penali, i pm riterranno sufficiente la data di uscita ufficiale dal consiglio di amministrazione, antecedente all’emissione di una serie di fatture fasulle.
“In realtà – dice il suo vecchio socio Pleba – faceva sempre tutto lui”.
E Massimo Varanzi, presidente del Cda rincara la dose: “Belsito e Pleba avevano falsificato la mia firma su assegni e cambiali, depositato la propria su alcune banche, riuscendo a versare e immediatamente far sparire somme di cui ignoro la provenienza. Ritengo che il mio conto possa essere servito quale mezzo per ripulire denaro di dubbia provenienza”.
E le fatture false? “Belsito ha provveduto a compilare i documenti fasulli concordati”.
Belsito viene sottoposto a sette interrogatori tra la fine del 200 e l’inizio del 2001.
Si difende sostenendo che è tutta una montatura di Varanzi, ma qualcosa è costretto ad ammettere.
A proposito di una cambiale di svariati milioni dice: “Ho cercato di imitare la sua grafia, ma me lo aveva detto lui”.
Belsito annuncia ai magistrati di allora che presenterà querela contro Varanzi, ma caso strano, non risulta sia mai stata presentata.
(1 continua)
Matteo Indice e Giovanni Mari
(da “Il Secolo XIX“)
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Febbraio 20th, 2012 Riccardo Fucile
DOPO OLIARO, BARTOLINI, COSTANTINO E COSTA ANCHE ZARBANO RIFIUTA DI CANDIDARSI PER IL PDL… IL LEGHISTA BRUZZONE, INVECE CHE I FRINGUELLI, STAVOLTA IMPALLINA RIXI E (S)PIANA LA STRADA AL SECONDO COLPO DELLA SUA DOPPIETTA… DORIA E MUSSO IN POLE POSITION SE QUALCUNO NON GIOCA LORO QUALCHE BRUTTO SCHERZO DALL’INTERNO
Meno male che doveva essere la carta segreta del Pdl da giocarsi al tavolo della kermesse elettorale di maggio per le elezioni del nuovo sindaco di Genova: non hanno fatto in tempo a ipotizzare il nome di di Alessandro Zarbano, bocconiano e aministratore delegato del Genoa, che anche lui ha detto “no grazie”.
Se il Pdl genovese ricevesse tanti voti, quanti dinieghi ricevuti alla proposta di candidatura a sindaco, come minimo andrebbe al ballottaggio: dopo aver bruciato le candidature interne di Matteo Rosso, Raffaella Della Bianca e Vinai, dopo aver allontanato ogni intesa con il candidato della lista civica Enrico Musso, ex Pdl ora vicino al Terzo Polo, il Pdl ci ha provato con Roberta Oliaro, leader degli spedizionieri, Enrico Bartolini, presidente dell’ordine dei medici, Beppe Costa, imprenditore della omonima famiglia di terminalisti, Michele Costantino, petroliere, solo per limitarci ai più noti:
Con la medesima risposta: no grazie.
Lo sfascio del Pdl genovese e la mancanza di credibilità dei suoi maggiorenti incartapecoriti pare abbia fatto precipitare il partito a quota 13%, percentuale che lo taglierebbe fuori persino dal ballottaggio.
Anche perchè la Lega (che viaggia intorno al 10%) presenterà un proprio candidato, dopo settimane di coltellate interne al Carroccio, in perfetta sintesi con lo scontro nazionale tra bossiani e maroniani.
Dopo un mese di “autocandidatura”, il badante Edoardo Rixi, capogruppo in Regione è stato costretto a battere in ritirata, vittima del fuoco amico del clan calderoniano, convertito sulla via maroniana, facente capo alla doppietta Bruzzone-Piana, lobbie dei cacciatori, non a caso, alle spalle.
Costretto a trangugiare bocconi amari per mesi, emarginato dalla coppia Rosi Mauro-Belsito ai tempi in cui il cerchio magico dettava legge, il buon Bruzzone ora sembra l’interprete del motto “la vendetta va servita fredda”.
Appena ha avuto conferma che Belsito non aveva più titoli (quelli li ha impegnati in Tanzania) per parcheggiare la Porsche Cayenne negli spazi della locale questura, Bruzzone è partito all’attacco, pur non potendo mostrare neanche in fotocopia una laurea all’estero (come d’altronde il sottosegretario subacqueo).
Ha rinfacciato a Rixi le sue notti da badante, nonostante il poveretto cercasse di sostenere di averle trascorse in impegnative “ronde padane”, e alla fine Bruzzone, invece che i fringuelli, ha impallinato proprio lui.
Candidato sindaco lo farà il secondo colpo della doppietta, Alessio Piana, anonimo consigliere comunale, una garanzia per il segretario federale ligure Bruzzone, in quanto incapace di fargli ombra.
E poi via, a breve, al congresso prov., per acquisire maggiore potere.
Questa dovrebbe essere il centrodestra in grado di opporsi al centrosinistra che governa la città da decenni.
E forse da qui capirete perchè la sinistra a Genova vince sempre.
Aumentano le possibilità così per Enrico Musso, a capo di una lista civica vicina al Terzo Polo, di arrivare al ballottaggio, forte di un consenso personale sicuramente superiore alla somma dei partiti che lo appoggiano (Fli e Udc).
Anche perchè se si basasse su quelli non arriverebbe neanche al 6%.
Doria potrebbe anche passare al primo turno, ma è anche possibile che qualcuno nel Pd non perda l’occasione per mandarlo al ballottaggio e alzare la posta interna.
Ma anche Musso deve guardarsi in casa perchè l’Udc in Regione è alleato con il Pd e qua l’alleanza nel terzo Polo l’ha subita, non cercata.
