IL 2024 ANNO DI ELEZIONI TRA EUROPEE, REGIONALI E COMUNALI
ECCO IL CALENDARIO DEGLI APPUNTAMENTI
Sarà l’anno delle Europee, ma non solo: nel 2024 si voterà in cinque regioni e in 3.700 comuni, di cui 27 capoluoghi di provincia. C’è Firenze, dove il centrodestra proverà a prendersi il dopo-Nardella; ma anche la Bari di Antonio Decaro, presidente Anci arrivato al secondo mandato da sindaco del capoluogo pugliese. Anche qua la destra proverà l’assalto, ben consapevole che nella partita parallela – quella delle Regionali – dovrà difendersi. Perché delle 5 regioni al voto – Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria – tutte sono governate da esponenti di centrodestra. Per il governo, dunque, il 2024 sarà il primo e vero test per misurare il proprio consenso a circa un anno e mezzo dalle elezioni che hanno incoronato Giorgia Meloni. Per lei, la premier, sarà una prova decisiva affinché la navigazione dell’esecutivo continui serena. A darle una mano potrebbero essere le solite divisioni dell’opposizione, presenti anche laddove allearsi è condizione necessaria per la vittoria. Ma di litigi si parla anche nel centrodestra, diviso tra la riconferma dei governatori uscenti e il cambio di passo.
Europee, ipotesi election day
Le date sono ancora incerte. Le Europee si svolgeranno tra il 6 e il 9 giugno (ma probabilmente il 9, di domenica). Sarà un test nazionale e dunque il più affidabile per valutare lo stato dei partiti. Niente alleanze: alle Europee si vota con un proporzionale puro in cui anche i partiti di maggioranza si ritroveranno l’uno contro l’altro. I più piccoli dovranno vedersela con la soglia di sbarramento al 4 per cento. La novità è che si dovrebbe votare in un unico giorno, in controtendenza rispetto alla prassi anti-affollamento dei due giorni che ha contraddistinto tutte le elezioni a partire dall’avvento della pandemia. Non solo: la data della tornata europea potrebbe essere accorpata a quella delle amministrative. È l’idea avanzata da Matteo Salvini, secondo il quale unire temporalmente le due competizioni “ha senso per non far votare i cittadini 2 o 3 volte e per far risparmiare tempo e soldi”. Si vedrà. Nel frattempo le uniche regioni ad aver scelto sono l’Abruzzo e la Sardegna, che andranno al voto rispettivamente il 24 febbraio e il 10 marzo.
Le Regionali
Sarà dunque la Sardegna la prima Regione ad andare al voto nel 2024. Dalla competizione uscirà un verdetto che, qualunque sarà, potrebbe influenzare le elezioni successive. La situazione è ancora incerta: la corsa del governatore uscente, il leghista Christian Solinas, non è affatto scontata. L’accordo nel centrodestra non è ancora stato siglato e a quanto pare Fratelli d’Italia starebbe spingendo per piazzare uno dei suoi. Pesa il cambio dei rapporti di forza tra i partiti di maggioranza rispetto al periodo in cui fu incoronato Solinas e, soprattutto, il consenso – scarso, è il timore – su cui poggia quest’ultimo. Dalla parte opposta del campo non se la passano meglio. Perché se il centrodestra dopotutto finirà per convergere su unico candidato, il centrosinistra si è già spaccato sulla candidatura della pentastellata Alessandra Todde.
La vicepresidente del M5S è riuscita ad incassare anche il supporto del Pd, peccato che – neanche a dirlo – l’accordo abbia provocato una frattura tra i dem dell’isola. Bene che vada sarà una corsa a tre: Solinas, Todde e Renato Soru, fondatore di Tiscali nonché presidente della Sardegna in quota Pd dal 2004 al 2009. La sua richiesta di primarie è caduta nel vuoto, così ha annunciato la sua candidatura e ha lasciato il Pd sbattendo la porta: “Non è accettabile – ha detto – che il candidato del centrosinistra in Sardegna sia frutto di uno scambio tra Pd e M5s con il Piemonte”, è l’accusa di Soru. E in effetti i pentastellati dovrebbero ricambiare il favore. Solo in teoria, però. Perché anche qua tra i dem si litiga e non poco. In lizza per la candidatura alla presidenza ci sono la fedelissima di Elly Schlein Chiara Gribaudo, il consigliere regionale Daniele Valle e l’outsider Guido Saracco, rettore del Politecnico.
In Abruzzo, invece, pare che i cinque anni di opposizione abbiano compattato il campo dei partiti di minoranza. La notizia è che qui c’è già un candidato e che è supportato da tutto il fronte progressista: Pd, M5S, Azione e Italia Viva. Un unicum al momento, che porta il nome di Luciano D’Amico, ex rettore dell’Università di Teramo. Sarà lui a sfidare l’uscente Marco Marsilio, fedelissimo di Meloni e unico esponente di FdI finora candidato alle Regionali. Anche in Basilicata e in Umbria, salvo imprevisti, saranno ricandidati gli uscenti: il lucano Vito Bardi, azzurro già blindato da Antonio Tajani, e Donatella Tesi della Lega. Nel centrosinistra la situazione è ancora incerta
Le amministrative
Quasi 4.000 comuni, 27 capoluoghi di provincia di cui 6 di regione (Bari, Cagliari, Campobasso, Firenze, Perugia e Potenza). La data è ancora incerta, ma dalle parole di Salvini si fa largo l’ipotesi di un election day il 9 giugno. Anche le candidature sono in fase di definizione. Sarà interessante vedere dove andrà il centrosinistra a Firenze e a Bari, dove i due sindaci uscenti saranno costretti a farsi da parte per aver raggiunto il limite dei due mandati. A Bari i dem sono ancora alla ricerca del successore di Decaro (non è esclusa una sua candidatura per le prossime regionali), mentre nel capoluogo toscano molto probabilmente sarà Sara Funaro – attuale assessora al Welfare della giunta Nardella – la candidata del Pd. Niente di ufficiale nel centrodestra, ma gli alleati potrebbero puntare sul direttore degli Uffizi Eike Schmidt, autodefinitosi “antifascista” in un’intervista a Repubblica in cui, tra le altre cose, ha fatto sapere che scioglierà la riserva sulla sua candidatura non prima di gennaio. A Cagliari invece il centrodestra potrebbe confermare l’uscente di FdI Paolo Truzzu, ma l’incertezza è dovuta al fatto che quest’ultimo sarebbe in pole position per prendere il posto di Solinas qualora la coalizione decidesse di non sostenerlo nella corsa regionale.
(da la Repubblica)
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