I RIMORSI DEI RIBELLI CINQUESTELLE PER AVER VOTATO GRASSO PRESIDENTE DEL SENATO
L’EX MAGISTRATO FU ELETTO ANCHE GRAZIE AD ALCUNI GRILLINI: “MA ANZICHE’ FARE L’ARBITRO E’ SCESO IN CAMPO PER GIOCARE”
«Pentito della mia scelta? Risponderò alla fine di questa partita, quando tutto sarà più chiaro. Ma una cosa è certa: Grasso anzichè fare l’arbitro è sceso in campo per giocare. Da lui mi aspettavo un atteggiamento diverso».
Mario Michele Giarrusso un anno e mezzo fa disubbidì a Grillo e alla linea ufficiale del Movimento, votando Grasso come presidente del Senato.
Perchè se l’ex magistrato siede sullo scranno più alto di Palazzo Madama lo deve (anche) a un gruppetto di grillini.
Quelli che, di fronte alla scelta «o Grasso o Schifani», non lasciarono la scheda bianca, come da linea ufficiale.
No, loro scelsero il magistrato antimafia. Quello che è oggi è il Nemico.
«Sarebbe stata un’infamia insopportabile collaborare all’elezione di Schifani», disse Giarrusso, tra i pochi a uscire allo scoperto dopo che Grillo chiese ai ribelli di palesarsi. «L’eletto deve rispondere delle sua azioni con il voto palese per questo vorrei che i senatori M5S dichiarassero il loro voto» tuonò il leader dal blog.
E ancora: «Il voto segreto non ha senso».
Ah, e le battaglie di questi giorni?
«Il problema è che Grasso non sta svolgendo il suo ruolo di presidente super partes», aggiunge Giuseppe Vacciano, uno che dopo aver votato Grasso disse: «Se si cercano i colpevoli di alto tradimento ai princìpi del M5S, ecco: uno lo avete trovato. Sono pronto a dimettermi».
Ripensamenti? «Del senno di poi son piene le fosse». Però lo scontro in atto in Senato fa riflettere. «Quando l’ho votato — ammette —, l’ho fatto per il suo percorso personale, avevo speranze. Prendo atto che non è così».
E allora aveva ragione Grillo?
«A quanto pare sì» sospira il senatore Francesco Molinari. «Una precisazione, però — mette subito le mani avanti — io non ho votato Grasso. E sfido chiunque a dimostrare il contrario».
Ma in quei giorni prese le difese dell’ala dissidente, chiedendo a Grillo «meno reazioni isteriche e più fiducia», invitando a «studiare le differenze tra cariche istituzionali e ruoli politici».
Oggi la pensa diversamente. «Grasso gestisce l’Aula come se fosse una Corte d’Assise».
A molti di quei senatori l’intransigenza è costata cara.
Se ne sono andati sbattendo la porta o sono stati cacciati, come Fabrizio Bocchino. «Io non rinnego quel voto a Grasso – ripete difendendo la sua autonomia di pensiero – perchè in quel momento era una scelta tra due persone. E tra Grasso e Schifani il meno peggio era Grasso».
Lo rifarebbe? «Certo. I fatti di questi giorni mi hanno fatto sorgere dubbi sulle sue capacità di essere al di sopra delle parti, di garantire le opposizioni”.
Marco Bresolin
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