EXPO, “NON CI PAGANO”: E I LAVORATORI BELGI SE NE VANNO A CASA
IL PRIMO SCIOPERO: UNA VENTINA DI ADDETTI AL RISTORANTE HANNO INCROCIATO LE BRACCIA E ALLA FINE HANNO FATTO I BAGAGLI… ACCUSE ALLA ORGANIZZAZIONE ITALIANA
Lo stufato è sempre fiammingo ma a cucinarlo, d’ora in poi, potrebbero essere sostituti italiani reclutati in fretta e furia.
La notizia viene battuta con un certo “gusto” dai siti in lingua belga e arriva dritto da Expo, il grande evento mondiale sul cibo.
Una ventina di addetti al servizio ristorazione, secondo diverse fonti, avrebbero deciso di scioperare e poi di far fagotto tutti insieme per tornarsene a casa, lasciando soli ai fornelli lo chef pluristellato Benoà®t Gersdorff e il vicecommissario.
Nel padiglione che fa capo a Bruxelles, dunque, si registra forse la prima, clamorosa, defezione di lavoratori venuti dall’estero per partecipare all’olimpiade dell’alimentazione sostenibile.
Il primo sciopero sul suolo di Expo
Erano in protesta da giorni. Lamentavano problemi di organizzazione del servizio.
I malumori sono poi esplosi quando hanno capito che il loro contratto non copriva parte del lavoro svolto dal 15 aprile fino al 1 maggio, data ufficiale di apertura dell’Expo.
La busta paga riportava anche un lordo di 1.200 euro anzichè il netto che — a detta loro — sarebbe stato concordato al momento dell’ingaggio.
“Probabilmente si è trattato di un errore”, ammette il vice commissario Marie Noà«lle Higny. Fatto sta che tutti i dipendenti in cucina e sala da pranzo giovedì hanno smesso di lavorare. Per ovviare al problema, i funzionari hanno proposto un euro in più l’ora come compensazione e 300 euro per 12 giorni di formazione.
Il clima però si era ormai fatto pesante e venerdì sera la funzionaria belga ha preso atto che trattenerli era impossibile: in venti su trenta se ne vanno, mettendosi in tasca una manciata di banconote come rimborso e prendendo la strada per Bruxelles. “Hanno accettato un assegno di formazione di 300 euro e hanno scelto di tornare a casa, nonostante le trattative in corso”, ha detto precisando che “i contratti sono stati attivati fino all’1 maggio, ma andiamo in cerca di una soluzione giuridica per pagare i quindici giorni precedenti. Tuttavia, questo richiede tempo perchè dobbiamo organizzare con il segretariato italiano”.
Contratti, silenzi e salsicce belghe made in Italy
Di tutto questo in zona Expo poco o nulla trapela.
La notizia fa però gola a Bruxelles, dove divampano le polemiche. “Niente più della bandiera belga”, titola ad esempio l’edizione online della radio tv nazionale RTBF. L’emittente ha raggiunto il personale registrando cosi le ragioni del malcontento: mancanza di organizzazione, di controllo sulle scorte e ritardi nella consegna della merce.
Parla di “bugie” la vice commissario Higny, ma poi ammette le difficoltà e l’imbarazzo.
Ora le tocca però trovare il modo di garantire il ricco menù che viene presentato ai visitatori come “specialità nazionale“, e che in realtà potrebbe non essere esattamente tale.
Uno degli addetti in partenza l’ha spiegato così: “Ci avevano detto che se avessimo lasciato saremo stati prontamente rimpiazzati da sostituiti italiani reclutati localmente. Sono loro che prepareranno lo stufato fiammingo e Waterzooi?”.
La cucina fiamminga made in Italy non sarebbe però una vera novità .
Il giorno dell’inaugurazione del Padiglione non è stato possibile trasportare la salsiccia belga dal capannone che stava lì a 100 metri: fu sostituita da salumeria italiana. Il vice commissario, forse per scrollarsi dall’imbarazzo, accusa ora l’organizzazione italiana: “La logistica è organizzata molto male e questo provoca malumori e stress da mesi. Non siamo gli unici a lamentarsi di questo. Presto la direzione dell’Expo, composta da tutti i commissari, si riunirà per affrontare il problema di approvvigionamento”.
La piccola defezione potrebbe diventare anche il primo grattacapo per il commissario generale di Expo, Antonio Pasquino.
Entro fine mese il funzionario distaccato dalla Farnesina presenterà un report in cui verranno indicati i Paesi che applicano i contratti più sfavorevoli e meno rispettosi del contratto italiano del settore fieristico, utilizzato per i dipendenti diretti di Expo.
Una rilevazione dovuta al fatto che tra le eleganti vele bianche del decumano e le colorate installazioni dell’Esposizione vanno in scena tutte le formule possibili e immaginabili di gestione del lavoro, con variazioni di salario tra un padiglione e l’altro che arrivano fino al 30%.
Una situazione su cui Pasquino si è impegnato a fare chiarezza.
Qualcun altro, nell’attesa, ha optato per la valigia.
Thomas Mackinson
(da “il Fatto Quotidiano“)
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