E nel segreto dell’urna, con il voto disgiunto, tutto può succedere.
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Febbraio 19th, 2012 Riccardo Fucile
LEGA NEL CAOS: TOSI “DIMESSO” DAL “CERCHIO MAGICO” PER PRESUNTO ASSENTEISMO… IL SENATUR CAMBIA NUMERO DI TELEFONINO E FA IL DEMOCRATICO: “CHIAMATEMI DIRETTAMENTE”, MA POI RISPONDONO LE SEGRETARIE
Flavio Tosi non è più vicepresidente del parlamento della Padania. 
Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Adnkronos, il sindaco di Verona sarebbe stato sostituito, nella carica che ricopriva assieme a Federico Bricolo e Roberto Castelli, da Gianpaolo Dozzo, da poco nominato capogruppo del Carroccio alla Camera.
La scelta di sostituire Tosi, presa all’unanimità , sarebbe legata all’assenteismo del primo cittadino, mai presente finora alle quattro convocazioni ( ma lui ribatte di esserci stato in due) dell’ufficio di presidenza del parlamento della Padania riaperto dopo il cambio di governo e l’approdo a Palazzo Chigi di Mario Monti.
L’avvicendamento rischia di creare un nuovo caso per il partito, attraversato da forti polemiche e liti interne. Il Carroccio è ormai di fatto spaccato in due.
Da una parte il cosiddetto Cerchio Magico e dall’altra i Barbari Sognanti, i militanti che sostengono Roberto Maroni come successore e leader della nuova Lega.
Lo scontro negli ultimi mesi ha raggiunto lo stesso Capo, contestato anche alla manifestazione di Milano a fine gennaio perchè non ha voluto lasciare la parola dal palco all’ex titolare del Viminale.
In questa spaccatura, dunque, si inserisce anche il braccio di ferro in corso tra Flavio Tosi e i vertici del partito, quel Giancarlo Gobbo, segretario federale Veneto, che ha bocciato senza mezzi termini la volontà espressa dal sindaco scaligero di presentarsi con una propria lista alle prossime amministrative.
Gobbo è un leghista di stretta osservanza bossiana, Tosi, invece, è considerato un maroniano e soprattutto è uno dei sindaci, insieme ad Attilio Fontana, che hanno fortemente criticato il sostegno del governo Berlusconi da parte dei vertici del partito e, in particolare, i tagli agli enti locali.
Secondo quanto riporta l’Adnkronos le assenze di Tosi dalle riunioni del parlamento della Padania non sarebbero state casuali, alla luce delle ultime dichiarazioni in cui il primo cittadino veronese ha sottolineato di essere molto nazionalista, di non credere nella secessione e di reputare il programma della Padania solo un concetto filosofico e senza concretezza. Inoltre, il sindaco uscente, ha recentemente espresso la volontà di presentarsi alle prossime amministrative con una lista civica e i vertici glielo hanno vietato. Ma la questione è ancora aperta, tanto che lui ha minacciato di poter rinunciare a candidarsi di nuovo.
Ma contemporaneamente ieri è scoppiato un secondo caso, derivante dal fatto che Umberto Bossi ha un nuovo telefonino.
Nel proteiforme mondo leghista la cosa ha suscitato parecchio subbuglio. Oltre che una robusta – meglio: robustissima – dose di dietrologia.
È accaduto che dalla tarda mattinata di ieri un gran numero di senatori e deputati padani, ma anche esponenti di spicco del Carroccio di territorio abbiano ricevuto un sms totalmente inaspettato.
Anzi. Gli sms sono (almeno) due, il che non ha contribuito a placare gli interrogativi.
La versione numero uno è, in sostanza, la seguente: «Da questo momento, contattatemi direttamente al mio nuovo numero di cellulare».
A seguire, un recapito telefonico e, soprattutto, quella firma: Umberto Bossi.
La seconda versione è un po’ più freddina e impersonale. Qualcosa come «Il nuovo numero del segretario federale Umberto Bossi è…».
In molti padani, la prima reazione è stata di incredulità : «Dà i, prova a chiamare, tanto è uno scherzo…». «Se è uno scherzo, perchè non provi tu?». «Se poi fosse vero, non saprei che cosa dire…».
Alla fine, tuttavia, qualcuno ci ha provato davvero a chiamare il «Capo».
E, secondo quanto riferiscono gli audaci, a rispondere all’altro capo della cornetta ieri erano le due fedelissime segretarie di Bossi in via Bellerio, il quartier generale della Lega. Doriana e Daniela hanno confermato ai cauti interlocutori che sì: il messaggio è autentico.
E sì: per parlare con il «Capo» d’ora in avanti il numero è quello.
Occorre precisare che con il passare delle ore e della crescita della curiosità è circolata anche una spiegazione ufficiosa.
Il telefonino a cui fino al giorno prima ci si rivolgeva per tentare di parlare con Bossi era ancora quello di proprietà del ministero alle Riforme (o meglio, della presidenza del Consiglio), che poi l’ha rivoluto indietro.
E dunque, occorreva cambiare.
Anche se la portabilità del numero è consentita ai ministri così come ai comuni cittadini.
Fatto sta che, al di là delle spiegazioni fatte filtrare, erano in molti i leghisti che almanaccavano sull’inedito sms.
Significativa, tuttavia, la spiegazione corrente prima della versione para ufficiale: «Bossi – spiega un deputato – si è reso conto di aver perso quello che è sempre stato uno dei suoi punti di forza, l’accessibilità da parte del movimento. E ha dunque deciso di limitare i filtri che negli ultimi anni – almeno dal 2009 – si sono frapposti tra lui e il suo popolo».
