I SENATORI M5S CHE NON VOGLIONO IL CONTRATTO CON LA LEGA
SONO ALMENO OTTO I SENATORI GRILLINI “RIBELLI” CHE POTREBBERO REGALARE BRUTTE SORPRESE A DI MAIO E SALVINI
Avevamo lasciato ieri Elio Lannutti, coraggiosissimo senatore a 5 Stelle nonchè Presidente di Adusbef, a lamentarsi dell’accordo di governo M5S-Lega.
Nonostante le percentuali bulgare ottenute nella consultazioni sulla piattaforma di voto elettronico dei pentastellati a quanto pare a diversi portavoce l’idea di andare al governo con Salvini proprio non piace.
I cosiddetti malpancisti ne hanno un po’ per tutti, c’è chi non vuole che il Ministero dell’Agricoltura vada alla Lega, chi invece avrebbe preferito non fare accordi con politici di professione e chi come Paola Nugnes non gradisce le posizioni sull’Immigrazione
Ieri Lannutti scriveva parole di fuoco contro il nuovo governo parlando di “restaurazione” opposta al tanto atteso cambiamento.
Ma non solo, per Lannutti i nomi che circolavano in quelle ore erano estranei ai principi e ai valori del M5S.
Secondo il senatore pentastellato il nuovo governo era composto da «cariatidi, lestofanti del potere marcio e corrotto, legati a cricche, combriccole, faccendieri, logge coperte, grembiulini, pseudo Autorità e manutengoli del potere». Probabilmente nemmeno il governo Renzi o il governo Monti hanno ricevuto una scarica così rabbiosa di aggettivi e insulti.
Qualcosa deve essere successo nel frattempo. E non è solo la pubblicazione dell’articolo di Paola Zanca sul Fatto Quotidiano di oggi dal titolo I “ribelli” di Palazzo Madama che il contratto non prevede dove le critiche feroci di Lannutti sono affiancate a quelle della Nugnes, di Nicola Morra, Gianluca Ferrara, Saverio De Bonis, Matteo Mantero (tra i padri della legge sul biotestamento), di Alessandra Maiorino (senatrice attivista per i diritti LGBT) o del senatore Gianmarco Corbetta attivista No-Pedemontana.
In totale si tratta di circa sette o otto senatori “ribelli”.
E al Senato sono numeri che fanno paura alla maggioranza, visto che Lega e M5S hanno appena sei voti di scarto. Senza quei voti il M5S sarebbe costretto a tornare ad inseguire i diciotto senatori di Fratelli d’Italia.
Oggi Lannutti è tornato su Facebook con toni più concilianti. Non rinuncia a ricordare di “essersi battuto invano” per un premier eletto dal popolo (invece che un tecnico). Ma loda Di Maio che ha saputo fare un passo indietro per il bene del paese. Il principale attore pentastellato dell’accordo con la Lega, il Capo Politico del MoVimento, viene definito così “uno statista” del quale Lannutti è orgoglioso.
Eppure appena 15 ore prima Lannutti tuonava contro grembiulini, manutengoli e lestofanti che sarebbero arrivati al governo proprio grazie a quell’accordo approntato da Di Maio e dai vertici pentastellati.
Chissà cosa è successo per far dire a Lannutti che «Come è noto, preferisco restare dietro le quinte dando un contributo (se richiesto e gradito), ai ‘portavoce’ del M5S più giovani di me che devono andare avanti».
Dove sono finite le critiche feroci all’establishment? Sparite, normalizzate.
La situazione però sul fronte dei senatori “ribelli” rimane tesa.
Il 6 maggio Paola Nugnes, molto vicina al presidente della Camera Roberto Fico, aveva scritto un post durissimo contro Salvini e contro la Lega.
Poi la senatrice ha dedicato una serie di post sul “pacchetto Sud” facendo trasparire tutta la sua delusione per il contenuto del pacco e ha condiviso alcune critiche alla proposta di introdurre il vincolo di mandato in Costituzione.
Infine un paio di giorni fa a FanPage ha confessato che avrebbe votato la fiducia al governo (del resto è obbligata a farlo dallo statuto parlamentare del M5S) ma che non avrebbe votato flat tax (provvedimento sul quale ha detto di aver registrato anche la defezione di Andrea Roventini) e legge sull’immigrazione che prevede i rimpatri forzati.
Due punti importanti nel contratto del governo del cambiamento.
Ad oggi la Nugnes, coerentemente con le idee che ha sempre avuto, è l’unica tra i parlamentari pentastellati che ha espresso pubblicamente il suo dissenso rispetto al contratto di governo annunciando l’intenzione di non votare alcuni provvedimenti legislativi.
Gli altri 7 senatori citati dal Fatto per il momento non commentano pubblicamente.
Ma siamo così sicuri siano solo loro i dissidenti?
(da “NextQuotidiano”)
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