IL DENARO FA GIRARE IL MONDO O LA TESTA?
ORIGINI E RUOLO DELLE BANCHE CENTRALI…NON DOVREBBE ESSERE IL POPOLO IL VERO PADRONE DELLA MONETA?
Siamo tutti economisti! Nei bar, a casa, sugli autobus, in ufficio, col cassiere della propria banca, il tema della catastrofe economica coinvolge l’immaginario collettivo e se poi si ha anche un congruo gruzzolo da parte o se ci si è azzardati in piccole speculazioni, il dramma pare dietro l’angolo.
Vabbè ma, quel che è peggio,” money makes the world go round “— è il denaro che fa girare il mondo — e ora anche la testa della gente.
Qui da noi, oltre ai discorsi da strada, solo alcuni, i più avveduti, si lanciano a parlare a mezza voce di una scarsa trasparenza del sistema finanziario. Ma più in là non si va. Purtroppo. Perchè se solo si volesse approfondire la questione, senza accontentarsi dell’informazione corrente, effimera e faziosa, si scoprirebbero cose molto, ma molto interessanti.
Perchè il male sta alla radice e precisamente in quell’anno di grazia , in cui fu fondata la Banca d’Inghilterra, prototipo di tutte le banche centrali oggi esistenti al mondo. Di tutte le centrali di usura, direbbe Pound, ma, per non essere tacciati di partigianeria, lasciamo da parte l’autore dei Cantos e facciamo parlare Karl Marx : “La banca trae beneficio dall’interesse su tutta la moneta che crea dal nulla … Fin dalla nascita le grandi banche, agghindate di denominazioni nazionali, non sono state che società di speculatori privati che si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di anticipare loro denaro”.
La citazione sarebbe ancora lunga e molto preziosa per la chiarezza dell’esposizione, quindi, per chi è interessato, rimandiamo alla lettura del Capitale, in particolare del I° libro cap. 24.
Il nostro sistema monetario, così come quello degli altri Paesi, vive su una grande finzione: quella del valore collegato alla moneta, che è una favola già conclusa da un pezzo perchè quella frasetta che era stampata sulle banconote “pagabili a vista al portatore” — che adesso, a scanso di equivoci hanno avuto almeno il pudore di eliminare — e che vorrebbe dire che in banca, in teoria, dovrebbero avere l’equivalente in oro di ogni moneta stampata, non è vera da quando, con l’accordo di Bretton Wood, sono state abolite le riserve auree.
Quindi è rimasta solo la carta. Cartaccia venduta, (con interessi decisi arbitrariamente dai banchieri) dalle banche (leggi dai privati), agli Stati (leggi ai cittadini) che, invece, dovrebbero essere gli unici proprietari della moneta ma che sono stati scippati dalle congreghe finanziarie che fanno il bello e cattivo tempo, dato che nessuna legge stabilisce di chi debba essere la proprietà della moneta all’atto dell’emissione.
Perchè le banche, è bene ricordarlo, sono enti privati, grandi speculatori che guadagnano cifre da capogiro sulla carta-moneta venduta allo Stato il quale ha ceduto la sua sovranità monetaria — legandosi mani e piedi — a chi, costituzionalmente, non avrebbe alcun titolo in merito.
Secondo questa logica davvero perversa lo Stato acquista, già gravata da un debito di nascita, una moneta che non è neppure coperta da alcun bene reale.
Riassumiamo. La Banca Centrale (privata) stampa la carta-moneta, le dà un valore nominale e la vende allo Stato in cambio di titoli di debito pubblico, con interesse annuo deciso da lei stessa.
Lo Stato — gli Stati — per conto dei banchieri fanno pagare al cittadino questo debito fittizio attraverso la pressione fiscale (Iva, Irpef, Ilor, una tantum ecc) e senza nessuna speranza di venirne fuori, dato che il debito non potrà mai essere estinto perchè pari al valore nominale di tutta la moneta in circolazione, quella già emessa e quella in emissione.
In tal modo le banche centrali, non solo espropriano e indebitano la collettività nazionale del suo denaro, ma pongono le premesse per usurpare, tramite la sovranità monetaria, la stessa sovranità popolare.
Qualsiasi Governo conta come il due di briscola, e basterebbe a dimostrarlo anche solo in Italia, la presenza costante ai vertici dello Stato di uomini “di banca” – governatori o direttori della Banca d’Italia – come lo sono stati e lo sono i vari Einaudi, Carli, Ciampi, Dini e compagnia, chiamati a “tenere in piedi la baracca” nei periodi di maggior difficoltà dei partiti perchè le Banche non perdano la gallina dalle uova d’oro, cioè il sistema vigente.
E di chi è la Banca d’Italia? Ve lo siete mai chiesto?
Le sue quote sono possedute da varie altre Banche e da Assicurazioni, cioè sempre enti privati, su cui la stessa Banca d’Italia dovrebbe … vigilare.
Un bel meccanismo che è funzionale a se stesso, che nessuno osa mettere in discussione, e che era stato stigmatizzato alcuni anni fa da Alemanno e da Epifani (una certa destra e una certa sinistra) i quali, in due interviste separate al Corriere della Sera, avevano parlato dell’urgenza di portare la proprietà della Banca d’Italia allo Stato, cioè a quello che dovrebbe esserne il legittimo proprietario, e quindi ai cittadini, che sono poi i veri padroni della moneta.
Il marasma della situazione americana – splendido il primo “no” dei politici, pressati dagli elettori (da qui la votazione bipartisan) al Piano Paulson, (leggi: addossare i debiti delle Banche ai cittadini) – ci offre lo spunto per citare Thomas Jefferson “Se gli americani consentiranno mai a banche private di emettere il proprio denaro, prima con l’inflazione e poi con la deflazione, le banche e le grandi imprese collegate, priveranno la gente delle loro proprietà finchè i loro figli si sveglieranno senza tetto, nel continente conquistato dai loro padri. Il potere di emissione va tolto via dalle banche e restituito al popolo, al quale esso appartiene propriamente”.
Flora
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