I RISULTATI DELLA GESTIONE ARCURI E LE PROMESSE DEL GOVERNO DRAGHI SULLE VACCINAZIONI
IL NODO DELLE REGIONI CHE FANNO DI TESTA LORO CON RISULTATI PARADOSSALI E I VACCINI CHE SONO SOLO IL 33,1% DI QUELLI PROMESSI
Carla ha 48 anni e vive a Siena, è un’insegnante ed è stata vaccinata. Sandro ne ha 32, fa lo stesso identico mestiere a Milano ma della sua prima dose di vaccino anti Covid neanche l’ombra.
Tiziano è un 90enne di Padova, aspetta ancora di essere vaccinato contro Covid-19 al contrario del coetaneo Guido, che vive a Roma ed è tranquillo con la sua doppia dose di Pfizer ricevuta.
E ancora in Sicilia le forze dell’ordine continuano a prendere appuntamento per il vaccino Astrazeneca: 14 mila i colleghi già in parte immunizzati con la prima dose. Nelle Marche solo 32 gli agenti coinvolti nella campagna.
Ogni Regione va avanti da sè. Tempi, priorità di categoria e logistica variano di territorio in territorio, con liste d’attesa sempre più lunghe e ritardi imprevisti nelle forniture.
Al momento sono circa 1 milione e 400 gli immunizzati in Italia, quelli cioè che hanno ricevuto entrambe le dosi di vaccino.
Lo stato dell’arte delle somministrazioni procede in ritardo e buona parte della popolazione continua ad attendere. Più avanti di tutti sono gli operatori sanitari e sociosanitari con 2.283.724 di iniezioni. Seguono i 684.182 lavoratori non sanitari che hanno ricevuto la prima dose e i 387.075 ospiti di Rsa.
Ma la situazione ancora più difficile è quella che riguarda la vaccinazione di massa delle successive categorie previste dal piano.
Su 4,4 milioni di over 80, solo 579.039 hanno ricevuto almeno una dose. Poi ci sono le fasce di popolazione appartenenti alla fase 3 che invece aspettano di ricevere AstraZeneca. Anche in questo caso si parla di numeri bassissimi.
Sul totale di 3.894.847 di personale docente e non docente, forze armate e di polizia, penitenziari e luoghi di comunità , ad oggi solo sono 147.757 i docenti scolastici con prima dose ricevuta, 61.748 le forze armate.
Le promesse (vecchie e nuove) che non tornano
«Entro marzo vaccineremo 7 milioni di persone». L’ultimo annuncio del Commissario per l’emergenza Domenico Arcuri aveva posto un obiettivo chiaro sul numero di popolazione da immunizzare entro il primo trimestre.
La linea che il governo sta tentando di portare avanti prevede da un lato la fase 1, con operatori sanitari, Rsa e over 80, dall’altro una parte della fase 3 con docenti, personale scolastico e forze dell’ordine.
Nelle ultime ore Mario Draghi ha alzato ulteriormente la posta, puntando perfino a un secondo trimestre di circa 600 mila somministrazioni al giorno e 19 milioni di dosi al mese iniettate.
Queste le possibili nuove ambizioni sul tavolo del governo per un’immunità di gregge da raggiungere entro l’estate. Ma in attesa di una definizione delle nuove modalità , l’obiettivo più prossimo per il governo rimane quello di garantire il vaccino per i 7 milioni di italiani in attesa, promessa da dover raggiungere ormai negli ultimi 30 giorni rimasti del primo trimestre 2021.
Anche in questo caso le promesse del direttivo sembrano essere in bilico tra due problemi principali. Forniture e ritmo di somministrazione.
Il numero complessivo di dosi previste entro marzo è di 15.694.998, una cifra già ridotta rispetto ai 28 milioni di fornitura promessi all’inizio della campagna vaccinale.
Con un totale di oltre 15 milioni di dosi la promessa dei 7 milioni di immunizzati potrebbe essere quindi rispettata, considerando la necessità di doppia somministrazione per tutti e tre gli attuali vaccini anti Covid autorizzati.
