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CONTRO LA FECCIA DEL WEB HA VINTO IL CORAGGIO DELLA BOLDRINI

QUELLO CHE AVREBBE DOVUTO FARE UNA DESTRA DELLA LEGALITA’: DENUNCIARE I DELINQUENTI INVECE CHE ISTIGARLI

Recentemente sul profilo ufficiale di Laura Boldrini c’è stata una diretta Facebook, durante la quale la presidente ha annunciato la propria candidatura per le imminenti elezioni. Chi la stimava ne è stato felice, ma in molti hanno detto anche che forse era impazzita a pensare di candidarsi al servizio di un popolo così barbaro quali ci siamo dimostrati, in particolare con lei, e un po’ anche ad annunciarlo dal vivo proprio tramite il mezzo che tanta violenza ha portato alla sua persona. Ma lei, donna di fede sia nell’umanità  che nelle istituzioni, naturalmente ha fatto a modo suo.
Mentre faceva il suo discorso in diretta, sono arrivati molti cuori. Poi pollici alzati, sorrisi, fiori virtuali, vicinanza, gratitudine, riconoscenza e riconoscimento. Tanti uomini e donne le hanno mostrato affetto e sostegno, cosa che peraltro avevano sempre fatto ma si sa, fa più audience una donna minacciata di una donna sostenuta, o almeno così piace intenderla a molti media che privilegiano lo scandalo alla notizia. Naturalmente sono arrivate anche molte critiche, severe, aspre, addirittura feroci, che la politica è politica, ma sempre nella gamma della legalità , perchè ormai quel confine è stato segnato e in quest’occasione si è visto benissimo.
La “maestrina”, come continuano a chiamarla (sempre più a bassa voce) i suoi hater, che mi piace immaginare sul divano di casa loro a guardare la diretta da casa schiumando di rabbia, sorrideva dal palco a questa nuova era che iniziava e alle persone che erano lì per lei.
Immagino si sia sentita soddisfatta, alla fine del suo mandato ha lasciato un mondo un po’ più civile e un po’ più libero per tutti, e ripristinando il rispetto delle regole ha compiuto il proprio lavoro istituzionale.
E anche sul ruolo di prof non ha difettato, dicono a bassa voce e con un po’ di ironia i suoi sostenitori più stretti: una lezione alla fine l’ha data a tutti, e che lezione!
Ma cos’è successo, come siamo passati dalla presidente più bersagliata dalla storia a questo ritorno all’ordine, al rispetto, alla civiltà ?
All’inizio era il Far web. La rete, annunciata ai suoi albori come la rivoluzione epocale delle comunicazioni e dei rapporti umani, lo spazio virtuale grazie al quale cultura e conoscenza avrebbero finalmente avuto molti meno limiti, il mondo in cui i database avrebbero dialogato per risolvere rapidamente problemi di criminalità , salute e lavoro, si era rivelata presto una discreta delusione.
Non del tutto ovviamente, tante buone risorse erano state attivate e molte persone godevano dei benefici del web: le relazioni a distanza diventavano più facili, trovare ricette di cucina o articoli di botanica era questione di un click, si poteva far conoscere velocemente le proprie idee e progetti al mondo intero, i giornali costavano molto meno e su Youtube c’erano tutorial per tutto. Insomma tante belle possibilità  accessibili comodamente da casa.
Però, come tutti gli spazi potenzialmente meravigliosi affidati all’essere umano senza controlli rigidi (si veda il precedente del caso Pianeta Terra), presto l’ambiente ha cominciato a deteriorarsi, diventando un luogo sempre meno ospitale e sempre più pericoloso.
Non appena la tecnologia è diventata accessibile alle masse, una specie di selvaggi particolarmente violenti chiamati hater ha cominciato a imperversare in tutti gli spazi virtuali, portando scompiglio e terrore ovunque.
Gli hater agivano come un gruppo di affiliati, seguendo un sistema di regole fatto di codici chiari e condivisi.
Si muovevano spesso soli e non avevano necessariamente l’aria pericolosa, ma individuarli era semplice, soprattutto quando decidevano di palesarsi iniziando un conflitto, generalmente attraverso parole d’odio, minacce o meccanismi di bullismo di gruppo.
