I CONTATTI TRA L’ASSESSORE E I FAMILIARI DI FONTANA, COSI’ E’ LA NATA LA FORNITURA POI DIVENTATA DONAZIONE
LE INTERCETTAZIONI NEGLI ATTI DELLA PROCURA DI MILANO
“Prova a chiamare assessore (Cattaneo di Varese amico di Orrigoni) (…) sembra che siano molto interessati ai camici (…) questo mi dice assessore al Bilancio Caparini”. Così Roberta Dini, moglie del governatore lombardo Attilio Fontana, scriveva il 27 marzo al fratello Andrea Dini, patron della Dama spa.
Il messaggio, assieme a molti altri, è riportato negli atti dell’inchiesta milanese con al centro la fornitura di camici e altri dpi per mezzo milione di euro assegnata il 16 aprile all’azienda di Dini, di cui la moglie del presidente lombardo detiene il 10 per cento, da Aria, la centrale acquisti regionale, e poi trasformata in donazione parziale quando emerse il “conflitto di interessi”.
Roberta Dini in sei messaggi di fine marzo spiega al fratello anche che l’assessore lombardo Cattaneo “sembra sia molto attivo nell’approvvigionamento (…) ho avvisato la moglie di Cattaneo (che conosco un po’) che vuoi dare una mano. Lei dice che lui sa il tessuto. Le ho dato il tuo numero”.
La Procura ricostruisce pure che l’ex dg di Aria, indagato assieme a una dirigente, a Fontana e ad Andrea Dini, ha messo a verbale che l’11 maggio “era stato convocato dall’assessore Caparini”, non indagato così come Cattaneo, “per una riunione sullo stato dell’arte delle forniture” nell’ufficio di Giulia Martinelli, capo della segreteria della presidenza della Regione.
E’ l’occasione, stando al verbale di Bongiovanni, nella quale l’allora dg di Aria “rende edotta” Martinelli “del legame tra la società Aria” e la famiglia Dini.
“La Martinelli – ha spiegato Bongiovanni ai pm – mi chiamò l’indomani per confermarmi che aveva svolto delle verifiche e che il legame societario con la famiglia del Presidente sussisteva”.
Per i pm c’è stato “un diffuso coinvolgimento di Fontana in ordine alla vicenda” con “volontà di evitare di lasciare traccia del suo coinvolgimento mediante messaggi scritti”. Il governatore, invece, ha sempre respinto le accuse.
“Buongiorno Dr. Dini. Ha ricevuto l’ordine per i camici dalla nostra centrale acquisti Aria? (…) noi contiamo su di lei, come sugli altri che hanno riconvertito la loro produzione, per rifornire l’intero sistema sanitario lombardo sulla base delle priorità indicate dai nostri colleghi della sanità “.
Così l’11 aprile scorso l’assessore lombardo Raffaele Cattaneo con un messaggio si rivolgeva ad Andrea Dini, cognato del governatore lombardo Attilio Fontana e patron della società Dama. Il messaggio è negli atti dell’inchiesta milanese sul cosiddetto ‘caso camici’.
Negli atti i pm indicano anche un audio inviato a Dini da Paolo Zanetta, direttore di produzione di Dama, il 6 maggio nel quale quest’ultimo, riassume la Procura, spiega che “un soggetto di Centrocot (Centro tessile cotoniero, ndr) ha avuto notizia da Raffaele Cattaneo che le aziende riconvertite hanno diritto a 10 milioni di euro da dividersi”.
Ci sono anche alcuni messaggi del 16 maggio tra Dini e Zanetta sulla trasformazione della “fornitura in donazione”, che avviene proprio quel giorno.
Dini scrive: “Ovviamente tutti dico tutti sono nella lista di fornitori di camici. Armani, Herno, Moncler. Gli unici coglioni siamo noi”. E Zanetta: “Ma lo mandi a cagare e fatturiamo lo stesso”. Dini replica: “Non posso”. Agli atti anche la testimonianza di Cattaneo: “Conoscevo il marchio Paul&Shark e la Dama perchè sono di Varese. Ho ricevuto una telefonata da una persona di cui non ricordo il nome, con la quale mi veniva manifestato l’interesse di Dini a rendersi disponibile e io l’ho contattato. Lo conoscevo di fama ma non avevo rapporti personali (…) il primo colloquio è avvenuto a marzo e lui mi ha detto che aveva fatto delle donazioni all’ospedale di Varese (…) avendo una impresa valida, l’ho indirizzato”.
Cattaneo ha spiegato anche che il 19 maggio, dopo che la fornitura era stata trasformata in donazione, sentì al telefono Dini: “mi ha comunicato di aver deciso di trasformare la commessa in donazione per ragioni di carattere familiare e che avrebbe proceduto allo storno della fattura”.
(da agenzie)
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