COME PRENDERE I VOTI DI CHI VUOLE LA CHIUSURA DELL’ILVA E POI TRATTARE UN COMPROMESSO AL RIBASSO CON MITTEL PER RIAPRIRLA
A TARANTO EMERGE LA SOLITA CONTRADDIZIONE DEL M5S E LA BASE PENTASTELLATA LOCALE PARLA DI TRADIMENTO… MITTEL E SINDACATI PRONTI ALL’ACCORDO CON LA BENEDIZIONE DI DI MAIO
Dalle 14 di oggi sindacati, commissari dell’Ilva, Arcelor Mittal e Governo si incontrano al Mise per cercare la stretta finale al negoziato sul definitivo passaggio della società dall’amministrazione straordinaria al nuovo investitore.
Il tempo è agli sgoccioli: il 15 settembre scade la proroga ai commissari e a fine mese l’Ilva, che già perde un milione al giorno, finisce i soldi in cassa.
Attorno al tavolo, oltre alle sigle metalmeccaniche, anche quelle di altre organizzazioni come trasporti e chimici essendo comprese nel perimetro Ilva, e quindi soggette a cessione, anche aziende diverse come Taranto Energia, le cui centrali sostengono l’approvvigionamento energetico del sito di Taranto, o Ilva servizi marittimi, che gestisce la flotta delle navi per il trasporto delle materie prime. È evidente però che il focus sia tutto sulla capogruppo Ilva.
Per la rilevanza strategica dell’azienda, per il suo impatto ambientale e occupazionale, per i numeri in gioco.
Nessuna delle parti in causa dichiara ottimismo, anche perchè ci sono ancora diversi nodi da sciogliere, tuttavia c’è cauta fiducia. Secondo fonti vicine al dossier, la “quadra” potrebbe arrivare con una ridefinizione degli impegni ambientali di Mittal su Taranto e con un aumento di alcune centinaia di unità del numero di addetti che lo stesso Mittal dovrà assumere.
La partita si gioca su questo terreno sia perchè il ministro Luigi Di Maio, che sta gestendo il caso da metà giugno, ha sinora reputato non adeguata alle aspettative del Governo l’offerta ambientale e occupazionale di Mittal, sia perchè al doppio miglioramento, Di Maio ha subordinato la tutela del pubblico interesse.
Che è l’aspetto che non deve venir meno se si vuole mantenere l’aggiudicazione dell’Ilva a Mittal attraverso la partecipata Am Investco dopo che Di Maio, forte dei pareri dell’Autorita Anticorruzione e dell’Avvocatura dello Stato, ha dichiarato che la gara conclusasi a giugno 2017 è illegittima.
Ma l’illegittimità , ha subito spiegato Di Maio, non basta a far annullare la gara; occorre che ci sia anche una ragione concreta di pubblico interesse. E questo pubblico interesse si può ancora salvare se con Mittal si definisce un’intesa avanzata proprio sul risanamento ambientale e sui posti di lavoro.
Sul primo punto, Mittal ha rafforzato gli impegni a suo carico in relazione al contratto di aggiudicazione sottoscritto con i commissari un anno fa.
Rispetto a quest’avanzamento, ci potrebbe essere una riduzione ulteriore delle tempistiche di alcuni interventi in modo che la messa in sicurezza ambientale di tutto il sito sia la più accelerata possibile e si concluda prima del 2023.
Che è la data ultima stabilita nel Dpcm di settembre 2017 relativo all’Autorizzazione integrata ambientale. Intanto, è stato già valutato positivamente dai sindacati l’avanzamento dei lavori relativi alla copertura dei parchi minerali, che, sotto il profilo della lotta alle emissioni e al contrasto alle polveri, è tra gli interventi più significativi.
Lunedì i sindacati hanno effettuato un sopralluogo all’area di cantiere della copertura parchi minerali e riscontrato che, dopo l’avvio a febbraio scorso, una serie di opere preliminari sono già state costruite, comprese le quattro grandi torri che reggeranno l’enorme copertura ad archi che sarà in acciaio prodotto dalla stessa Ilva, costo dell’opera circa 300 milioni.
Sull’occupazione, Mittal non ha ancora esplicitato una proposta nuova.
Ufficialmente sarebbe quindi ancora fermo ai 10mila assunti, massimo 10.100, numero considerato inadeguato da sindacati e Governo.
Ma è anche vero che la multinazionale nelle scorse settimane si è detta disponibile a trovare una soluzione soddisfacente per tutti a condizione, però, di non compromettere il conto economico dell’intera operazione.
E allora può essere possibile che l’asticella degli occupati sia portata a 10.500-10.700, magari non tutti subito, ma in due tranche. In questo modo, essendo meno di 14mila tutti gli addetti Ilva, i circa 2.500 o più che rimarrebbero fuori, verrebbero gradualmente avviati ad un piano di esodi volontari, agevolati e incentivati.
Ci sarebbe un bonus di 100mila euro lordi a testa. In ogni caso, sin quando non ci sarà il passaggio a Mittal o l’uscita anticipata volontaria, ci sarebbe la copertura della cassa integrazione straordinaria.
Ma un accordo con Mittal potrebbe avere contraccolpi politici, visto che a Taranto molti movimenti ambientalisti, che hanno votato Cinque Stelle a marzo, vogliono la chiusura dell’Ilva e sulla stessa linea è anche la base pentastellata locale.
C’è infatti da settimane un pressing sui social. Si parla di «tradimento del mandato elettorale» e per domani sera diversi movimenti hanno indetto nel centro di Taranto un nuovo presidio di protesta.
Presidio “no stop” cittadini: «Fabbrica va chiusa»
Singoli cittadini di Taranto, sostenuti da associazioni, medici e comitati, organizzano un sit-in (24 ore no-stop) in piazza della Vittoria, a partire dalle ore 18 di domani, per chiedere al ministro Di Maio e all’Esecutivo di tenere fede «alle promesse elettorali sottoscritte nel `Contratto di governo con la Lega’ che prevede la chiusura delle fonti inquinanti».
L’iniziativa, viene precisato, nasce «alla luce delle ultime dichiarazioni del Governo che – in piena continuità con i governi precedenti – intende cedere l’Ilva al gruppo ArcelorMittal condannando, di fatto, Taranto ad almeno altri 10 anni di inquinamento, malattia e morte»
In piazza «per una 24 ore di dibattito e sensibilizzazione sulle criticità sanitarie ed ambientali – aggiungono cittadini e associazioni – accanto a proposte che, partendo dalla chiusura del siderurgico, prevedono la decontaminazione e la bonifica ad opera degli attuali lavoratori Ilva, in una nuova prospettiva di riconversione economica dell’intero territorio».
(da “La Stampa”)
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