Una spiegazione evidentemente condizionata dall’opinione degli avversari del cosiddetto «cerchio magico», che si basa su una vulgata che nei suoi termini generali suona più o meno così: «Bossi non ha più il polso del movimento in quanto circondato da individui che filtrano le persone e le informazioni a cui il “Capo” ha accesso».
Ecco allora la farsa del nuovo numero che si può democraticamente comporre a dimostrazione che è ancora in libera uscita.
Anche se si fa la pennichella pomeridiana in via Bellerio rispondono pur sempre le segretarie.
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Febbraio 17th, 2012 Riccardo Fucile
A MONZA FINISCE LA STORIA MAI INIZIATA DEI PATACCARI PADAGNI: DISMESSE LE UTENZE E RICONSEGNATI GLI IMMOBILI… IL GOVERNO NON FARA’ RICORSO CONTRO IL TRIBUNALE CHE AVEVA GIA’ BOCCIATO LE DELEGAZIONI DISTACCATE VOLUTE DA CALDEROLI
Il ministro Piero Giarda parla alla Camera rispondendo a un’interrogazione dell’Idv ha messo la parola fine alla vicenda delle sedi distaccate dei ministeri della Semplificazione e delle Riforme nella Reggia di Monza.
Inaugurati in pompa magna, con grande spolvero di ministri leghisti e Pdl, gli “uffici” distaccati sono stati oggetto di polemiche e indagini per una vicenda che, non fosse per i costi, si è rivelata una farsa.
“Entrambe sono state chiuse con la nascita del governo Monti”, ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento, aggiungendo che “la presidenza del Consiglio è stata condannata il 9 novembre per comportamento antisindacale per l’apertura di queste sedi e lo scorso 9 febbraio sempre Palazzo Chigi ha rinunciato ad opporsi a questo decreto del Tribunale di Roma”. Il motivo, ha spiega Giarda è che “nel frattempo è cessata l’operatività delle sedi”.
Giarda ha spiegato che il governo considera “cessata la ritenuta condotta antisindacale” in quanto “le sedi sono di fatto non più operative dal momento dell’insediamento del governo Monti”.
Giarda ha detto che sono state dismesse le utenze, sono stati ritirati i beni immobili che erano stati messi a disposizione e l’immobile è rientrato nella “piena disponibilità ” del proprietario.
Il ministro ha anche osservato che “nessuna unità di ruolo di comando o comandata ha mai preso servizio presso le sedi distaccate dei dicasteri”.
Quindi Palazzo Chigi ha dato esecuzione alla sentenza del Tribunale dopo aver sentito le organizzazioni sindacali anche perchè la sentenza non aveva disposto la chiusura delle sedi, ma aveva solo rilevato il comportamento non corretto rispetto alle rappresentanze dei lavoratori da parte della presidenza del Consiglio.
Polemica la reazione del coordinatore delle segreterie nazionali della Lega Nord, l’ex ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli: “la chiusura delle sedi ministeriali di Monza è l’ultima goccia che il popolo del Nord ha dovuto subire: d’ora in poi sarà guerra senza quartiere”.
Le solite sparate per i gonzi.
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Febbraio 16th, 2012 Riccardo Fucile
IL BLOG VICINO AL “CERCHIO MAGICO” TIRA IN BALLO INCARICHI ALLA SUA PORTAVOCE, ISABELLA VOTINO, NOMINE ASL E I RAPPORTI CON AERMACCHI DOVE LAVORA LA MOGLIE… NEL CARROCCIO SEMBRA ORMAI UN REGOLAMENTO DI CONTI
Pubblichiamo l’articolo apparso sul blog “Velina verde” che sta girando negli ambienti della Lega e che è
stato citato dalla stampa nazionale, allo scopo di documentarsi su quanto dallo stesso denunciato. Ciò al fine di semplice elemento di informazione, non parteggiando noi per alcuna corrente interna al Carroccio, essendo notoria la nostra siderale distanza dalle tesi politiche leghiste in sè, indipendentemente da chi le rappresenta e dalla veridicità delle reciproche accuse.
CHE COSA VUOLE VERAMENTE MARONI
Che cosa vuole realmente Maroni? Ci aveva già provato nel 1995, e allora il Capo lo fermò. La storia ha dimostrato che aveva ragione Bossi.
Maroni dice di rappresentare la Lega degli onesti.
Perchè, ci sarebbe una Lega dei disonesti? Se sì, quale? La Lega degli onesti di Maroni qual’è?
Quella del Suo Distretto 51, due dei quali sono stati nominati direttori generali ASL di Varese e altrove e un paio di altri assunti in ospedali, senza particolari competenze tranne quelle di saper suonare uno strumento.
Quella di Maroni che fa assumere la sua bella Isabella Votino alla Camera a tremila (3000) euro al mese? Pagata dai contribuenti padani … con aggiunta di altro stipendio (3000? 4000?) al Milan?
Maroni sì che ha un ottimo rapporto col Berluska, infatti basta che batte un colpo, e via … altrochè dire che Bossi è l’amico di Berlusconi!
In ogni caso, Lui sì che sa fare le telefonate giuste al Berluska, quando (gli) servono! Ricordatevi anche la questione Ruby Rubacuori.
Maroni capo degli onesti? Ma va … balle!!!
A Maroni piace Roma, e piacciono i laghi romani, le ville sul lago di Bolsena e le belle barche (ma i soldi per tutte queste barche a vela dove li trova?).
È uno che fa fatica a pronunciare la parola “Padania” visto che dei Padani gli interessano solo i voti.
