DI MAIO SOTTO ATTACCO: NON SOLO DAL PD MA ANCHE DAL FUOCO AMICO CINQUESTELLE
CRESCE IL MALUMORE TRA I PARLAMENTARI DEL MOVIMENTO PER LA GESTIONE DEL CASO PIZZAROTTI DA PARTE DI DI MAIO, ANCHE LA BASE E’ SPACCATA
“Prendete un treno, incontratevi a metà strada e parlatevi. Se volete vi accompagno…”. Tatiana Basilio, deputata del Movimento 5 Stelle, è una grillina abituata a dire le cose senza girarci troppo attorno e si rivolge direttamente a Luigi Di Maio e a Federico Pizzarotti: “I problemi non si risolvono mandando una mail o pubblicando vecchi messaggi whatsapp. Non sono questi i principi del Movimento”.
È una delle poche voci in chiaro, molti parlamentari pentastellati esprimono il proprio scontento, ma preferiscono non uscire allo scoperto.
Il caso del sindaco di Parma, quindi la sospensione decisa dai vertici pentastellati, ha colto di sorpresa molti di loro.
Ma soprattutto, a gettare deputati e senatori nello sconforto e a mandare quasi in tilt il Movimento, sono gli strumenti utilizzati: una mail firmata “staff Beppe Grillo” in cui si chiede a Pizzarotti di fornire la documentazione relativa all’avviso di garanzia per abuso di ufficio e il conseguente rifiuto da parte del sindaco perchè il mittente è anonimo.
Poi ecco che arrivano la sospensione e la pubblicazione di messaggi, che non hanno mai avuto risposta, inviati da Pizzarotti a Di Maio.
Nel caos generale è quest’ultimo in particolare, a finire sotto attacco. Sia in quanto responsabile Enti Locali del Movimento, e quindi colui che ha l’incarico di gestire i Comuni amministrati dai 5 Stelle, ma soprattutto perchè considerato da più parti il leader in pectore dei grillini, quello con i maggiori contatti con Milano e Genova, quindi con Davide Casaleggio e Beppe Grillo.
Contro Di Maio si scaglia nuovamente Federico Pizzarotti, che ieri lo aveva chiamato in causa direttamente per non essersi interessato della questione Parma e oggi lo invita “ad andare sul posto invece di stare in tour”; secondo il sindaco di Parma infatti “con una crisi di questo tipo credo che si debbano annullare gli impegni”.
Contro Di Maio si scatena il fuoco amico pentastellato.
“Se Di Maio e Pizzarotti vogliono continuare a scannarsi, adesso si parla anche di querele, facciano pure – dice un senatore pentastellato che preferisce restare anonimo – noi continuiamo a lavorare nelle commissioni e a Palazzo Madama. È il motivo per cui siamo stati eletti. Ma il Direttorio sappia che in questo modo facciamo del male a noi e alla politica”.
Nel Movimento si percepisce quasi un senso insofferenza davanti a questo regolamento di conti interno tra il sindaco ribelle, che già nel 2014 era entrato in rotta di collisione con Gianroberto Casaleggio, e i vertici del Movimento.
A pesare è anche la disparità di trattamento: via il dissidente Pizzarotti, salvo invece l’ortodosso Filippo Nogarin, anche lui indagato, ma difeso dal Direttorio senza neanche una votazione online sul blog come prevederebbe il regolamento.
Già la senatrice Elisa Bulgarelli aveva sintetizzato così quanto successo nell’ultima settimana: “Oggi il partito 5 stelle esulta, il Movimento 5 Stelle muore un altro po’”. Un altro po’, perchè la sospensione di Pizzarotti è stato solo un nuovo strappo che si è consumato tra i grillini.
Sempre la deputata Basilio, che fa presente come il Comune di Parma adesso abbia i conti in ordine proprio grazie a Pizzarotti, fa appello al dialogo.
Dialogo che in questa circostanza appunto non c’è stato: “Alle volte bisognerebbe fare una bella discussione, anche litigare, ma poi mettere un bel punto. Si va a capo, si volta pagina e si inizia un nuovo capitolo per il bene del Paese con gli obiettivi che tutti noi eletti, compreso Pizzarotti, perseguiamo da quattro anni. È così che si fa in una grande famiglia come il Movimento 5 Stelle. Io la vedevo e voglio vederla ancora così”.
Il senso di smarrimento è generale, anche tra gli attivisti che, come dimostra un’analisi condotta dal sito de La Stampa, sono spaccati a metà tra chi è d’accordo con la sospensione e chi no.
Alcuni deputati rispondono al telefono e dicono: “Io non ho capito cosa sta succedendo. Anzi, non ci ho capito più niente. Chiedete a Di Maio”.
Il leader in pectore prova a difendersi dagli attacchi interni e anche da quelli che arrivano dal Pd: “Io penso che il M5S abbia semplicemente applicato una regola. Abbia fatto rispettare le regole. Avevamo un avviso di garanzia nascosto per tre mesi e questo è un dato inconfutabile. E per questa ragione noi abbiamo applicato una regola. Siamo il Movimento 5 Stelle, non il Partito Democratico”.
Contro Di Maio si scatena il Partito Democratico che cavalca l’onda per colpire il mondo pentastellato nel suo punto debole, cioè l’amministrazione locale alla vigilia del voto.
Interviene ironica il ministro Maria Elena Boschi: “Credo che mandare una email anonima per chiedere a una persona di lasciare, una persona che poi è un sindaco eletto dai cittadini ci riporti, onestamente, molto indietro nel tempo. Non credo che in un partito democratico si possa mandare una mail anonima”.
Anche il capogruppo democratico alla Camera, Ettore Rosato non si risparmia: “Noi, migliaia di iscritti, circoli e amministratori. Chi sbaglia risponde alla legge e non al guru”.
Poi, tra gli altri renziani, Ernesto Carbone lo definisce il “reuccio di una corte bizantina”, per Stefano Esposito Di Maio “è sempre più isolato”.
Anche il presidente Matteo Orfini lancia l’affondo: “Il grillino sindaco di Pomezia ha ammesso candidamente di aver nascosto per mesi di aver ricevuto anche lui un avviso di garanzia (poi archiviato). Dunque immagino che Di Maio ora provvederà a sospendere pure lui”.
In effetti anche questo passaggio non è sfuggito ai più ortodossi tra i grillini che, alla luce delle tante contraddizioni, ricordano quell’intervista in cui lo stesso Di Maio diceva che per un avviso di garanzia un rappresentante delle istituzioni deve dimettersi.
(da “Huffingtonpost”)
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