Da considerare, a questo punto, è l’assenza di carichi di scorta per eventuali imprevisti e ritardi. Un criterio invece seguito al tempo degli accordi iniziali, quando per garantire un’immunizzazione certa, l’ordine previsto per il trimestre era stato del doppio del necessario, 28 milioni appunto.
A proposito di imprevisti e ritardi poi, la situazione attuale è preoccupante.
Sono state finora consegnate il 33,1% delle dosi promesse dalle tre case farmaceutiche Pfizer, Moderna e AstraZeneca, e cioè solo un terzo del previsto.
Per rispettare le scadenze, nelle prossime 5 settimane dovranno essere distribuite in media 2 milioni di dosi ogni 7 giorni. Tra costanti annunci di ritardi e problemi di consegna, Pfizer al momento registra il 43,3% di carico consegnato. Mancherebbero all’appello entro marzo 5.107.288 dosi.
Per Moderna la percentuale di fornitura ad oggi consegnata è del 18,4% con circa 1.085.400 di dosi mancanti.
Situazione simile per AstraZeneca con il 19,6% di consegna già fatta, 1.048.800 dosi date al Paese sulle 5.352.250 promesse
Non solo ritardi: ritmo giornaliero insufficiente e dosi ancora in frigo
Mancano 5 settimane alla fine del primo trimestre ed esattamente 5.623.388 milioni di persone da vaccinare per rispettare la promessa della strategia nazionale anti Covid.
Il ritmo giornaliero di somministrazioni è attualmente di 70 mila dosi, un numero ancora troppo basso e che da settimane non accenna ad aumentare.
Per riuscire a immunizzare i 7 milioni di italiani promessi dovremmo balzare già da ora a circa 340 mila iniezioni al giorno.
Senza contare del possibile obiettivo su cui Mario Draghi sarebbe orientato per il secondo trimestre. Lì le dosi giornaliere dovranno raddoppiare e raggiungere il ritmo di 600 mila somministrazioni ogni 24 ore.
Il governo ha spesso motivato la questione della lentezza facendo riferimento ai frequenti tagli di fornitura a cui le big pharma ci hanno abituato fin dai primi momenti di campagna. Ma non è solo questo.
Fino ad ora, per esempio, è stato somministrato solo il 14% delle dosi di AstraZeneca arrivate sul territorio nazionale, con Regioni che non hanno nemmeno iniziato ad utilizzare la fornitura per docenti e forze dell’ordine, e aree in cui le somministrazioni del vaccino di Oxford hanno raggiunto poco più dell’1%.
Non meglio per le dosi di Moderna, ben al di sotto del 50% di somministrazioni: sulle 244.600 dosi disponibili solo 101.178 risultano attualmente iniettate (41,6%).
Meglio per Pfizer con l’88,4% di somministrazioni. Il fatto che il vaccino americano sia stato riservato agli ospedali per la primissima fase di campagna ha con tutta probabilità facilitato la rapidità di esecuzione. La sfida più ardua e non ancora vinta è quella della somministrazione di massa dove l’azione capillare sul territorio sta mostrando falle più che evidenti.
La mappa dell’Italia vista dall’alto: i più lenti e i più veloci
Le Regioni che attualmente possono considerarsi le migliori in assoluto per ritmo e numero di somministrazioni non sono molte.
Nel conteggio in percentuale della proporzione tra numero di dosi arrivate e numero di dosi utilizzate, al di sopra del 90% troviamo Valle d’Aosta e Provincia Autonoma di Bolzano. Subito dopo a seguire con 297.967 dosi iniettate su 364.440 arrivate c’è la Toscana, all’81,8%. Campania e Friuli Venezia Giulia sostano poco più sopra dell’80%.
5 le Regioni sotto il 70%: Liguria, Molise, Umbria, Calabria e Sardegna.
Queste ultime due si classificano in assoluto come fanalini di coda rispettivamente con il 57,8% di dosi somministrate ( 99.620 su 172.280) e il 60,5%, 87.287 iniezioni eseguite su 144.380 potenziali.
(da Open)
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