Infatti stranamente ha partecipato pochissimo nel corso dei lunghi anni di storia della Lega agli incontri con le sezioni e ai comizi e alle feste.
Adesso invece si fa aiutare dagli amici degli amici a organizzare incontri a destra e a manca per tutta la Padania, promettendo posti e posticini. Tanto non potrà mantenere e qualcuno resterà a bocca asciutta.
Gira voce che uno dei suoi amici è presente su FB con almeno un centinaio di false identità a buttare saliva e a scrivere Maroni presidente, Maroni segretario bla bla bla e salivazioni varie.
Almeno una cosa la Votino, passata dalla segreteria del fascista e romanissimo Alemanno al servizio di Maroni, per lui l’ha fatta.
Maroni e Votino sono stati abilissimi a strumentalizzare i media, utilizzando la storia di Cosentino. Bossi non ha mai detto di essere favorevole, ma non essendoci documenti che attestano la colpevolezza ha lasciato i suoi liberi per votare ognuno secondo coscienza.
Ma, da ministro degli interni, davvero non sapevi nulla del tuo sottosegretario Cosentino? Con a diposizione polizia e servizi segreti? Che fai? Ci consideri tutti dei coglioni?
E poi Cosentino è stato per tre anni sottosegretario di Maroni e Maroni non ha mai avuto nulla da dire.
C’è persino qualche maligno che dice che se Cosentino è un camorrista e lavora per qualche cosca, magari è stato proprio lui a dare una mano a Maroni per qualche arresto eccellente di cosche avversarie.
Se Cosentino è un camorrista, questo può essere vero. Se non lo è, allora bisognava votare contro il suo arresto.
Magari anche per evitare chiacchere sulla sua Isa-bella , l’onesto Maroni ha sistemato ambedue, moglie e bella.
Volete ridere?
Alla Aermacchi, gruppo Finmeccanica, lavora come dirigente del personale Emilia Macchi.
E allora? Niente, è solo la moglie dell’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni.
Essì, colui che ha sponsorizzato Giuseppe Orsi, l’amministratore delegato della capogruppo Finmeccanica…
Vi ricordate? Si tratta della stessa azienda delle tante e lunghe tangenti!
Dai, un piccolo sforzo e un’occhiatina ai nomi della “Lega degli onesti” riportati dai giornali, che ora tacciono, ma che al momento giusto tireranno fuori tutto …
Maroni, senza Bossi non vai da nessuna parte, ti tengono per le palle, e dovrai pagare quelli che adesso fanno la campagna stampa a tuo favore … non pagare con i soldi, ma con il tuo servilismo.
Hai fatto un bel regalo a Roma. Hanno cercato per anni di spaccare la Lega e ora ci sono riusciti. Hanno usato te come cavallo di Troia.
Bravo, bravo davvero.
A Maroni interessa il potere, non la libertà della Padania.
Vuole il posto di capogruppo per mettere le mani sui soldi della Lega, che sono i soldi dei militanti.
A proposito, una domanda: la Votino è militante?
Perchè non si è scelto il portavoce tra di noi?
Che bisogno c’era di prendersi una di Caserta o giù, molto giù, di lì?
E per chi lavora realmente la Votino?
Chi vuol far fuori la Lega da dentro, spaccandola in due?
Maroni ha voluto incontrare il Capo con un unico obiettivo: dopo tutti i vari scontri e i ricatti personali, lo scopo era, ottenere come ha ottenuto, di scegliersi il capogruppo alla Camera, da manovrare come vuole lui e così gestire i soldi del gruppo.
Il cerchio magico non esiste! È una tua invenzione, e la dimostrazione è che tutti i dirigenti della Lega che hanno avuto e dato balzelli, privilegi, posti etc etc oggi sono con te.
Il cerchio magico siete voi!
Volevate mettere da parte Bossi e prendere la Lega.
Cerchio magico? Se lo pensi davvero, Bobo, fai i nomi! E spiega perchè ce l’hai con loro.
La colpa di quelli che tu chiami cerchio magico è di avere detto al Capo che c’era qualcuno che usava la Lega per posti, potere e magari qualche tangente.
Non è che vi volete disfare dei pochi onesti?
Giuda in confronto non era nulla.
(dal Blog “Velina Verde“)
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Febbraio 16th, 2012 Riccardo Fucile
E’ DI GOMMA BIANCA, DISTRIBUITO IN SEMICLANDESTINITA’ E IDENTIFICA GLI ADERENTI ALLA NUOVA CORRENTE INTERNA… SU FACEBOOK VA DI MODA OBELIX
Dal braccialetto di gomma bianca, distribuito in semiclandestinità , al giornale on line il passo è breve. I “barbari sognanti” escono allo scoperto dopo che Roberto Maroni, a cui i barbari fanno riferimento, ha ammesso l’esistenza della nuova corrente interna alla Lega di Bossi martoriata dagli strattoni di quelli del Cerchio magico preoccupati per come accasarsi al meglio.
La comunicazione al momento però viaggia sulla pagina facebook logata con l’attuale simbolo del gruppo: Obelix intendo a scolpire un grande “sole delle Alpi” osservato da Asterix, l’altro popolare gallico dei fumetti francesi di Goscinny e Uderzo.
L’idea sarebbe venuta ad un militante leghista di Fusignano in provincia di Ravenna.
Il Big Bang della secessione (successione) nel Carroccio era avvenuto all’indomani della fatwa lanciata dal Senatùr contro il fido Bobo a cui era stato fatto divieto di fare comizi.
I militanti si erano scatenati contro le parole del capo invitando Maroni ovunque. E lui, cogliendo la palla al balzo si è fatto avanti ammettendo l’esistenza della nuova compagine barbarica il cui nome sarebbe stato ispirato dal romanzo Il mio Carso dello scrittore irredentista triestino Scipio Slapater.
