IL GOVERNO SE NE FREGA DEL DIALOGO CON I MUSULMANI: I MEMBRI DEL CONSIGLIO PER LE RELAZIONI CON L’ISLAM, INSEDIATO PRESSO IL VIMINALE, SI SONO DIMESSI IN BLOCCO. E HANNO SCRITTO UNA LETTERA DI FUOCO AL MINISTRO PIANTEDOSI
“L’ORGANISMO È PRIVATO DI OGNI STRUMENTO OPERATIVO E CON OGNI EVIDENZA GIUDICATO NON RILEVANTE PER LA DEFINIZIONE DI ORIENTAMENTI E POLITICHE NEI CONFRONTI DELL’ISLAM ITALIANO”… IL CONSIGLIO, CHE NON ERA CONVOCATO DAL LUGLIO 2023, ERA COMPOSTO DA GIURISTI, SOCIOLOGI, POLITOLOGI, ISLAMOLOGI
Un passo indietro deciso e attuato insieme, con una lettera inviata al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, alla sottosegretaria Wanda Ferro e ai prefetti Laura Lega e Alessandro Tortorella, rispettivamente capo Dipartimento Libertà civili e immigrazione e direttore centrale per gli affari dei culti. Così l’altro ieri i membri del Consiglio per le relazioni con l’Islam, insediato presso il Viminale, ha deciso di prendere cappello e salutare i vertici del ministero.
Nella lettera, che Avvenire ha potuto visionare, sono esposte le motivazioni: «Con vivo rincrescimento, rassegniamo le nostre dimissioni da un organismo ormai pletorico, privato di ogni strumento operativo» – si legge – e «con ogni evidenza giudicato non rilevante per la definizione di orientamenti e politiche nei confronti dell’islam italiano e, più in generale, delle varie comunità di fede». Un gesto eclatante, dunque, che il Viminale, almeno fino a ieri sera, ha preferito non commentare.
Il Consiglio era composto, a titolo gratuito, da una dozzina di accademici di diversa formazione: giuristi, sociologi, politologi, islamologi, alcuni dei quali avevano già fatto parte di precedenti tavoli di dialogo (come quello aperto dal ministro Giuseppe Pisanu nel 2005).
Nella lettera, il coordinatore Paolo Naso e gli altri componenti denunciano come l’organismo – dopo una riunione il 13 luglio 2023 – non sia stato più convocato. In quella riunione, ricostruiscono i dimissionari, «sia i membri partecipanti che la sottosegretaria Ferro convennero su un piano di lavoro che sarebbe stato sostenuto con le risorse della nuova programmazione Fami».
Nei mesi seguenti, coerentemente con quelle aspettative, il Consiglio ha coinvolto diverse università per approntare «varie proposte in linea con le indicazioni generali ricevute dal Ministero». Ciononostante, lamentano ancora, «non si è concretizzato nulla. Il Consiglio non è stato più convocato. I rapporti per la definizione dei progetti Fami sono stati sospesi»
«Per alcuni di noi si conclude così una lunga collaborazione col Ministero, iniziata oltre dieci anni fa, carica di risultati importanti sul piano delle relazioni con la comunità islamica italiana», annota fra gli altri la professoressa Maria Chiara Giorda, docente di Storia delle Religioni all’università Roma Tre, rivendicando come il Consiglio abbia «prodotto vari documenti a beneficio delle istituzioni, d’intesa coi ministri di ogni parte politica succedutisi al Viminale » e sia riuscito «a favorire un processo di ravvicinamento tra le varie componenti» islamiche, culminato nel 2017 nella sottoscrizione comune del «Patto per un islam italiano».
(da Avvenire)
Leave a Reply