DEF, BALLETTI DI CIFRE SENZA DOCUMENTI
IL GOVERNO BRUCIA I MILIARDI PROMESSI AGLI ELETTORI
Missing in action. La nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Def) 2018 è dispersa. Caduta sul campo.
Non lo sono, invece, i danni collaterali che ha provocato il pasticcio del governo Conte: il 26 settembre, quando il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, aveva tracciato la sua linea del Piave con il deficit all’1,6%, lo spread era calato ai minimi del mese a 226 punti base.
§Lo sfondamento della retroguardia del ministero da parte di Lega e 5 Stelle hanno spinto verso il fondo il debito pubblico italiano con lo spread arrivato fino a 302 punti (ieri ha ritracciato a 285 punti).
Il conto del danno è presto fatto: un aumento dello spread di 100 punti costa il primo anno 1,8 miliardi maggiori interessi sul debito pubblico, 4,5 miliardi il secondo anno e 6,6 miliardi il terzo.
Vuol dire che la spesa per interessi aumenterà dello 0,1% del Pil quest’anno per arrivare allo 0,4% in più nel 2020.
Anche perchè prima delle elezioni di marzo la differenza tra Btp e Bund era a 130 punti base: di conseguenza l’aumento è ben superiore ai 100 punti. Tradotto: buona parte di quello 0,8% per cui di Maio e Salvini sono disposti ad andare alla guerra con Bruxelles verrà mangiata dal debito.
La responsabilità , però, è tutta dell’esecutivo. A cominciare dal ministro Tria.
Dopo essere stato ripreso come uno scolaro indisciplinato durante l’Eurogruppo di lunedì ha disertato l’Ecofin di martedì per tornare a Roma a fare i compiti.
Ma i problemi, e i dubbi, restano. Per Michele Anzaldi, deputato Pd, “il Consiglio dei ministri del 27 settembre non ha approvato alcuna Nota di aggiornamento al Def, perchè il testo della Nota in quella data non esisteva e ancora oggi non esiste” prefigurando addirittura “un falso in atto pubblico”.
Una teoria difficile da dimostrare che, però, il governo stesso tende ad alimentare: “Quando spiegheremo il Def, i mercati capiranno”; “quando spiegheremo il Def, l’Europa capirà ”. Frasi retoriche che lasciano il tempo che trovano: Tria avrebbe avuto tutto il tempo e il modo di parlare ai mercati e ai colleghi europei, se solo avesse voluto (o potuto).
D’altra parte Di Maio, al termine del vertice di Palazzo Chigi, ha detto: “Possiamo mandare la manovra in Parlamento e alla Ue”, a conferma del fatto che poco o nulla fosse stato messo nero su bianco.
Non era mai successo che la nota di aggiornamento al Def venisse approvata senza alcun numero: neppure il deficit al 2,4%, seppure ribadito ieri sera, è ufficiale.
Certo Di Maio e Salvini lo sbandierano ai propri elettori come la vittoria del popolo, ma nessuno lo ha messo nero su bianco.
Al termine del Consiglio del ministri del 27 settembre, a notte fonda, è stato pubblicato solo un generico comunicato che parla di reddito di cittadinanza e flat tax, ma non cita alcun dato macroeconomico. Eppure le norma recita chiaramente che “la “Nota di aggiornamento” viene presentata alle Camere entro il 27 settembre di ogni anno per aggiornare le previsioni economiche e di finanza pubblica del Def”.
Lo stesso Di Maio, ieri mattina, ha detto che sarebbe servita una riunione per gli ultimi ritocchi prima di inviare il documento al Parlamento.
E così a distanza di una settimana nessuno sa nulla di cosa contenga la nota al Def anche se in serata arrivano le nuove dichiarazioni di Lega e 5 Stelle che annunciano: 10 miliardi per il reddito di cittadinanza. Continuano, invece, a mancare le previsioni di crescita del Pil. Numeri dai quali dipenderà il futuro del Paese.
Nel 2015, il governo Renzi aveva licenziato il documento il 18 settembre e dopo cinque giorni era iniziato l’esame della commissione Bilancio della Camera; l’anno dopo il via libera di Palazzo Chigi arrivò il 27 settembre, quello della commissione Bilancio il 4 ottobre; nel 2017, invece, l’ok dell’esecutivo fu dato il 23 settembre: cinque giorni dopo iniziarono i lavori parlamentari.
E mentre a Roma regna il caos e proseguono i silenzi del governo, i mercati speculano sull’Italia bruciando quei miliardi che il governo aveva promesso di restituire ai propri elettori.
(da agenzie)
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