Fin qui i sogni dei “barbari” maroniani che per ora continuano a stare sotto l’ombrello di via Bellerio guardando con attenzione ai prossimi congressi provinciali in Lombardia e Veneto snodi cruciali dal punto di vista politico.
Nel frattempo Paolo Grimoldi (padre costituente dei Giovani padani e dell’interrogazione parlamentare contro la lettura del Diario di Anna Frank nelle scuole) regala quel famoso braccialetto bianco con la scritta “barbari sognanti” con a fianco il “sole delle Alpi”.
Il gadget viene chiamato il simbolo della Lega “degli onesti” anche se tra di loro compare il nome di Gianluca Pini (autore dell’emendamento sulla responsabilità civile dei giudici).
Barbaro è anche l’eurodeputato Matteo Salvini (che a Milano aveva proposto carrozze tram separate tra italiani e stranieri oltre al testo della canzone sulla “puzza dei napoletani da cui scappano pure i cani”) il sindaco di Varese Attilio Fontana, il presidente del consiglio regionale della Lombardia Davide Boni e il deputato mantovano Giovanni Fava che presiede la Commissione d’inchiesta sul fenomeno della pirateria in campo commerciale.
Una carica che deporrebbe a suo favore se non fosse che lo stesso Fava è stato relatore di un emendamento (bocciato) della versione italiana della legge Sopa (Stop Online Piracy Act) il cui testo in pratica prevedeva la rimozione di qualsiasi contenuto pubblicato online sulla base del “semplice sospetto” non accertato da alcuna autorità , un passaggio certamente poco coerente con la sua carica parlamentare.
Barbaro è pure il vicesindaco di Brescia Fabio Rolfi, degno rappresentante di parentopoli per aver sistemato la moglie, per un periodo, contemporaneamente in un’Asl milanese e nella segreteria regionale del collega Belotti.
I Caparini hanno pensato bene di tenere il piede in due scarpe tra il padre Bruno Bossiano (membro del consiglio federale) e il deputato — “barbaro” — Davide.
Anche Emanuela Munerato, la leghista operaia che durante il voto di fiducia sulla manovra si è presentata in Aula in tenuta da lavoro, indossa il braccialetto, così come i parlamentari Nicola Molteni, Davide Cavalletto, il bergamasco Giacomo Stucchi, oltre a Massimiliano Fedriga che punta alla conquista leghista di Gorizia alle prossime amministrative.
In tutto sarebbero circa duecento (tra deputati e amministratori) i “barbari” pronti a sostenere Maroni, che in questi giorni deve risolvere anche la grana della Velina Verde (blog anonimo il cui dominio sembra registrato alle Bahamas pare da un braccio operativo padano sull’asse Brescia-Bergamo) che di lui scrive: “Dopo aver sistemato al Milan la sua ex portavoce Isabella Votino ha la moglie (dirigente del personale) alla Aermacchi, gruppo Finmeccanica”.
Nella pagina web vengono sollevati dubbi anche sulla vicenda Nicola Cosentino che di Maroni è stato sottosegretario.
Nonostante questo, i “barbari sognanti” sono pronti alla guerra.
Come nel Veneto di Flavio Tosi, sindaco di Verona che gioca su due tavoli puntando anche alla segreteria della Liga Veneta, feudo del bossiano Gianpaolo Gobbo, che dopo quasi quindici anni di guida non ha nessuna intenzione di mollare.
Ma Maroni non lascerà che l’amico Tosi si candidi da solo a maggio a Verona (lanciando la sfida a Bossi) se questo non porterà acqua al progetto dei suoi “barbari”, sognanti o no che siano.
Elisabetta Reguitti
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 15th, 2012 Riccardo Fucile
ACCUSATO DI MILLANTATO CREDITO, RISCHIA UNA PENA DA 2 A 6 ANNI… SI SAREBBE INTERESSATO AL BUON ESITO DELL’ESAME RIVOLGENDOSI PRIMA A CLEMENTE MASTELLA PRIMA E POI AD ALFONSO PAPA
L’onorevole Gianluca Pini della Lega Nord, autore dell’emendamento sulla responsabilità civile dei magistrati, è stato indagato dalla Procura di Forlì per il reato art 346 c. p perchè “millantando credito presso gli onorevoli Gino Capotosti e Alfonso Papa, riceveva da una persona identificata (Gfm) candidato partecipante al concorso nazionale di abilitazione alla professione di Notaio la somma di euro 15mila con il pretesto di dover remunerare o comunque comperare il favore di taluno dei membri della commissione di abilitazione notarile indetti dal 2006 a tutt’oggi. Somma versata in Forlì tra il 24 dicembre 2007 e il gennaio 2008. Fatto denunciato il 24 gennaio 2012″.
Secondo la ricostruzione del Fatto Quotidiano l’inchiesta prende avvio da una persona che — prove alla mano — racconta al Procuratore Capo, Sergio Sottani (arrivato sei mesi fa dalla Procura di Perugia dove si è occupato dell’inchiesta sui Grandi Eventi della Protezione Civile e gli appalti della cricca legata ad Anemone) di aver appreso dall’avvocato forlinese Gfm, di aver consegnato all’onorevole Pini 15, 000 euro per superare il concorso notarile.
A cavallo tra Natale 2006 e Capodanno 2007, l’onorevole Gianluca Pini, eletto nel 2006, sempre secondo quanto svelato da Gfm al test dell’accusa, assicura al giovane avvocato il suo interessamento in cambio di soldi precisando che servono ad ungere la macchina.
