DIETRO L’OFFENSIVA UCRAINA A KURSK C’È LA DISFATTA DEI SERVIZI RUSSI: MOSCA SI È FATTA SORPRENDERE E SI È RITROVATA IL NEMICO IN CASA: L’INTELLIGENCE NON SI È ACCORTA DELLA PREPARAZIONE DELL’ASSALTO
MOTIVO? I RUSSI NON HANNO SATELLITI IN GRADO DI TENERE SOTTO CONTROLLO UNA SITUAZIONE DINAMICA E L’AVIAZIONE NON COMPIE VOLI DI RICOGNIZIONE OLTRE LE LINEE… PUTIN E’ INCAZZATISSIMO CON I VERTICI DI SERVIZI SEGRETI E FORZE ARMATE
Da secoli gli eserciti russi sono sempre stati lenti nel reagire. Alla fine, però, quando si tratta di difendere la patria sono sempre riusciti a sbaragliare gli avversari facendo leva sulla superiorità delle risorse umane e materiali.
Oggi la debole risposta all’offensiva ucraina nella regione di Kursk irrita lo stesso Putin, che – stando ai blogger russi più autorevoli – avrebbe affidato all’ex generale Alexei Dyumin il compito di coordinare il contrattacco. Non fidandosi dei vertici di servizi segreti e forze armate, il presidente avrebbe deciso di richiamare l’ex numero due degli 007 militari e soprattutto ex capo della sua sicurezza personale, che nel 2016 aveva nominato governatore di Tula
Dyumin non è stato scelto solo per questioni di fedeltà. La carenza principale del comando supremo riguarda l’intelligence strategica: gli è completamente sfuggita la preparazione dell’assalto, con la convergenza in massa di soldati e blindati a ridosso della frontiera.
Non è la prima volta. L’identica situazione è accaduta nel 2022, quando non è stata avvistata la concentrazione della task force che ha travolto i russi nel distretto di Kharkiv. E questo limite informativo impedisce di organizzare le contromosse a Kursk: Mosca ignora le posizioni degli ucraini e gli obiettivi dell’avanzata.
La realtà è che i russi non hanno satelliti in grado di tenere sotto controllo una situazione dinamica; l’aviazione non compie voli di ricognizione oltre le linee e i droni sono concentrati sui 900 chilometri di campo di battaglia, da Kharkiv alla foce del Dnipro, senza occuparsi del resto del confine. Ci sono gap pure nell’intercettazione delle comunicazioni, negli informatori sul terreno e nell’analisi complessiva delle notizie: il mastodontico apparato di spie che risponde al Cremlino è più abile nelle congiure di palazzo che nel contribuire alle operazioni militari.
In fondo l’errore dell’intelligence è quello che ha condizionato l’intero conflitto: nel febbraio 2022 Putin ha ordinato l’invasione convinto che gli ucraini non avrebbero opposto resistenza. Questo sbaglio drammatico è stato pagato a carissimo prezzo dall’esercito russo: uomini e mezzi delle unità più addestrate alla guerra di movimento sono stati decimati negli assedi di Kiev, Sumy, Kharkiv e Chernihiv.
Il fulcro del modello di combattimento introdotto dal generale Valery Gerasimov, con unità mobili destinate a penetrare in profondità nelle linee nemiche, è stato distrutto. I rimpiazzi – tutti volontari, perché Putin evita di mandare in Ucraina i coscritti di leva – sono stati numerosi, ma più anziani – età media 38 anni – e spediti in azione senza una preparazione adeguata.
Un anno fa, il generale Sergej Surovikin ha adattato le tattiche ai limiti delle forze disponibili, creando le premesse per una vittoria difensiva. Poi dalla scorsa primavera Gerasimov ha scatenato una lenta manovra di logoramento, cercando di far prevalere la quantità sulla qualità: ondate di assalti, che giorno dopo giorno tolgono terreno agli ucraini nel Donbass.
Per questo il comandante in capo di Kiev, Sergei Syrsky, seppur formato nelle accademie dell’Urss, ha impostato un piano di attacco basato su sorpresa e rapidità. Vuole sfruttare i punti deboli dei nemici e conosce la scarsa autonomia degli ufficiali russi, che non sono abituati a prendere l’iniziativa. C’è però un elemento strategico che va considerato: finora il Cremlino non ha sottratto reparti dal rullo compressore che continua a fare passi avanti nel Donetsk.
Nei cieli è stata confermata la debolezza dell’aviazione russa, micidiale come “artiglieria volante” per spianare i palazzi nel Donbass ma incapace di sfidare la contraerea: i raid sono stati rari e fanno i conti con una regia labile che moltiplica i rischi di “fuoco amico”. I russi non dispongono di reti per la condivisione dei dati tra i reparti: gli ucraini invece hanno un sistema molto efficace, che utilizza tablet e permette di smistare le riprese dei droni, oltre che indicare le posizioni delle proprie forze e di quelle nemiche.
Incapacità di prevedere le mosse nemiche, difficoltà di sincronizzare la reazione, scarse informazioni sugli obiettivi dell’avversario: sembra di rivedere una delle pagine più nere della storia militare russa. L’altra guerra di Crimea, quella del 1853-56, quando lo Zar fu battuto dalla spedizione anglo-francese (appoggiata da Impero turco e Regno di Sardegna) e costretto a rinunciare per un lungo periodo alle sue ambizioni imperiali.
(da Repubblica)
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