I FONDI PER LA SICUREZZA DELLE CASE USATI PER COMPRARE CALDAIE E INFISSI
TRENTA MILIONI DISTRIBUITI AI PRIVATI SENZA CONTROLLI
Ci sono altri 21 milioni di euro che ballano tra consulenze e appalti per il dopo sisma del 1997.
Si tratta, nella sostanza, dei finanziamenti pubblici erogati dal governo e finiti nella tasche di cittadini privati, che all’epoca del terremoto (e poi anche quello del 2011) che sconvolse soprattutto l’Umbria e le Marche subirono danni alle loro abitazioni. Otto di questi milioni (oltre agli altri sessanta) finirono sul territorio provinciale.
Ma tredici di questi restarono a Rieti. Dove tutti i proprietari di immobili lesionati, nei fatti quasi tutto il centro storico, restaurarono le loro abitazioni.
Qualche villa appena fuori la città e nei territori limitrofi, palazzi blasonati, soprattutto nel centro storico, nel quadrilatero centrale tra via Roma, via Garibaldi, via Cintia e piazza Mazzini.
E dunque, se ai 21 milioni stanziati per le abitazioni private si aggiungono i 66 milioni di euro per enti e strutture pubbliche si arriva quasi a 90 milioni di euro di soldi destinati a ricostruire e soprattutto a restaurare decine di immobili lesionati.
Che alla prova dei fatti, i casi dei palazzi di Amatrice e Accumoli insegnano, si sono dimostrati inadeguati a reggere la violenza del terremoto.
E così, nonostante le cifre messe in campo da Governo e Enti dal ’97 in avanti, molte delle case private (stavolta) sono tornata a cadere, soprattutto ad Amatrice e Accumoli.
Certo le scosse sono state dure, ma «forse — spiega una fonte — sarebbe utile capire se quei soldi ottenuti sono stati utilizzati per rendere antisismica l’abitazione oppure per riammodernarla, dotarla di maggiore confort: dalla domotica interna, alla revisione degli spazi interni, dai riscaldamenti a pavimento agli infissi».
Un po’ quello che si contesta anche nei lavori eseguiti per la scuola «Romolo Capranica» di Amatrice, dove c’è pure il riscaldamento a pavimento ma le coperture antisismiche forse no, e qualora ci fossero state, si sono rilevate insufficienti
Insomma, lavori sì realizzati, ma che sul tema cruciale della sicurezza hanno miseramente fallito.
Per mille ragioni, che la Procura di Rieti con l’apertura dell’inchiesta per disastro colposo dovrà accertare.
Tant’è che anche ieri mentre negli uffici del palazzo di giustizia reatino si teneva un’altra lunga riunione fiume tra forze di polizia giudiziaria e procura, la guardia di finanza ha perquisito gli uffici della Provincia di Rieti.
E’ lì, infatti, che sono transitati una parte consistente di documenti e di atti per bandire appalti e affidare incarichi a una nutrita schiera di professionisti.
Ed è proprio nel palazzo della Provincia di Rieti che il 10 gennaio del 2000 fu varato e approvato lo schema di convenzione per le progettazioni relative alla ricostruzione per un importo superiore a 33 milioni di euro.
Dentro quel primo piano – sottoscritto dall’allora sub commissario per il terremoto Giosuè Calabrese, e poi confermato e integrato (con altri incarichi a professionisti e bandi per altre ditte) dal secondo sub commissario, l’ex assessore al Turismo e alla cultura della regione Lazio, Luigi Ciaramelletti — a farla da padrone sono stati come Enti attuatori la Soprintendenza e la curia di Rieti.
Solo gli uffici della Soprintendenza conferirono incarichi e progetti a ditte certificate (Og2) per restauro e risanamento per circa nove milioni e mezzo di euro su ben 36 opere periziate per danni da eventi sismici.
La curia di Rieti dal canto suo, invece, finanziò lavori e strutture (otto per la precisione in quella prima parte) per 4 milioni 170mila euro.
Ora, proprio sulle modalità di concessione degli affidi dei lavori e degli appalti anche l’Autorità nazionale anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone ha acceso un faro. E quindi non è da escludere che alla perquisizioni di oggi ne seguiranno altre per acquisire altri atti e verificare la legittimità dei finanziamenti concessi per i lavori realmente svolti. Insomma, due corni della stessa inchiesta che a breve potrebbero portare a novità eclatanti.
Paolo Festuccia
(da “La Stampa”)
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