Pini si reca nello studio dell’avvocato Gfm e, come prova del suo interessamento, gli consegna una lettera ricevuta dall’allora deputato umbro dell’Udeur, Gino Capotosti, in cui gli assicura tutto il suo impegno.
E per essere più credibile chiama Capotosti e glielo passa al telefono.
Lettera che, qualora fosse stata trovata durante la perquisizione dello studio professionale, costituirebbe un sicuro riscontro oggettivo.
Il deputato leghista si incontra con Gfm a cena al ristorante “Don Abbondio” di Forlì e scrive sulla tovaglietta di carta la cifra che deve pagare: 30.000 euro di cui 15.000 subito e 15.000 a concorso superato.
L’avvocato Gfm si reca all’Unicredit e alla Cassa di Risparmio di Forlì, preleva 15.000 euro dai suoi due conti personali e li consegna all’onorevole Pini.
Ma il concorso non lo supera.
Pini si giustifica: “Non so cosa sia accaduto, vado da Mastella (Ministro della Giustizia) e ti dico”.
Dopo qualche giorno Gfm lo richiama e Pini gli dà appuntamento al “Don Abbondio”, appuntamento che poco dopo annulla con un sms.
Sono amici, si conoscono fin da ragazzi, GFM non si rassegna e tenta altre volte di parlargli. Ma Pini sfugge.
Fino a che, siamo nell’estate 2008, lo incontra al Festival di Castrocaro e stanco dei suoi rimandi gli richiede i soldi.
Pini lo rassicura: “Aspetta, farò il possibile, la prossima volta lo supererai”. GFM gli dice: “Ma come fai, il Governo Prodi è caduto nè Capotosti nè Mastella contano più niente”. “Che importa c’è Alfonso Papa” e Gfm sorpreso replica: “Ma come Papa? Non era Mastella?” E Pini: “Allora non hai capito niente, Capotosti è il trait d’union con Alfonso Papa e se non basta mi rivolgerò direttamente ad Angelino Alfano” Ministro della Giustizia che bandisce il concorso notarile.
Ma la volta successiva Gfm esce senza neppure consegnare la prova e torna disperatamente alla carica per riavere i suoi soldi ma Pini continua a sfuggirgli fino a che, sempre secondo il racconto di Gfm: “L’ho acchiappato e gli ho detto: se quei soldi sono serviti a te, non ti preoccupare quando li avrai me li restituirai ma smettila di ingannarmi”.
Parole che fanno inalberare l’onorevole leghista: “Ma cosa dici? I tuoi soldi sono al sicuro, gli assegni rilasciatemi da Papa a garanzia sono nella mia cassaforte”.
Estate scorsa. Gfm torna all’attacco e Pini questa volta cerca di tenerlo buono così: “Guarda, gli assegni ce l’ho ma come faccio ad incassarli ora che Papa è in galera?”. Quando Papa torna libero, l’avvocato GFM commenta: “Adesso sta al buon cuore di Gianluca restituirmeli”.
Ecco su cosa si fonderebbe l’inchiesta che vede l’onorevole della Lega Nord, Gianluca Pini indagato per millantato credito, reato che prevede una pena da 2 a 6 anni, in quanto avrebbe indotto l’avvocato Gfm a pagare 15.000 euro prospettando la possibilità di intercedere in senso a lui favorevole su più persone che oltre ad essere parlamentari potevano in astratto influire sulla commissione del concorso.
Le indagini, che sono ancora all’inizio, lasciano credere che vi saranno altri indagati. Pini, l’onorevole dei “barbari sognanti”, nome coniato da Roberto Maroni, in attesa di essere interrogato settimana prossima, al telefono ci spiega: “Debbo fare mente locale ma sono sereno, l’addebito contraddice l’essenza stessa della mia azione politica improntata alla tutela della legalità e della trasparenza”.
Mentre all’Ansa, con riferimento agli articoli del Fatto, dichiara: “Di certo, dopo tante illazioni giornalistiche, mi aspettavo qualcosa di simile”.
Sandra Amurri
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 11th, 2012 Riccardo Fucile
L’USO PRIVATO DELL’AIRBUS DELLA REPUBBLICA DA PARTE DELL’EX MINISTRO PADAGNO, SALVATO DALLA GIUNTA PER AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE IN PURO STILE “ROMA LADRONA”
Se non ci fosse stato lui, il volo di Stato “per motivi personali” dell’allora ministro Roberto
Calderoli sarebbe passato inosservato.
Non ci sarebbero stati l’esposto, l’indagine della Procura di Roma per truffa aggravata e, di conseguenza, il pronunciamento della Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato, che mercoledì scorso ha negato a maggioranza la richiesta dei pm capitolini.
La sua iniziativa, quindi, per ora si è rivelata un mezzo buco nell’acqua, almeno dal punto di vista dell’iter giudiziario-parlamentare.
Ciò non toglie, però, che la denuncia ha reso pubblico il comportamento poco istituzionale dell’esponente del Carroccio, almeno a sentire le accuse avanzate dai pm.
Il lui in questione è Fabrizio Biolè, 35 anni a luglio, consigliere regionale del Piemonte, eletto nel 2010 con il Movimento 5 Stelle grazie alle 737 preferenze raccolte nella circoscrizione di Cuneo.
E proprio nei dintorni di Cuneo si trovava il 19 gennaio dello scorso anno, quando un suo conoscente gli ha segnalato che quella mattina era atterrato all’aeroporto di Levaldigi un Airbus della Repubblica Italiana con a bordo Calderoli.
Fabrizio Biolè ha deciso di verificare la ‘soffiata’.
