ELEZIONI IN ROMANIA, RISCOSSA DEI FILOEUROPEI, MA I SOVRANISTI AUMENTANO I CONSENSI
VINCONO I SOCIALDEMOCRATICI, SI VA VERSO UN PARLAMENTO FRAMMENTATO
«Con questo voto decidiamo se restare a Ovest o svoltare a Est: sono le più importanti degli ultimi 100 anni. Se vireremo a Est ci sarà un esodo massiccio di persone», avvertiva ieri a urne ancora aperte l’economista romeno Radu Georgescu. Stesso nome ma orientamento opposto rispetto al Georgescu sovranista indipendente dell’ultradestra filorussa che ha vinto a sorpresa la settimana scorsa il primo round delle presidenziali.
Ma Radu può aspettare a fare le valige: i primi risultati prefigurano una rivincita dei socialdemocratici che restano la prima forza del Paese pur con un’avanzata delle formazioni di estrema destra anti-Kiev in queste elezioni parlamentari, «consultazione sandwich» tra il primo e il secondo turno delle presidenziali, domenica prossima.
Il Psd del premier uscente Marcel Ciolacu, reduce contro ogni previsione da una pesante sconfitta la settimana scorsa, ora risulta in vantaggio con il 24% delle preferenze. Lo rincorrono a distanza, indietro di 6 punti, i sovranisti anti Ue dell’Alleanza per l’unità dei romeni (Aur) di George Simion in forte ascesa. Seguono i liberali del Pnl, partner del Psd nell’attuale esecutivo, attestati intorno al 14%, l’Unione democratica magiara di Romania (Udmr) che rappresenta gli interessi della comunità ungherese nel Paese, quasi all’11%, davanti al giovane partito centrista Usr (poco sopra il 9%) di Elena Lasconi che, con la sua proposta anticorruzione, è la sfidante di Georgescu al ballottaggio dell’8 dicembre.
Sempre che la Corte costituzionale non decida di annullare il voto e re-indire la consultazione, come chiesto da due candidati che hanno accusato di frode il partito di Lasconi e la campagna di Georgescu. In caso di sospensione, si prevedono proteste antisistema contro i partiti tradizionali, accusati di voler manipolare la corsa.
In questo clima di incertezza e caos politico, appesantito dall’ombra di interferenze sul voto attraverso TikTok volano sospetto di consensi per Georgescu, i romeni sono andati a votare numerosi: l’affluenza è stata del 52%, la più alta da vent’anni. Ma non è bastata ad arginare l’avanzata delle varie forze di estrema destra, tutte contrarie all’invio di aiuti militari all’Ucraina: insieme arriverebbero a contare sul 30% dei voti, mentre erano sotto al 10% nelle elezioni del 2020.
Tra loro anche Sos Romania guidata dell’attivista Diana Sosoaca, e il recente Partito della gioventù (Pot) a cui è vicino Calin Georgescu: dovrebbero aver superato entrambi la soglia del 5% e riuscire ad entrare in Parlamento.
Il premier Ciolacu gongola: «I romeni hanno inviato un segnale importante: proseguire sulla strada europea ma anche proteggere la nostra identità nazionale». Si profila un emiciclo frammentato e negoziati difficili per formare il governo.
Il risultato del PSD è piuttosto sorprendente e si pensava che i partiti di destra potessero andare meglio: questo anche perché pochi giorni fa c’erano state le elezioni presidenziali, dove il più votato era stato a sorpresa Călin Georgescu, candidato nazionalista e filoputiniano, che andrà al ballottaggio con Elena Lasconi dell’USR. Il leader del PSD Ciolacu era invece arrivato terzo.
Le elezioni parlamentari sono più importanti delle presidenziali, perché decidono il governo (anche se comunque il presidente ha un ruolo attivo in politica, nomina il primo ministro e rappresenta il paese all’estero). Di solito il compito di formarlo viene assegnato al partito che riceve maggiori consensi, quindi in questo caso toccherebbe di nuovo al PSD.
(da agenzie)
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