CHE FINE HANNO FATTO I PROFUGHI DELLA SEA WATCH: ECCO DOVE SONO
“QUANDO HANNO SAPUTO DELLA LIBERAZIONE DI CAROLA SI SONO RACCOLTI A PREGARE IN LACRIME DAVANTI ALLA CHIESA, LE DEVONO LA VITA”
La vicenda, ormai nota, è quella dei 53 migranti salvati il 12 giugno dai volontari della Sea Watch a 47 miglia da Zawiya. Carola è dunque libera. La Capitana della Sea-Watch 3 ha lasciato Agrigento dopo che il pm ha negato il nullaosta per l’espulsione.
Ma in tutta questa vicenda, in cui l’attenzione mediatica e il dibattito politico si sono focalizzati sullo scontro tra il ministro dell’Interno Matteo Salvini e la Capitana Carola e la conseguente vicenda giudiziaria, abbiamo in parte “dimenticato” la sorte di quelle 53 persone che erano a bordo della Sea Watch e per le quali si è tanto discusso.
Cosa sarà di loro? Dove sono adesso? Come stanno e cosa pensano di questo Paese? Che speranze serbano?
Lo abbiamo chiesto ad Alberdo Mallardo, operatore del programma Mediterranean Hope, della Federazione delle Chiese evangeliche.
Alberto si occupa da sempre di assistenza ai migranti e ha avuto modo di interagire con le persone poi sbarcate dalla Sea Watch.
“Le 40 persone che fino a oggi erano nell’hotspot di Lampedusa, in questi minuti stanno per essere trasferite a Porto Empedocle dove sapranno se verranno dislocate nei 4 paesi europei che si sono resi disponibili ad accoglierli: Lussemburgo, Olanda, Francia e Germania. Dovremmo capire nei prossimi come procederà questo ricollocamento”.
Hanno espresso preferenze per il ricollocamento o vogliono restare in Italia?
Ogni caso è diverso dall’altro. I ragazzi avrebbero il desiderio di essere ricollocati in altri paesi europei, qualora il processo andasse in porto sarebbero felici. Se ci sarà la possibilità di esere trasferiti saranno felici di farlo. In alternativa alcuni di loro vorrebbero andare a Roma, i progetti migratori non sono così definiti. Francia e Germania sono le mete più ambite.
E invece dei 13 fatti sbarcare per i motivi sanitari?
Ora sono in un centro nell’agrigentino in attesa di conoscere il loro futuro.
La vicenda della Sea Watch è durata molto, cosa è arrivato loro di tutto il frastuono?
In generale non hanno piacere a ripercorrere le fasi del viaggio e la permanenza in Libia, da quello che capivo sono stati trattenuti diversi mesi in Libia, alcune hanno lavorato lì e sono stati chiusi nei centri di detenzione dai 3 ai 4 mesi.
Erano coscienti di quello che succedeva sulla nave. Sono informati dei pericoli che corrono quanto intraprendono il viaggio?
Loro sapevano più o meno quello che succedeva in mare, che è sempre più complicato delle aspettative, ma questo non li ferma. Non si immaginavano in Libia il livello di violenza che hanno dovuto subire. Loro sanno che rischiano la vita anche in Libia ma quando poi vivono quelle violenza, i segni che portano sono indelebili.
Come hanno preso la notizia della liberazione di Carola?
Quando siamo andati a informarli della liberazione di Carola siamo stati testimoni di un momento di gioia e commozione importante: decine di ragazzi di fronte la chiesa hanno iniziato a pregare, si sono abbracciati tra loro. Abbiamo mandato un video di ringraziamento anche a Carola per il supporto per quello che ha fatto. Dicevano che le devono la vita.
(da TPI)
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