“Da tempo in zona si vociferava di aerei di Stato che atterravano a Levaldigi, questa volta avevo la possibilità di andare a vedere con i miei occhi e così ho fatto”.
In effetti, un velivolo con la sigla Repubblica italiana era fermo in pista.
“Si trattava certamente di un Airbus, perchè c’era un appassionato di aeronautica che stava scattando alcune foto”.
Il passo succcessivo si è rivelato più difficile: verificare chi ci fosse a bordo.
“Sono andato agli uffici dell’aeroporto e ho chiesto quale fosse il motivo di quella presenza, visto che per quel giorno nel cuneese non erano previsti appuntamenti con la presenza delle quattro più alte cariche dello Stato. Adducendo motivi di privacy, nessuno ha voluto rispondere alle mie domande”.
Biolè non si è arreso: usufruendo di un articolo dello statuto della Regione Piemonte, ha inoltrato a chi di competenza una domanda formale per fare chiarezza su quella presenza insolita.
Ma anche le vie ufficiali non hanno avuto buon esito.
“Dopo una serie di discussioni con i vertici dello scalo, dopo circa un’ora e mezza sono stato spedito al posto fisso di polizia, ma anche in questo caso l’unica cosa che mi hanno detto è che si trattava di un personaggio con alto livello di protezione. Sono rimastro ancora per un po’ di tempo e a un certo punto ho visto arrivare una serie di auto: forse erano quelle che accompagnavano il ministro, ma io Calderoli non l’ho mai visto”.
L’identità del passeggero misterioso è stata scoperta a distanza di qualche giorno, quando Biolè ha divulgato un comunicato stampa per rendere noti i particolari della vicenda e chiedere le risposte che nessuno aveva voluto dargli.
“La redazione di Cuneo de La Stampa ha collegato il volo di Stato a Calderoli, che proprio in quei giorni si trovava in zona — ha raccontato Biolè -. A questo punto, l’entourage dell’allora ministro della Semplificazione ha risposto al quotidiano di Torino. Dicendo tre cose: che il ministro si trovava a Cuneo per l’incidente occorso al figlio della sua compagna; che l’aereo con cui avrebbe fatto ritorno a Roma non era un Airbus di Stato; che il ministro era arrivato all’aeroporto con mezzi propri per rientrare a Roma in tutta fretta”.
Il motivo?
Doveva partecipare a una seduta della Commissione parlamentare sul federalismo.
“Non era vero — ha detto Biolè — Ho cercato su internet e ho scoperto che quel giorno non c’era nessuna riunione della Commissione. Fatto sta che avevo tutti gli elementi che mi servivano, li ho raccolti e ho presentato un esposto alla Procura di Cuneo”.
Dopo mesi di silenzio, a gennaio la questione è diventata di dominio pubblico.
I giornali hanno scritto di Calderoli indagato per truffa aggravata, la Procura di Roma ha inviato l’incartamento al Tribunale dei ministri e, storia di appena una settimana fa, la Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato ha respinto la richiesta.
Per loro, la versione fornita dal ministro (volo legato a “comprovate e inderogabili esigenze di trasferimento connesse all’esercizio di funzioni istituzionali”) era credibile.
Peccato che la Procura e le indagini in proprio del Tribunale dei ministri parlavano di “artifici e raggiri” di Calderoli ai danni dei funzionari della Presidenza del Consiglio per ottenere il volo di Stato per motivi strettamente personali”.
“Non posso negare di essere molto amareggiato da questa decisione — ha confidato il consigliere regionale ‘grillino’ — Considerando il momento che sta vivendo il Paese, speravo in un comportamento diverso da parte dei parlamentari della Giunta, in un segnale in controtendenza. E invece non è cambiato nulla: deputati e senatori continuano ad usufruire di quell’ingiusto privilegio che si chiama ‘autorizzazione a procedere’ a scapito dei cittadini, tanto che le indagini sulle loro malefatte vengono autorizzate dai loro colleghi di partito. Calderoli sarebbe dovuto andare davanti al giudice e dimostrare le sue ragioni, ma come al solito la casta si è autodifesa”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 11th, 2012 Riccardo Fucile
LO STATO RIMANE CREDITORE DI UNA SCATOLA GIA’ SVUOTATA… L’AUTORE DELLA NORMA SULLA RESPONSABILITA’ CIVILE DEI MAGISTRATI NE HA DI COSE DA CHIARIRE
Il 4 febbraio scorso il Fatto Quotidiano pubblica l’articolo dal titolo “Pini evasore a sua insaputa”
in cui, tra l’altro, ricostruisce la storia della Nikenny Corporation srl — di cui l’onorevole leghista Pini, autore dell’emendamento sulla responsabilità civile dei magistrati, è socio di maggioranza e procuratore institore — debitrice allo Stato di circa 2 milioni di euro per imposte accertate. L’onorevole leghista Gianluca Pini ci invia una richiesta di rettifica in cui senza entrare nel merito dei fatti, accusa noi e i magistrati di utilizzare “metodi mafiosi” per “sputtanarlo politicamente”.
Lettera che abbiamo pubblicato sul sito e che non rettifica nulla, ma ci diffama.
Invece Pini scrive il contrario su Facebook e Twitter: “Naturalmente al Fatto sono troppo democratici e non han pubblicato la mia risposta. E il direttore si nega al telefono. Che coraggio eh?”, suscitando i commenti di “barbari sognanti” (i seguaci di Roberto Maroni) del tipo: “È un giornale con cui non vale la pena neanche di pulirsi il c… forse i giornalisti che ci lavorano ci si possono pulire la bocca… infami non forniti di materia umana persevera e vediamo se è rimasto loro anche un solo spigolo che non sia ostruito dal fango”.
