IL GIOVANE MATTEO È DIVENTATO IL COMPLOTTISTA RENZI
IN SCENA UN GRANDE CLASSICO DEI LEADER IN DIFFICOLTA’: I COMPLOTTI
“Poche ciance. Questa è un’altra Leopolda. Noi siamo al governo, io sono al governo”.
Lo diceva così nell’intervento conclusivo della “sua” manifestazione, nella vecchia stazione industriale di Firenze, Matteo Renzi.
Ammettendo e quasi rivendicando il fatto che ci sia un Matteo prima e un Matteo dopo.
Un Matteo prima, rottamatore, con la battuta sempre pronta. E un Matteo dopo, col sorriso sghembo, più recriminatore che seduttivo. “E con chi dovevo trattare, con Dudù?”, si chiedeva l’allora segretario dem per giustificare l’accordo con Berlusconi, siglato nella sede del Pd.
“Il Patto del Nazareno è un atto parlamentare”, protesta l’attuale presidente del Consiglio, con tono serioso e severo.
C’era una volta il giovane premier, quello che le cronache glorificavano, a costo di sfidare il ridicolo.
Qualche giorno prima delle Europee, sul supplemento del Sole 24 Ore un pezzo raccontava del capo del governo che mangiava pizza a taglio a notte fonda a Palazzo Chigi, tra una riunione e l’altra, che si aggirava per le stanze scalzo e con i jeans stracciati.
E si favoleggiava di karaoke tra sottosegretari.
Il presidente ragazzino, che fuggiva la scorta per andare a giocare a calcetto, era già leggenda per la stampa italiana.
Lui forniva materiale continuo: ecco le slide, con tanto di pesciolino rosso, della prima conferenza stampa ufficiale a Palazzo Chigi; ecco il caffè nel villaggio di Sidi Bou Said con le giovani tunisine della primavera araba, sulle quali cercava di fare colpo a botte di francese maccheronico; eccolo intento a illustrare alla Merkel l’architettura di Berlino; eccolo, compiaciuto e quasi incredulo, accanto a Obama.
Presto, però, la leggenda in costruzione si è scontrata con la dura realtà .
E allora, eccolo, prima dell’estate, prendere a picconate l’intero Senato, reo di aver qualcosa da ridire sulla sua riforma costituzionale.
Ricatto contro ostruzionismo.
Eccolo promettere mari e monti per tutta l’estate sullo Sblocca Italia e la riforma della giustizia.
E poi, rispetto al ridimensionamento dei provvedimenti, provare l’arma di distrazione di massa: l’offerta del gelato ai giornalisti nel cortile di Palazzo Chigi.
Scena indimenticabile, con il premier intento a girare con un cono in mano, e nessuno che lo accetta. A guardarsi indietro, è proprio quello il momento in cui il film si incrina. Cambia verso.
A Ferrara, al Festival di Internazionale, gli tirano le uova in piazza. Nei suoi discorsi, tra i nemici, insieme ai gufi, ai rosiconi, ai professoroni, appaiono gli editorialisti.
Il 10 ottobre in Emilia Romagna il premier sembra più a suo agio mentre inaugura lo stabilimento della Philip Morris a Zola Predosa, che mentre apre la campagna elettorale per le regionali di Bonaccini a Medolla.
Imprese e industriali sono al top dei suoi pensieri. E delle sue “comparsate” pubbliche. Sul jobs act in Senato mette la fiducia e liquida così le resistenze: “Mi preoccupa la disoccupazione, non l’opposizione”.
Il gioco si fa sempre più duro. Silenzio del premier sull’alluvione a Genova. Silenzio sugli incidenti in piazza a Roma con gli operai picchiati. Silenzio su Stefano Cucchi. Se qualcosa non va, meglio non parlarne.
Ed evocare piani di destabilizzazione da parte di ignoti non ben identificati.
Arriva un grande classico dei leader in difficoltà , i complotti. Li ha fatti trapelare per giorni, Renzi. Poi ieri a Brescia li ha denunciati ad alta voce: “C’è un disegno per dividere l’Italia, usando il lavoro”.
L’eloquio diventa sempre più cupo. Le ombre s’addensano. Le accuse e i sospetti s’infittiscono, con l’“odore di massoneria” evocato da De Bortoli e i “poteri forti” tirati in ballo dalla Camusso.
Palazzo Chigi non è un pranzo di gala. Tra compromessi politici continui, economia che non riparte, riforme bloccate, favori obbligati alle lobby, corporazioni in ebollizione, Parlamento incompetente ma anche vendicativo, Renzi sembra un altro. Appesantito, solo e arrabbiato. “Ieri dicevano che eravamo ragazzini, oggi che siamo poteri forti. Facciamo paura, perchè hanno capito che questa è #lavoltabuona”, scriveva ieri su Twitter.
La paura, di certo, serpeggia.
Wanda Marra
(da “il Fatto Quotidiano“)
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