IL GOVERNO FA UN PASTICCIO SUL CONDONO. E LA COPERTA PER LA MANOVRA SI FA PIÙ CORTA
I TECNICI DEL TESORO E DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE HANNO STOPPATO IL TESTO DELLA “SANATORIA TOMBALE” PENSATA DAL VICEMINISTRO MELONIANO, MAURIZIO LEO, PER CONVINCERE GLI AUTONOMI AD ADERIRE AL CONCORDATO BIENNALE… SALTANO LA RETROATTIVITÀ FINO AL 2018 E IL TAGLIO DELL’IVA (VIETATA DALLA REGOLE EUROPEE)
Dario Damiani risponde al telefono a metà pomeriggio. L’emendamento sul condono? «Ah sì, domani depositeremo in commissione un nuovo testo». Il senatore di Forza Italia è uno dei tre firmatari della sanatoria tombale che la maggioranza vuole infilare nell’ultimo decreto omnibus, giusto in tempo per convincere i lavoratori autonomi ad aderire entro fine ottobre al concordato biennale. Se la misura dovesse rivelarsi un flop come in passato, il governo non avrà le risorse per finanziare nuovi tagli dell’Irpef ai lavoratori dipendenti.
Sulla carta il megacondono raccontato ieri da questo giornale è un’iniziativa del Parlamento, ma nei palazzi è noto che si tratta di un espediente del governo per non intestarsi una misura politicamente indigesta e tecnicamente confusa. Non è chiaro se la fuga in avanti sia stata opera del viceministro Maurizio Leo, e se sia arrivata a Palazzo Chigi. «Su questo testo non c’è stato mai stato un confronto con il ministro Giorgetti», taglia corto una fonte autorizzata del Tesoro.
Sia come sia, quando l’emendamento è arrivato sul tavolo dei tecnici del Dipartimento delle Finanze e dell’Agenzia delle Entrate, sono stati sollevati più dubbi. Il condono, dedicato a chi aderirà al concordato per i prossimi due anni, promette di sanare con un ravvedimento fra il dieci e il quindici per cento tutte le somme evase a partire dal 2018.
Prima osservazione dei tecnici: oggi le regole europee vietano di condonare l’Iva, che è a tutti gli effetti un’imposta europea. Se accadesse, il governo Meloni aprirebbe un nuovo fronte con l’Europa. E due: i profili di incostituzionalità. Un condono lungo sei anni per le sole partite Iva non ha precedenti, e porta con sé l’accusa di disparità di trattamento dei contribuenti.
E così la maggioranza è corsa ai ripari, anche se il testo definitivo del nuovo emendamento non è ancora noto. «Saranno modifiche tecniche, l’impegno politico resta quello della prima formulazione», si schermisce Damiani. Secondo le poche informazioni raccolte ieri, dovrebbe essere ridotto l’arco temporale e aumentata l’entità della sanzione. Di certo dalla sanatoria sarà esclusa l’Iva non versata
L’unica cosa certa è che il condono, anche se ridimensionato, resterà. E non solo perché nella maggioranza c’è la gara a intestarsi il sostegno degli influentissimi cinque milioni di lavoratori autonomi.
Il timore concreto è quello di un flop del concordato biennale vent’anni dopo l’ultima edizione. Allora il gettito fu appena l’1,6 per cento di quello preventivato, e allora preceduto da un condono fiscale. Questa volta per incentivare le partite Iva ad aderire il viceministro alle Finanze Maurizio Leo ha introdotto tutti gli sconti possibili: niente controlli per il passato e il futuro, una tassa piatta per gli incrementi di guadagno.
Se a fine ottobre il concordato dovesse riscuotere poco successo, per il governo Meloni si aprirebbe un grosso problema politico. Fin qui l’ipotesi è di incassare due miliardi e mezzo di euro, con i quali coprire i tagli alle aliquote Irpef ai redditi fra i trentamila e i sessantamila euro, ulteriori rispetto a quelli da confermare ai redditi più bassi.
Resta da capire come farà la maggioranza a giustificare con l’Unione europea la copertura di tagli fiscali permanenti con un’entrata una tantum. Per questo è probabile il taglio abbia comunque durata annuale, come quello che quest’anno ha permesso la riduzione delle imposte a chi guadagna fino a ventottomila euro l’anno.
(da La Stampa)
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