IL GELO DI ZAIA SULLA MOSSA DI SALVINI DI NOMINARE SUOI VICE, SILVIA SARDONE (AL POSTO DI CRIPPA) E ROBERTO VANNACCI: “È UNA PREROGATIVA DEL SEGRETARIO, È GIUSTO E LO RISPETTO. MI FERMO QUI”
PER SALVINI, CHE DEVE FRONTEGGIARE I MAL DI PANCIA NELLA BASE PER LA SCELTA DEL GENERALE, C’E’ ANCHE LA GRANA TRENTINO CON IL LEGHISTA FUGATTI PRONTO A CORRERE PER LA TERZA VOLTA
Quattro vicesegretari e una piccola rivoluzione interna che genera molti malumori.
Matteo Salvini spiazza tutti e annuncia al consiglio federale il quartetto che lo affiancherà al vertice: Claudio Durigon, Alberto Stefani, Roberto Vannacci e Silvia Sardone.
Se i primi due sono riconferme, la novità è la promozione del generalissimo, fresco di tessera leghista, e l’arrivo della ex forzista lombarda Sardone come vice al posto di Andrea Crippa. Uno choc per i gruppi parlamentari, dove nessuno sapeva niente prima di aver letto la notizia sulle agenzie.
Resta muto il defenestrato Crippa, al quale Salvini assicura in futuro «un ruolo rilevante per il bene della Lega». Petto in fuori, il generale Roberto Vannacci, è invece al solito loquace.
E svela il senso politico che questa mossa ha per Salvini: attrezzare la Lega per una competizione sempre più serrata con (contro) Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni. «Siamo l’unico vero partito sovranista in Italia – sottolinea infatti Vannacci all’ Adnkronos . Non facciamo finta e non ci pieghiamo ai compromessi. Non ci lasciamo ammaliare dagli inciuci».
Un messaggio chiaro e diretto a Fratelli d’Italia, che in Europa collabora con Ursula von der Leyen.
Salvini è consapevole che Vannacci, dentro la Lega, è sopportato a stento. Ma, come alle ultime Europee, ha bisogno della forza propulsiva dell’ex militare di estrema destra per puntellare la gara dei consensi con FdI. Quanto a Silvia Sardone, il segretario è convinto che possa crescere mediaticamente e politicamente fino a diventare l’anti-Meloni leghista.
Nasce infatti nella covata moderata di Guido Podestà, all’epoca ras berlusconiano della Lombardia. Poi passa sotto l’ala di Mariastella Gelmini, ma viene messa presto ai margini perché accusata di puntare troppo baldanzosamente alla corte del sovrano di Arcore.
Da lì la rottura e il passaggio alla Lega, di cui è diventata l’aralda sovranista nei talk in tv. L’interessata, naturalmente, ricambia con gratitudine e ringrazia per i gradi ricevuti: «Essere nominata vice segretaria, la prima donna nella storia della Lega, è per me un grande onore e una responsabilità che assumo con
entusiasmo».
Tra i tanti malmostosi per il giro di nomine, l’unico ad avere il coraggio di uscire fuori a viso aperto è il solito Luca Zaia, che sta a Vannacci come l’aglio ai vampiri. La sua dichiarazione è il gelo assoluto: «È una prerogativa del segretario scegliere i vice, è giusto e lo rispetto. Mi fermo qui. Nel senso che non è che cambio identità in base ai vice segretari».
Ma oltre ai vicesegretari, c’è un’altra enorme grana in vista per la Lega. La questione del divieto del terzo mandato per i presidenti di regione. Archiviata la pratica Zaia, dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha stabilito il divieto di ricandidatura per le regioni a statuto ordinario, il problema è ora il Trentino.
Il leghista Maurizio Fugatti, in carica, ha già fatto sapere di essere pronto a correre per la terza volta. Ma Fratelli d’Italia e Forza Italia pensano, al contrario, che il divieto di terzo mandato debba per coerenza essere esteso anche alle regioni a statuto speciale.
Il ministro per le riforme Elisabetta Casellati ha anticipato l’intenzione dell’esecutivo di impugnare la legge che consentirebbe la ricandidatura di Fugatti. I termini scadono il 19 maggio e proprio lunedì ci sarà il Consiglio dei ministri che potrebbe decidere per l’impugnativa. «La questione – ha spiegato Casellati – è che se c’è una legge di una provincia a statuto speciale che parla di terzo mandato, un problema si pone nel rapporto con la legge ordinaria».
Salvini ieri ha sparato in aria il suo bengala: «Mi auguro che l’esecutivo non impugni la legge»
(da La repubblica)
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