DENTRO IL M5S PREVALE LO SCETTICISMO SUL PD
IL PROBLEMA E’ RENZI CHE “AVREBBE POTERE DI VITA E DI MORTE” CONTANDO SULLA MAGGIORANZA DEI PARLAMENTARI DEL PD
Arriva Sergio Battelli, il trend setter dei deputati M5s davanti alla buvette, in un insolitamente sobrio abito nero: “È l’abito del funerale”, ironizza.
In aula al Senato va in scena il botta e risposta tra Giuseppe Conte e Matteo Salvini, fuori uno sparuto manipolo di groupie innalza un lenzuolo: “Conte l’Italia ti ama”.
E tra lo sciamare dei senatori e deputati in gita a Palazzo Madama si inizia a fare i conti con una realtà più ostinata dei desiderata. “Il forno con il Pd si può riaprire”, si dice fiducioso il capogruppo alla Camera Francesco D’Uva. Ma a microfoni spenti anche l’ottimismo dei big del Movimento si affievolisce
A nessuno è sfuggito un dettaglio che poi tanto dettaglio non è. Proprio prima che Matteo Renzi replicasse al premier in aula, la macchina del segretario del Pd diffonde una nota: “Non si auto assolva, dove era in questi mesi?”, chiede Nicola Zingaretti. “Lo vedi come fanno? – scuote la testa un senatore molto influente – Si marcano a vista, si fanno gli sgambetti, come facciamo a farci un governo?”
La war room di Luigi Di Maio è convinta: Conte non ci starà a guidare un governo anche con il Pd. “Non sono un uomo per tutte le stagioni”, il messaggio fatto pervenire.
Un ulteriore punto di incertezza in una strada di per sè già fitta di banchi di nebbia. Il premier stamattina ha salutato tutti a Palazzo Chigi, considerandolo il suo ultimo giorno. Ma al Colle la delegazione pentastellata lo riproporrà . Per ora.
Nella insolitamente ovattata sala Garibaldi di Palazzo Madama si fa fatica a muoversi, il caldo per la folla vince su qualunque aria condizionata.
Un piano di sotto un uomo molto vicino alla leadership 5 stelle fuma una sigaretta. E parla chiaro e tondo: “È difficile capirci qualcosa”. Si ferma a riflettere. “In questi mesi – riprende dopo una manciata di secondi – comunque alla fine decidevano in due: Di Maio e Salvini. Con il Pd sarà il caos, e Renzi avrà il potere di vita e di morte su qualunque tentativo in questo senso”
Il senatore di Rignano conversa nella galleria che collega l’aula al Palazzo dei gruppi. Il sole taglia in due le grandi vetrate che lo circondano, e illuminano il volto di Giancarlo Giorgetti che lo incrocia.
“In bocca al lupo”, lo apostrofa Renzi. “In bocca al lupo a te per il governo con Di Maio”, gli risponde il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. “Io al governo con Di Maio non ci vado”, la chiosa dell’ex premier.
Ecco il problema, ecco la grande contraddizione della strada che dalle 5 stelle porta al Nazareno: una trattativa che non preveda le punte del renzismo in qualsivoglia schema di esecutivo, ma che non possa fare a meno di imbrigliare Renzi e i suoi in una condivisione palese delle responsabilità . Avendo come interlocutore non il diretto interessato, ma Zingaretti e i suoi pontieri, tra i più scettici a esplorare la strada dell’accordo.
Di Maio al momento non esclude a priori nessuna ipotesi. Ma la convinzione è che la finestra per uno spericolato ritorno con la Lega si sia rimpicciolita fin quasi a chiudersi.
Ed è per questo che la partita vera si gioca con i Dem, con tutte le insidie del caso. Il gruppo parlamentare è fermamente schierato sulla linea dell’autoconservazione, i vertici del Movimento decisi a tentare la carta delle maggioranze variabili. Ma è la giornata del pessimismo, del “non ce la facciamo con il Pd”
(da “Huffingtonpost”)
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