GILET GIALLI ITALIANI, SE NE SENTIVA LA MANCANZA NEL CIRCO BARNUM DELLA POLITICA
TRA ULTRA’ SOVRANISTA ED EX FORZISTI, NEL SOLCO DEI VECCHI FORCONI
C’è sempre qualcuno più sovranista di te, e così mentre i 5 Stelle volano a Parigi per parlare con qualcuno dei gilet gialli — che lì sono nati — anche in Italia cominciano a proliferare gruppi col simbolo del giubbottino giallo.
Un po’ furba mossa di marketing sul solco dei vecchi forconi, così da racimolare qualche briciola di consenso che arriva d’Oltralpe; un po’ segnale di come basti poco per farsi scavalcare nella gara a chi sta di più con la “gente”.
Infatti il 9 febbraio a Roma in piazza della Repubblica è prevista la prima manifestazione dei gilet gialli all’amatriciana, sotto lo slogan “la rivolta dei popoli contro il mondialismo”. Questo raggruppamento ha un sito internet, un numero di telefono (al quale non risponde nessuno) e un programma di dieci punti.
Si chiede: l’Italexit, cioè l’uscita dalla Ue; sovranità monetaria; “sovranità diretta” attraverso i referendum popolari; taglio delle accise su gas, carburanti e luce (acqua no); rimpatrio degli immigrati irregolari; stop fatturazione elettronica (“basta dittatura fiscale”); diritto al lavoro con la chiusura delle agenzie interinali; prima casa impignorabile; no all’obbligo vaccinale e infine nazionalizzare tutto, banche, assicurazioni, autostrade, Alitalia e poi tre puntini a indicare che la lista sarebbe ancora lunga.
Il movimento in questione è contro l’Unione Europea ma anche contro il governo, considerato colpevole di tradimento (Salvini e Di Maio vengono definiti gli “Tsipras d’Italia”), ha in cima alla lista dei nemici le case farmaceutiche come Bayer e Monsanto, ma poi non si entra bene nello specifico perchè “i temi sono tanti, troppi”.
Si definisce un “un movimento che democraticamente sceglie di manifestare il proprio dissenso contro l’èlite finanziaria e i governi al servizio dei banchieri internazionali! Donne, uomini, artigiani, lavoratori, studenti, esclusi e delusi dalla politica e sfruttati da un capitalismo incontrollato e distorto. Nasce un movimento fatto di persone come noi che si vedono ormai rubare il futuro e che non possono formare o sostenere una famiglia! Oggi è in pericolo la nostra libertà e quella dei nostri figli, è in gioco la nostra identità e il nostro patrimonio culturale e artistico. Insomma, è arrivato il momento di ribellarsi”.
Ma chi c’è dietro?
Riferimenti nominali non ce ne sono, ma poi scavando si arriva al nome di Antonio Del Piano, giornalista e napoletano, già in Forza Italia, presidente del “club Forza Silvio Napoli” e poi fondatore della lista “Ricomincio da 10” dove il 10 era il numero della maglia di Diego Maradona, la quale non venne ammessa alle elezioni comunali.
Fece relativamente clamore la sua idea, quando era in Fi, di appiccicare sui muri della città i manifesti mortuari col nome del sindaco Luigi De Magistris.
Ma i gilet gialli sono tanti in rete, e ognuno rivendica di essere l’originale.
Sul cosiddetto “coordinamento gilet gialli italiano”, 12mila mi piace su Facebook — non si capisce bene se anche loro andranno a Roma, ma parrebbe di no – è apparso un post giorni fa: “Noi non abbiamo idea di cosa facciano gli altri, noi siamo stati chiari dall’inizio siamo andati alla ribalta anche per i nostri trascorsi e siamo il movimento al momento più grande, lo scopo è quello di essere una cassa di risonanza degli italiani verso le istituzioni con parametri decisi tutti insieme in primis siamo tutti d’accordo che il nostro paese debba uscire dall’Europa, lo siamo perchè la maggioranza su un sondaggio partecipato ha deciso così. Vedo che ci date dei comunisti, politici e altre cagate ma mi chiedo chi non è d’accordo perchè sta qua a insultarci, le critiche vanno bene se costruttive cercare di imporre o offendere no. Sono sicuro che se ci mettiamo di impegno tutti insieme noi diventeremo l’alternativa che sconfiggerà gli ultimi sporchi rimasugli che impediscono il vero e totale cambiamento. Siamo noi i veri gialli di Italia”.
Dopo la lettura rimane solo una domanda: sì ma “noi” chi?
(da “La Repubblica”)
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