IL MIRACOLO DELLA ZEIT
75 ANNI E OLTRE 500.000 COPIE PER IL RAFFINATO SETTIMANALE CHE RIESCE A RAGGIUNGERE UNA PLATEA INASPETTATA
Ghiotti di celebrazioni di compleanni, i tedeschi non si sono lasciati sfuggire un piatto gustoso come il settantacinquesimo anniversario della nascita della Zeit.
Alla fine di febbraio del 1946, nella Germania in ginocchio, su licenza delle truppe di occupazione britanniche a Amburgo vide la luce il primo numero del settimanale di politica, economia e cultura, destinato a scandire con successo e autorevolezza la vita del Paese dal dopoguerra ai giorni nostri.
Lunghi anni, tante trasformazioni, eppure oggi il giornale, che si muove con la sicurezza della maturità , assomiglia ancora al neonato di allora. Non solo nella grafica, oltralpe sostanzialmente immutabile per interi decenni, ma nel taglio aperto e tollerante, loro dicono “liberale” e poi spiegano che cosa intendono.
Non stiamo parlando di un semplice settimanale, come altri.
La Zeit è un distintivo da portare con discrezione, una bandiera da sventolare senza eccitazione, un segno di riconoscimento tra quanti hanno il gusto del confronto delle idee e preferiscono domande e ragionamenti alle certezze ideologiche. Il postulato a cui è rimasta fedele è di non diffamare le idee divergenti, non condannare le critiche come eresie, tutelare le istanze minoritarie, lasciare aperta la porta a opinioni contrarie.
Può sembrare un catalogo sdolcinato di buoni propositi, invece è l’architrave della costruzione del giornale ogni settimana. E sulla linea, non ci sono strizzatine d’occhio interessate a questo o quel partito, piuttosto un sano distacco pur se rispettoso, nel segno di “un centro stabile, ragionevole e illuminato”.
Regna l’accuratezza. La scrittura è colta, ricca ma precisa, limata con la dedizione degli artigiani di un tempo. Il controllo dei contenuti è capillare, le verifiche documentate, l’impegno nella ricerca evidente. È d’obbligo la chiarezza del posizionamento della testata, specie quando naviga fuori dalla corrente principale di pensiero. O quando abborda temi sui quali riconosce onestamente che il dibattito non si risolve in un derby tra bianco e nero, ma è necessario scandagliare con pazienza le diverse sfumature di grigio.
Vale la forza degli argomenti e non è un vezzo se da ultimo il giornale ha voluto arricchirsi di un nuovo spazio intitolato Streit, disputa, che pubblica confronti intensi tra chi la pensa in maniera opposta.
Già , e chi mai sarà attratto da un prodotto così impegnativo, anzi apparentemente indigesto, in epoca di comunicazione sincopata e affermazioni stentoree? Forse solo un ristretto gruppo di intellettuali? La risposta viene dai numeri.
Con 547.390 copie (di cui circa 186.000 in edizione digitale) vendute settimanalmente al prezzo non trascurabile di 5.70 euro, alla fine dell’anno scorso la Zeit ha stabilito il record assoluto di maggiore diffusione della sua storia. Rispetto a otto anni fa, l’aumento è di oltre il 6%. I lettori sono fortemente fidelizzati, il 75,4% di loro è abbonato. Tutti accademici elitari? Evidentemente no, la platea è ben più ampia.
Certo, merito della brillante direzione dell’italo-tedesco Giovanni di Lorenzo, da diciassette anni al timone del giornale, e di personalità di primo piano che lo hanno preceduto, come Gerd Bucerius o Marion Dà¶nhoff, impegnate a mantenere il giornale sul binario di un solido riformismo democratico, tedesco e europeo. E anche del co-editore Helmut Schmidt, l’ex Cancelliere, molto legato alla redazione, dove nella sua stanzetta in fondo al corridoio riceveva gli ospiti, avvolgendoli nel fumo infinito delle sigarette al mentolo e ancor più nei suoi ricordi lucidissimi e giudizi taglienti.
Ma l’unicità e il successo della Zeit non si afferrano del tutto se non li si colloca in un orizzonte di crescita e di vivacità culturale, valori condivisi e celebrati, e anche difesi.
Nel brindisi per il compleanno, il giornale ha tenuto a ricordare gli attacchi alla libertà di stampa e le minacce che anche in Germania, da destra e da sinistra, può essere necessario fronteggiare per svolgere il proprio lavoro. Ragione di più per continuare a battersi almeno con la penna per pluralismo e tolleranza.
In ogni caso, come per Mark Twain, al momento anche la notizia della morte dei giornali è fortemente esagerata.
(da “Huffingtonpost”)
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