DAGLI STIPENDI AI DEBITI CON ROUSSEAU, I SOLDI DETERMINANO MOLTE DECISIONI POLITICHE NEL M5S
QUANTO VALE IL LORO DATABASE?
“La Chiesa e la roba”, si intitolava un articolo pubblicato dal settimanale Il Mondo il 17 maggio 1960. L’autore, il radicale Ernesto Rossi, sosteneva che fosse la Roba, cioè i soldi, a orientare non poche scelte del Vaticano.
Oggi scopriamo che la Roba determina anche molte decisioni politiche dei grillini. È il cospicuo monte stipendi dei loro 240 parlamentari, infatti, a renderli assai riottosi rispetto alla promessa di lasciare il seggio dopo due mandati, per evitare il professionismo politico.
E sono 450mila euro quelli in ballo con la società Casaleggio ereditata da Davide, il figlio del fondatore. Lui pretende il saldo di questa cifra non versata dai parlamentari (300 euro mensili ciascuno) per continuare a fornire i servizi di democrazia diretta, marchio di fabbrica del Movimento 5 stelle: primarie online, referendum, ratifiche di espulsioni, gestione del blog.
Loro non vogliono più dipendere dalla sua piattaforma Rousseau, la quale però contiene lo strumento più prezioso del M5S: l’elenco degli iscritti, la mailing list, il database.
Che, in un partito senza sedi né dirigenti locali, organizzato solo su web, rappresenta il cuore del sistema. La società Casaleggio non ha mai aperto a nessuno questo scrigno. Incredibilmente, neanche i massimi dirigenti nazionali grillini, da Di Maio a Taverna, da Fico allo stesso Grillo, hanno accesso all’indirizzario dei circa 190mila aderenti.
Se un deputato vuole organizzare un evento nel suo collegio, non può invitare gli iscritti della sua città. Il povero Crimi, quando nel 2016 il candidato sindaco di Milano fu scelto con primarie vere, fisiche, dovette verificare una a una l’iscrizione di ogni votante su un computer al seggio del voto. La srl Casaleggio negò l’elenco perfino a lui, fidato proconsole lombardo.
Quanto può valere commercialmente, allora, questo mitico database M5s?
“I database hanno un valore estremamente variabile, che dipende dal numero di soggetti contenuti, dalla quantità di dati e dalle condizioni che rendano possibile e lecita la cessione”, spiega uno dei massimi esperti italiani di diritto informatico e privacy, l’avvocato bresciano Federico Vincenzi. “Sono come una casa di valore enorme: se si scopre che è abusiva, il prezzo crolla. Egualmente, puoi avere migliaia di dati, ma senza un consenso valido per la loro cessione non si possono trasferire a nessuno”. E quindi? “Non so quali consensi ci siano nel database M5s. Dubito però che siano sufficienti a giustificare la cessione, o addirittura una vendita”.
Perchè? “Il Tribunale di Roma ha definito il rapporto tra utente e Facebook ‘contratto a rilevanza sociale’. Perciò alcune piattaforme, e Rousseau per definizione, non possono essere considerate semplici portali privati: incidono sul dibattito politico, sul futuro del Paese. Credo quindi che i dati delle persone, che si sono iscritte perché vorrebbero – ahimè, il condizionale è d’obbligo – partecipare direttamente al processo democratico, non possano essere oggetto di trattative o cessioni come se si trattasse di semplici dati da cedere per fini pubblicitari”.
Vede una via d’uscita? “Quella più naturale sarebbe chiedere un consenso specifico e consegnare solo i dati di chi dice sì. La situazione è inedita, non poteva esser prevista quando la piattaforma è stata creata. Vedo difficile riciclare vecchi consensi. Ne serve uno nuovo. Una seconda ipotesi potrebbe venire ‘dal basso’: gli utenti/elettori che desiderano essere trasferiti alla nuova dirigenza chiedono – come loro diritto – la portabilità: la Casaleggio non potrebbe opporsi”.
E se non si raggiungesse un accordo? “I dati non sono delle parti, ma degli interessati. Non si può giocare con la democrazia. Debiti e crediti vanno regolati a parte. La soluzione non è fare il prezzo dei dati degli elettori”.
Insomma, la società milanese non può tirare troppo sui soldi. Ora i grillini offrono 150mila per coprire i debiti, più un contratto di servizio per il futuro. Degradando però il rampollo Casaleggio al rango di un qualsiasi fornitore tecnico di assistenza telematica. Addio Rousseau e utopie palingenetiche.
“In ogni caso”, spiega Lorenzo Borrè, legale di molti grillini espulsi, “non ci si può sottrarre al passaggio del voto su Rousseau per approvare le modifiche statutarie che Conte proporrà, perché la piattaforma è attualmente l’unico strumento per votare un nuovo comitato direttivo, come previsto dagli Stati generali di novembre”.
In realtà Conte è già stato acclamato Capo unico, e agisce come tale. “Ma legalmente, senza la ratifica di un voto online Conte non conta nulla”, avverte Borrè.
Insomma, bisogna rispettare lo statuto M5s: per fare inversione a U e tornare al Capo unico, i grillini devono passare per forza da Casaleggio.
Senza accordo, il nuovo partito di Conte dovrebbe ricominciare da zero: costruirsi una nuova mailing list di iscritti e forse perfino rinunciare al simbolo.
Quanto a Casaleggio, potrebbe continuare a usare il suo database solo accusando il nuovo movimento di aver violato lo statuto, per poi eleggere propri dirigenti scismatici.
Scenario fantascientifico. Ai grillini, tramontati gli ideali, non resta che spartirsi la Roba: “Dimmi quanti soldi vuoi”, cantava Zucchero.
(da agenzie)
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