L’onorevole Pini continua a ripetere che lui è parte lesa, che è stato truffato. Ne prendiamo atto, ma questa è la storia.
L’onorevole Pini è socio di maggioranza relativa al 40 % con carica di procuratore institore (dal 29 maggio 2002 al primo dicembre 2010) della società Nikenny Corporation srl (che passa dal commercio di apparecchiature elettromeccaniche all’importazione di caffè al ginseng dalla Malesia) costituita il 19 aprile 2002.
Amministratrice unica è Alessia Ferrari socia al 30 %; altri due soci con il 15 % ciascuno sono il leghista Avio Bellagamba e Maurizio Parma del consiglio provinciale della Lega Nord di Piacenza.
Nel 2004 la Guardia di Finanza scopre che “al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, la società ha utilizzato fatture per operazioni inesistenti per l’anno 2004 per complessivi euro 1. 419. 044 (fatture emesse dalla Tech Line srl) e nell’anno 2003 per fatture emesse dalla Full Service srl per euro 627, 00 e ha emesso fatture alla Full Service per euro 217. 243, 61”.
A risponderne penalmente è l’amministratore unico, Alessia Ferrari, il processo in corso cadrà in prescrizione.
A questo punto Pini, già deputato della Lega Nord — quella che tuona contro “Roma ladrona” per intenderci — cosa fa?
Escogita un piano per salvare la propria attività dall’aggressione dello Stato creditore.
Il 28 dicembre 2010, mentre la Nikenny Corporation è ancora attiva, costituisce la Gold Choice Europe srl, sempre per l’importazione di caffè: Pini è l’amministratore e il socio di maggioranza, mentre il socio di minoranza è Paola Ragazzini anche lei leghista e sua compagna, tecnico di laboratorio alla Usl di Ravenna in aspettativa per ragioni familiari fino al prossimo 31 agosto.
All’insaputa dell’amministratrice unica Ferrari, Pini vi trasferisce l’attività della Nikenny Corporation srl trasformando di fatto la società debitrice allo Stato per quasi 2 milioni di euro in una scatola vuota.
Prova del trasferimento dell’attività è il contratto di esclusiva con lo stesso fornitore di caffè malese della Nikenny Corporation.
Non sappiamo come l’avrà presa Alessia Ferrari, quando ha scoperto di essere diventata amministratore unico di una “scatola vuota”; probabilmente maluccio visto che il 14 febbraio 2011 viene destituita dall’assemblea dei soci (ricordiamo che Pini ha il 40 %) e sostituita da Elvio Bagnara, anche lui leghista nonchè magazziniere della Nikenny Corporation srl.
La società viene quindi messa in liquidazione. Indovinate chi viene nominato liquidatore?
L’amministratore-magazziniere Elvio Bagnara che somiglia tanto alla classica “testa di legno”.
Un’operazione perfetta per non onorare il debito milionario.
Sempre che il creditore, cioè lo Stato, per riprendersi ciò che gli spetta, non mandi la Guardia di Finanza, o l’Ufficio delle Entrate a bussare alla porta della Gold Choise Europe srl, società al 90 % di Pini dove è stata trasferita l’attività della società debitrice per quasi 2 milioni di euro (che in questi tempi di crisi non farebbero male alle casse pubbliche).
Fin qui i fatti tutti documentati.
Se l’onorevole Pini volesse risponderci su questi fatti, saremmo ben lieti di ospitare una sua replica.
Riassumiamo gli interrogativi per agevolarlo.
1) Se, come afferma, è parte lesa in quanto non aveva alcun potere nella Nikenny Corporation e non curava i rapporti con i fornitori, come ha fatto a svuotare in un baleno la società debitrice allo Stato per circa 2 milioni di euro trasferendo, all’insaputa dell’amministratrice, l’intera attività alla nuova società ?
2) Come mai era lui, e non l’amministratrice Ferrari, a firmare il contratto di esclusiva con il fornitore malese di caffè, esclusiva passata alla sua Gold Choice Europe srl?
3) A quale titolo, allora, utilizzava la carta di credito intestata alla società che pagava mensilmente estratti conto di 1. 000 o 1. 600 euro?
4) A quale titolo ha fatto acquistare dalla società per circa 90 mila euro una Bmw X 6 con cui andava e va ancora in giro (non sappiamo se ora l’auto sia intestata alla nuova società ), non pagando, tra l’altro, multe per 4. 300 euro? 5) A quale titolo usava il cellulare intestato alla società che pagava bollette di 2 mila euro a volta?
6) A quale titolo faceva intestare dal ristorante Don Abbondio di Forlì le fatture dei suoi pranzi e delle sue cene alla società di cui, come sostiene, era solo socio di capitale?
In sintesi: se l’onorevole non aveva alcun potere nella Nikenny Corporation, come mai quanto meno fino all’ 11 luglio del 2011, giorno in cui è stata messa in liquidazione, ha goduto di tutti questi fringe benefits, sui quali, tra l’altro, si dovrebbero anche pagare le relative tasse?
Infine, l’onorevole nella lettera al Fatto scrive: “Dalla data della mia prima elezione non ho più svolto il ruolo di procuratore o amministratore di alcuna ditta e quello al quale si fa riferimento nel pezzo è stato rimesso nel 2009”. Ma le date non tornano: come forse l’onorevole Pini saprà , l’onorevole Pini è stato eletto deputato nell’aprile del 2006 e si è dimesso da procuratore institore della Nikenny Corporation srl il primo dicembre del 2010, esattamente 27 giorni prima della costituzione della Gold Choice Europe srl. L’on. Pini parla mai con l’on. Pini?
(da”Il Fatto Quotidiano“)
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