DIFESA DELL’AMBIENTE: NEL GOVERNO TIRA UNA “BRUTTA ARIA†INQUINATA
A DIFFERENZA DI ALTRI LEADER EUROPEI DI CENTRODESTRA CHE HANNO FATTO PROPRIA LA BATTAGLIA PER LA DIFESA DELL’AMBIENTE, BERLUSCONI COMMETTE L’ERRORE DI VOLER RAPPRESENTARE SOLO GLI INTERESSI INDUSTRIALI… AVERE A FIANCO SOLO I PAESI DELL’EST CON LE LORO INDUSTRIE INQUINANTI E RINEGOZIARE IL PROTOCOLLO DI KYOTO NON E’ QUANTO SI ATTENDE IL NOSTRO ELETTORATO… BRUNETTA E LA PRESTIGIACOMO SCATTANO SULL’ATTENTI
Il Governo italiano, sul pacchetto di misure a sostegno del clima, sembra un bastimento di fronte al mare in tempesta, un po’ ripiega le vele, un po’ bordeggia, un po’ spera nel mutamento ( non a caso) del vento. Richiamato dalle parole del presidente Napolitano che lo invita a “difendere l’ambiente”, il premier cambia posizione diverse volte di fronte alle onde alte che arrivano dalla Commissione europea.
Inizialmente si parla ” di rinvio, di una moratoria di un anno prima di applicare le misure previste dai protocolli europei”, poi “di una clausola che consenta, a fine 2009, di valutare costi e benefici”, quindi si afferma ” che l’Italia non è isolata nella richiesta di una pausa nell’approvazione delle norme in difesa dell’ambiente. Con noi ci sono almeno altre nove Paesi”, per poi chiudere con “al vertice del Lussemburgo la linea italiana sarà quella di chiedere di rinviare, ma anche di rinegoziare il protocollo di Kyoto”.
Alla fine il giudizio più equilibrato lo esprime il ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola, che almeno afferma un prudente “L’Italia è d’accordo sul pacchetto 20-20-20 ( ovvero 20% di tagli alle spese energetiche, 20% di energie rinnovabili, 20% di riduzione delle emissioni di Co2), chiede solo maggiore flessibilità , basta sostenere che siamo contro il pacchetto per il clima”.
Sarà opportuno premettere che da Bruxelles, di fronte alle varie richieste italiane ( che ci trova peraltro isolati), Nicolas Sarkozy, presidente di turno della Ue, nonchè uomo non certo di sinistra, ha fatto sapere che non sarà possibile alcuna soluzione di compromesso “Chiudiamo entro l’anno”.
In pratica il Governo italiano, di fronte a un impegno comune dei Paesi europei di raggiungere l’obiettivo indicato di riduzione dell’inquinamento nei termini di cui sopra, nel periodo 2011-2020, si è improvvisamente accorto che certe decisioni prese vanno poi applicate.
Secondo il nostro Governo applicare questi criteri per tutelare il clima avrebbe per il nostro Paese costi troppo elevati. Alle nostre imprese sarebbero imposte spese aggiuntive, con costi insostenibili. Da qui parole di fuoco di Brunetta e della Prestigiacomo contro le decisioni della Ue, di cui peraltro tutti gli Stati erano a conoscenza, avendo approvato il protocollo d’intesa, salvo forse svegliarsi ora. In tal senso è stato chiaro il commissario europeo per l’Ambiente, Stavros Dimas, affermando che “l’applicazione del protocollo di Kyoto, nel periodo 2008-2012, è un obbligo giuridico. In questo quadro l’Italia dovrebbe ridurre le proprie emissioni di Co2 del 6,5% ma, secondo le stime attuali, sta navigando invece per aumentarle del 7,5%”.
Quanto ai “costi enormi” per l’industria italiana, paventata dal nostro Governo si è limitato a commentare ” non so queste cifre da dove le abbiano fatte uscire”.
Alcune considerazioni riteniamo vadano a questo punto fatte, sia nel merito, che nella strategia globale.
Intanto quando si firma un trattato lo si deve rispettare: in Europa non possiamo fare come fanno certi ministri in Italia che sparano annunci e poi ci si volta dall’altra parte.
La credibilità politica di uno Stato sia conquista con la coerenza dei comportamenti. Ci siamo impegnati e la parola o la firma conta più di ogni altro interesse. Altrimenti non si firmava e uno poteva farsi i cavoli propri, con le conseguenze del caso.
Gli industriali italiani sanno il fatto loro e sapevano benissimo che l’Europa avrebbe chiesto investimenti nel decennio per ammodernare molti impianti, quindi nei loro piani di programmazione certi investimenti sono previsti. Vale per gli industriali di tutta Europa e i nostri non sono certi gli ultimi arrivati.
Dire che “non siamo isolati, perchè altri 9 Paesi la pensano come noi” è un errore, sia perchè non si fanno i nomi dei nove Paesi, sia perchè i nove Paesi in realtà sarebbero tutti dell’Est (Polonia, Rep. Ceca, Slovacchia, Ungheria, Estonia, Lettonia, Lituania Romania e Bulgaria) e sinceramente allinearci, invece che all’Europa più moderna, a quella con industrie superinquinanti e ai margini dell’economia mondiale, non ci piace e ne facciamo volentieri a meno.
Tecnicamente poi ridurre l’inquinamento, oltre che un imperativo categorico per il nostro pianeta, produrrebbe economicamente dei benefici e non solo dei costi a breve termine e molte opportunità alla nostra economia. Non a caso gli industriali europei più illuminati si stanno muovendo in tal senso.
Ultima considerazione prettamente politica: in Europa i leader di centrodestra stanno “tutelando l’ambiente” con misure coraggiose, l’Italia è l’unico Paese dove il centrodestra sta facendo battaglie di retroguardia, per tutelare gli interessi di quattro industrialotti lombardo-veneti che sperano di lucrare ancora qualche anno sulla salute dei cittadini.
A quando anche in Italia una classe dirigente di Centrodestra “reattiva e moderna”, libera da compromessi e interessi sui temi industriali e ambientali?
Il popolo italiano vuole che il clima e l’ambiente sia tutelato, nel centrodestra come a sinistra. Punto. Quindi chi è al Governo pensi a rappresentare il popolo, se volevamo dare la delega a un inquinatore lo facevamo direttamente.
Abbiamo votato per una destra sociale, nazionale, ambientalista e moderna, non per i “padroni delle ferriere”. Non avete carta bianca per farvi gli affari vostri, siete lì per rappresentare noi… Ricordatevelo, prima che ve lo ricordiamo noi in altro modo.
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