Il loro obiettivo era distruggere tutto ciò che non somigliava loro e, per la regola del clan, la battaglia di ogni hater rappresentava quella di tutti. Perciò, quando uno di loro sferrava un attacco, gli altri si accodavano immediatamente e a priori per combattere al suo fianco.
Piano piano è diventato evidente che la violenza non risparmiava nessuno e aveva molti modi per esprimersi: incitamento all’odio nei confronti di tutti i portatori di quelle che venivano ritenute diversità  dal modello (per colore della pelle, fede religiosa, preferenze sessuali, disabilità ), tormentoni che prendevano di mira adolescenti e che diventavano virali perseguitando ragazzini e ragazzine nelle loro comunità  di riferimento, furti di foto o video intimi, soprattutto di donne, riprodotti, messi in rete e rimpallati all’infinito che hanno trasformato la vita delle protagoniste in un inferno, così pesante e così buio che per uscirne alcune di loro — come Carolina Picchio, 14 anni, o Tiziana Cantone, 33 — alla fine hanno deciso di uccidersi, ritenendo la morte preferibile a quella vita da bersagli.
I telegiornali hanno cominciato a occuparsene sempre più spesso e con servizi sempre più allarmanti, in rete piovevano articoli quotidianamente (molto, molto meno cliccati dai video di cui sopra), la comunità  europea stanziava fondi per la lotta al cyberbullismo, soprattutto nelle scuole, mentre dalle istituzioni qualcuno faceva orecchie da mercante e altri invocavano l’intervento di Google o Zuckerberg.
Nel frattempo la gente aveva sempre più paura, e l’unica soluzione che in molti avevano trovato era di farsi notare il meno possibile e di rifugiarsi in casa in silenzio ogni volta che all’orizzonte compariva un hater, chiudendo tutte le finestre e sperando che se ne andasse presto per tornare alle proprie chiacchiere online.
Questo ha prodotto una presa di potere sempre maggiore di questi barbari, che ormai agivano alla luce del sole e non avevano paura di nessuno.
La situazione era così grave che colpivano indistintamente persone comuni, cariche pubbliche e vip del mondo dello spettacolo, e anche alcuni uomini politici e direttori di quotidiani nazionali (entrambi rappresentanti di realtà  sovvenzionate da fondi pubblici) si unirono al clan, lanciando ciclicamente vere e proprie bombe impregnate di carburante dai rispettivi siti web, per poi guardare l’incendio prodotto, dicendo con compiacimento: “è la gente che si esprime, è questa la democrazia”.
Si arrivò al punto in cui nessuno credeva che fosse più possibile fermarli in alcun modo, tranne una donna delle istituzioni, la presidente della Camera, che nella sua vita aveva visto tante forme di violenza e i loro effetti declinati in mille modi e che, sapendo che abbassare la testa era il primo passo per farsela schiacciare, decise di non farsi intimidire.
Inutile dire che lei stessa era fra i bersagli favoriti dagli hater di tutti i livelli: “Le leggi ci sono” diceva “dobbiamo farle rispettare”, ma aveva scarsissima collaborazione dai colleghi, poco interessati a combattere quella battaglia, chi perchè pensava che un esercito di mercenari online a piede libero può sempre far comodo, chi perchè non vedeva l’utilità  di esporsi senza un diretto tornaconto personale.
La “maestrina”, come la chiamavano i suoi detrattori perchè parlava di regole e legalità  e aveva la pretesa di far rispettare entrambe, non si scusava certo di andare per la sua strada e proseguì da sola la sua lotta.
Si guadagnò così, sfidando gli odiatori, una sfilza di titoli che la incoronavano come la più odiata dagli italiani, “tornasse a fare il lavoro per cui è pagata, invece che venirci a dire come dobbiamo comportarci” tuonavano detrattori e opposizione politica, senza mai definire quale fosse — secondo loro – il lavoro che avrebbe dovuto fare lei, che imperterrita continuava la sua battaglia di civiltà  senza lamentarsi.
