IL MERCATO DEI GIOCHI DA TAVOLO CONTINUA A CRESCERE, CON UN GIRO DI AFFARI DI QUASI 13 MILIARDI DI EURO ALL’ANNO CHE POTREBBE SUPERARE I 30 MILIARDI NEL 2032
I GRANDI CLASSICI COME “RISIKO”, “CLUEDO”, “MONOPOLI”, “SCARABEO” CONTINUANO VENDERE MA NEGLI ULTIMI ANNI SONO SPUNTATI MOLTISSIMI TITOLI, CHE HANNO SPOSTATO IN AVANTI L’ASTICELLA DI COMPLESSITA’, COINVOLGIMENTO E DIVERTIMENTO
Scegliere con cura tra le scatole impilate una sull’altra, dispiegare il tabellone consumato dalle troppe partite, posizionare minuziosamente, un pezzo per volta, pedine, gettoni, dadi. È forse questa ritualità profana a rendere intramontabili i giochi da tavolo.
Il mercato globale dei board game è di tutto rispetto: circa 14 miliardi di dollari. E nel 2032 potrebbe superare i 30. Se da un lato i classici come Cluedo e Scarabeo continuano a collezionare record di vendite, a trainare questa avanzata sono i concept più innovativi e quelli che ibridano digitale e tradizione.
I veri patiti sono i «kidult», adulti nostalgici e non troppo cresciuti, riportandoli alla ribalta dopo l’esplosione degli anni ‘90. Non a caso quasi il 40 per cento degli acquisti ricade sugli strategici come Risiko, seguiti dagli sci-fi e dal fantasy, con il gioco di ruolo Dungeons & Dragons ai primi posti.
«C’è bisogno di aggregazione e distacco dalla quotidianità, per questo il fantasy riscuote molto successo — nota Maurizio Cutrino, direttore generale di Assogiocattoli –. Si cercano tanto anche le illustrazioni e il vintage. Ma l’offerta è molto vitale».
La crescita è costante — dai due ai cinque punti percentuali l’anno — e il settore vale oggi all’incirca 150 milioni di euro, il 10 per cento di tutta la categoria giocattoli, secondo dati Circana. Trovare un’idea originale, però, diventa sempre più complicato e non è nemmeno una garanzia di successo. Sempre più indipendenti e piccoli editori entrano nel mercato sfruttando piattaforme di crowdfunding come Kickstarter, dove i giochi da tavolo sono i progetti più finanziati: due miliardi e mezzo di dollari totali. L’effetto è una moltiplicazione di titoli che dimezza i tempi di permanenza sugli scaffali.
Notizia positiva per gli acquirenti, che ogni anno si trovano davanti a migliaia di giochi inediti tra cui scegliere, un po’ meno per gli autori. Leo Colovini, veneziano, 60 anni, gestisce la società Studiogiochi e è uno di quei pochi autori italiani che vivono solo di questo. Ma oggi «il contratto medio che si riesce a strappare a un editore è del 6-7 per cento sul fatturato. Così se un gioco viene venduto al pubblico a 40 euro, l’editore solitamente ne guadagna 12, l’autore 72 centesimi». E piuttosto che investire su prodotti nuovi, sempre più spesso si preferisce andare sul sicuro, facendo indossare ai bestseller le vesti della serie tv o del film del momento.
«Nel mercato del gioco oltre il 30 per cento è composto da prodotti a licenza, Disney soprattutto», riferisce il direttore di Assogiocattoli. E così di Monopoly, che l’anno prossimo compie 90 anni, esistono centinaia di versioni diverse, da quella dei Simpson a Star Wars. Ma è anche il progresso tecnologico a dettare la linea. È vero che i videogiochi non costituiscono dei diretti rivali, perché «come per il cinema e il libro, gli investimenti e i pubblici sono diversi», sostiene Colovini. Eppure i giochi da tavolo sono ormai degli ibridi, che da anni ricorrono a app o siti web per rendere l’esperienza più ricca e immersiva.«L’aspetto tattile è ancora centrale, ma il digitale può dare un aggiunta al mondo fisico », dice Davide Garofalo, ceo di Xplored, società di Rapallo, e ideatore di Teburu, un nuovo sistema di gaming. Il prodotto è una console simile a un tabellone, in grado di tenere traccia dei vari componenti del gioco, dai dadi alle miniature, e collegata a un’app.
«Non sarà più necessario che un giocatore legga un manuale lungo decine di pagine e poi spieghi le regole agli altri, perché si verrà guidati passo passo — illustra Garofalo — E per i giochi complessi sarà l’app a tenere traccia di punteggi, bonus e malus. Tutto diventa più accessibile». Una rivoluzione più vicina di quanto si pensi.
(da La Repubblica)
Leave a Reply