DALL’AFGHANISTAN ALLA MORTE LUNGO I BINARI IN VAL DI SUSA
STORIA DI ULLAH, 15 ANNI E UN SOGNO SPEZZATO
15 anni e tutta la vita davanti. Una vita finita in Val di Susa, lungo i binari del treno di Salbertrand.
La storia di Ullah Rezwan Sheyzad finisce così, in un lungo viaggio dall’Afghanistan, il suo paese, verso la Francia e Parigi, dove il ragazzo voleva raggiungere dei parenti. Ullah, scrive oggi La Stampa, era partito a giugno.
Il suo corpo senza vita è stato trovato sui binari dal personale impegnato a dei lavori di manutenzione della linea ferroviaria. Aveva ancora indosso il suo zaino: dentro una power bank, un cappello di lana e una felpa. Nella tasca dei pantaloni un biglietto: «Chiedi di loro», con nomi e numeri di telefono afgani.
«Arrivo a Parigi, trovo un lavoro e aiuto la mia famiglia. Sono qui per questo», raccontava a chi gli aveva dato riparo a Bosco di Museis a Cercivento, in provincia di Udine.
«Hanno mandato me in Europa perché parlo un po’ di inglese». «Abbiamo cercato in tutti i modi di dissuaderlo, facendogli capire che avrebbe fatto meglio a restare qui. Gli abbiamo spiegato che i sentieri della Valle di Susa sono impervi e pericolosi, soprattutto in questi mesi, ma non ha voluto sentire ragioni. Era un ragazzino, eppure sentiva di avere in mano il futuro della sua intera famiglia», racconta Renato Garibaldi, responsabile della comunità Bosco di Museis: «Aveva 15 anni, l’età di una delle mie figlie», si legge su La Stampa.
Il viaggio
Questo adolescente già grande aveva deciso di andare via dall’Afghanistan pochi mesi prima del ritorno dei talebani al potere nel paese, ad agosto. Un passaggio che, con la partenza degli americani dopo 20 anni, aveva acceso per un attimo troppo breve i riflettori sul martoriato paese degli Aquiloni, ora abbandonato dagli occidentali. 6 mila dollari per quasi 6mila chilometri a un passeur per viaggiare tra Asia e Europa e via, attraverso Afghanistan, Pakistan, Iraq, Turchia, Bulgaria, Serbia, Croazia, Slovenia, l’Italia. Il 3 novembre era stato intercettato dalla polizia in provincia di Udine e identificato. Non ha documenti e viene affidato prima alla struttura Aedis di Udine e poi alla comunità di Cercivento.
«Ho un compito. Andare a Parigi e costruire il futuro della mia famiglia», raccontava all’interprete ripercorrendo la sua storia già troppo lunga.
A Bosco di Museis resta solo una settimana, poi riparte con un altro coetaneo che era invece in viaggio verso il Belgio, da sua sorella. A piedi, perché qualsiasi mezzo – senza documenti e senza Green Pass – è proibito, costeggiando i binari della ferrovia. «Anche l’altro ragazzo era ospite da noi. Non abbiamo più avuto sue notizie, preghiamo perché sia riuscito ad arrivare da sua sorella», dicono dalla comunità. La polizia scientifica di Torino è riuscita a dare un’identità al suo cadavere grazie alle impronte digitali. Ora la famiglia vorrebbe «venire in Italia per salutarlo un’ultima volta», dice l’interprete che ha dato loro la notizia.
(da Open)
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