La situazione era ormai fuori controllo, gli attacchi colpivano tutti e le reazioni anche fra le persone più note erano molto diverse: chi come Bebe Vio giovanissima atleta bersagliata ha scelto di riderci su, usando gli attacchi contro di lei per dimostrare ancora di più la sua determinazione, chi come Alessandro Gassman uno degli uomini più amati e desiderati della nazione non ha retto tanta violenza e ha scelto di autosospendersi dai social pur di non dover subire ancora gli attacchi, chi come Emma Marrone cantante e pasionaria televisiva ha deciso di incontrare uno dei suoi hater davanti alle telecamere di un programma tv, chi come Selvaggia Lucarelli ha deciso di rispondere colpo su colpo a tutti, mettendoli davanti alle loro azioni e rivelandosi una vera lottatrice mediatica, mandandone a casa ben più di uno con la coda fra le gambe.
Ma la gente comune continuava a morire, virtualmente e non, i titoli dei giornali erano sempre più aspri e le vittime sempre più vittime, e un bel giorno la presidente (più che mai bersagliata da insulti, minacce di torture e di morte e finte notizie tese a screditarla agli occhi del popolo) decise di affrontarli direttamente, e di affrontarli alla luce del sole.
Per prima cosa pubblicò nomi e cognomi di coloro che la minacciavano e insultavano: il primo risultato fu che fra le vittime si sparse la voce che era possibile farlo, se lo faceva la presidente!
Così sempre meno persone si sentirono impotenti davanti a quei bulli e sempre di più cominciarono a pubblicarne nomi e volti.
Essi provarono per la prima volta come si sta dall’altra parte, con il popolo del web che ti si ritorce contro, e i meno rabbiosi smisero a quel punto di fare gli odiatori, per paura.
A seguire, pochi mesi dopo la presidente dichiarò che questi registri non sarebbero più stati tollerati e che aveva deciso di adire vie legali contro tutti coloro che, per toni o contenuti, avevano incitato all’odio e avevano superato il confine della legalità .
L’effetto fu immediato – come si può vedere sui profili social, ufficiali e non, della presidente -: un silenzio assordante si levò dalla rete, che per qualche ora rimase col fiato sospeso: incredule le vittime, attoniti gli aggressori.
Passati i primi giorni e passato lo sconvolgimento, lentamente un nuovo clima prese a spargersi nel mondo digitale, il velo era caduto: i prepotenti si erano sgonfiati come palloncini al sole ed erano pronti a scusarsi di qualsiasi cosa per evitare non solo le vie legali, ma anche di essere messi pubblicamente di fronte alle azioni commesse soprattutto agli occhi di datori di lavoro, madri, fidanzate e mogli, molte delle quali improvvisamente destate dal torpore, avevano dichiarato che un simile comportamento non l’avrebbero più tollerato.
Le persone minacciate trovarono, nel nuovo clima, il coraggio di raccontare i loro vissuti.
Parlavano del malessere per quel periodo di odio, della paura che avevano avuto per loro stessi o per figli e nipoti, più giovani e meno in grado di difendersi.
Parlando si alleggerivano di un peso e confrontandosi incontravano tante altre persone che li potevano sostenere e capire, scoprendo così che la solitudine che avevano sperimentato era soprattutto frutto del silenzio e della paura.
Lentamente, giorno dopo giorno, le vittime aiutavano altre vittime diventando sostenitori, i paurosi diventavano coraggiosi, chi si era sentito l’unico al mondo scopriva che le persone che lo potevano comprendere erano tante di più di quante avrebbe mai immaginato e che il web era davvero un luogo come avevano detto all’inizio, dove poter fare rete e risolvere problemi.
Naturalmente gli hater non si sono estinti in quel momento, quelli sopravvivono sempre, ma come per molti prepotenti è bastato loro sentirsi guardati senza paura per cambiare immediatamente registro e trasformare un “devi morire male e lentamente” in un “suvvia stavo scherzando, sono un padre di famiglia, non vorrete rovinarmi la vita”.
Da leoni da tastiera a conigli in fuga il passo è breve, a volte brevissimo.
Magari, aldilà  della perdita di identità , dato che la rabbia avvelena prima di tutto chi la produce, alla fine staranno meglio anche loro. Noi di sicuro.

(da “Huffingtonpost”)

This entry was posted on venerdì, Gennaio 12th, 2018 at 16:37 and is filed under Giustizia. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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