SCOOP DEL SECOLO XIX: “CRAC E ASSEGNI FALSI, LA STORIA SEGRETA DEL TESORIERE DELLA LEGA BELSITO”
COME FECE FORTUNA IL CASSIERE LEGHISTA: MILIARDI DI LIRE SPARITE E AMICIZIE PERICOLOSE… IL CURATORE FALLIMENTARE SCRIVE: “SI E’ INTASCATO CENTINAIA DI MILIONI DI LIRE, INTESTANDOSI INDEBITAMENTE ASSEGNI, OLTRE AD AVER ABUSATO DELLE CARTE DI CREDITO PER FARE LA BELLA VITA”…MOLTI SUOI SOCI ARRESTATI O CONDANNATI PER TRUFFE
Assegni spariti o falsificati. Fallimenti a catena e amicizie pericolose.
Un “tesoro” ottenuto da un (ex) amico, ammanicato alla peggiore prima Repubblica, che oggi lo accusa di averlo ridotto sul lastrico.
E una serie di acrobazie finanziarie – sul filo di due inchiesta archiviate per un pelo – che ne raccontano un passato finora ignoto, in cui parrebbe aver messo da parte, non si sa come, due miliardi delle vecchie lire.
Decisivi a fargli spiccare quel salto di qualità politico, sortto forma di sostegno alle campagne elettorali, dopo il quale è stato proiettato nell’Olimpo padano.
Chi è il potente tesoriere della Lega Nord, Francesco Belsito?
Chi è il piccolo impresario delle pulizie, oggi 41enne, divenuto sottosegretario alla Semplificazione normativa nell’ultimo governo Berlusconi, oltre che amministratore di un patrimonio da oltre 22 milioni di euro in contributi elettorali pubblici solo nel 2010?
Cosa c’è nella vita precedente dell’uomo legato a filo rosso con Umberto Bossi?
Il suo nome era finito recentemente alla ribalta poichè s’era scoperto che il denaro pagato dagli italiani per foraggiare la Lega era stato dirottato in Tanzania e a Cipro.
Oggi però il Secolo XIX è in grado di ripercorrere, documenti inediti alla mano, un ottovolante di miliardi, avvisi di garanzia, crac, affari immobiliari e alleanze a dir poco avventurose.
L’antefatto della sua storia politica, sempre in simbiosi con un fiume di soldi.
Per orientarsi bisogna partire dal caso di una strana azienda creata a Genova, la Cooperativa servizi tecnologici Liguria srl, dichiarata fallita a Genova il 16 novembre 2000.
Belsito fa parte del consiglio di amministrazione dal’11 ottobre 1998 al 17 luglio 1999.
Con lui entra Ermanno Pleba, ex fedelissimo della DC, piazzato in varie società semipubbliche fin dagli anni ’90, che oggi racconta di aver perso un miliardo e quattro appartamenti per colpa di Belsito.
Quando va a carte quarantotto la Cost Liguria, è nominato curatore fallimentare Paolo Lanzillotta: è lui a spedire in tribunale il dossier che fotografa l’andamento del gruppo.
Il curatore scrive: “ho potuto accertare l’emissione non giustificata di assegni, cambiali ed effetti a Pleba e Belsito, già amministratori della fallita Cost Service. Il signor Varanzi ha dichiarato che la causa unica del dissesto è correlata alla sottoscrizione di alcuni contratti con primarie società genovesi. A fronte di tali contratti, stipulati con l’intermediazione di Belsito e Pleba, poi rivelatisi fasulli in quanto contraffatti e falsificati nelle firme, la società effettuava investimenti addebitandosi con le banche”.
Belsito è indagato per bancarotta e fatture false, insieme agli altri soci, la pratica si trascina tra un pm e un altro.
Il 2 febbraio 2004, mentre la carriera politica di Belsito avanza, il curatore Lanzillotta rileva nuovamente: “l’emissione non giustificata di assegni e cambiali a suo favore per un importo di lire 625.036.500”.
Non solo: “Per Belsito sono stati raccolti assegni firmati dallo stesso a nome della cooperativa per spese non giustificate e assegni non intestati e firmati a nome di Varanzi con firma non riconosciuta”.
C’è il sospetto che Belsito si sia girato altri assegni, taroccando la firme altrui.
Scrive il curatore: “Non sono riuscito a reperire nei documenti contabili gli estratti, emergono numerosi acquisti presumibilmente a titolo personale”
Per scagionare Belsito dagli addebiti penali, i pm riterranno sufficiente la data di uscita ufficiale dal consiglio di amministrazione, antecedente all’emissione di una serie di fatture fasulle.
“In realtà – dice il suo vecchio socio Pleba – faceva sempre tutto lui”.
E Massimo Varanzi, presidente del Cda rincara la dose: “Belsito e Pleba avevano falsificato la mia firma su assegni e cambiali, depositato la propria su alcune banche, riuscendo a versare e immediatamente far sparire somme di cui ignoro la provenienza. Ritengo che il mio conto possa essere servito quale mezzo per ripulire denaro di dubbia provenienza”.
E le fatture false? “Belsito ha provveduto a compilare i documenti fasulli concordati”.
Belsito viene sottoposto a sette interrogatori tra la fine del 200 e l’inizio del 2001.
Si difende sostenendo che è tutta una montatura di Varanzi, ma qualcosa è costretto ad ammettere.
A proposito di una cambiale di svariati milioni dice: “Ho cercato di imitare la sua grafia, ma me lo aveva detto lui”.
Belsito annuncia ai magistrati di allora che presenterà querela contro Varanzi, ma caso strano, non risulta sia mai stata presentata.
(1 continua)
Matteo Indice e Giovanni Mari
(da “Il Secolo XIX“)
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