IL MISTERIOSO VISIONARIO CHE PLASMO’ I CINQUESTELLE
ENIGMATICO, RISERVATO E IMMAGINIFICO: LA SUA GRANDE INTUIZIONE E’ STATA LA POLITICA DIFFUSA E CONTROLLATA DALLA RETE
Sembrava un personaggio di fantasia, Gianroberto Casaleggio, che se n’è andato a 61 anni senza che la malattia gli abbia dato il tempo di farsi conoscere meglio, nè forse il modo di farsi comprendere più di quanto probabilmente era giusto.
Così è rimasto un po’ l’uomo del mistero che pure tanto ha condizionato la fiammata non solo elettorale del MoVimento Cinquestelle, lo stratega in ombra, lo sfuggente Alter Ego di Beppe Grillo, l’enigmatica testa pensante che dagli studi milanesi della Casaleggio Associati, con l’aiuto di un nucleo di fedeli e del figlio Davide, teleguidava a bacchetta senatori e deputati del secondo raggruppamento politico italiano.
Tanto votato alla teorica trasparenza, quanto dominato nella pratica da una certa quantità di segreti, alcuni immaginari nella loro risonanza quasi settaria, altri tuttavia almeno convenienti, se non decisivi ai fini del potere all’interno dell’organizzazione.
In un mondo di inesorabili semplificazioni, questa sua immagine di arcano suggeritore virava facilmente verso l’archetipo, ma un po’ anche verso lo stereotipo del guru o, se si vuole insaporire il brodo, dello stregone a cinque stelle.
C’era in questo ruolo, assegnatogli dall’esterno con qualche automatismo, come una specie di riserva, o di vendetta ai danni della politica spettacolo, per cui non era possibile che un attore come Grillo, grandissimo animale da palcoscenico, facesse e ancora più elaborasse tutto da solo.
Ci doveva essere qualcuno di occulto dietro di lui, un regista, o meglio un burattinaio, “una mente freddissima”, un uomo “spietato e vendicativo” come si lasciò sfuggire nel 2012 in un fuorionda un povero dissidente emiliano, Favia, poi immediatamente espulso, secondo cui “Casaleggio prende per il culo tutti perchè da noi la democrazia non esiste”
Senonchè, non solo in politica, più uno disdegna la notorietà e più attira attenzione. Casaleggio, oltretutto, era irregolare fin dall’aspetto, giacca cravatta e lunghi capelli da hippie, come a voler contenere in sè, per sfida estetica o intellettuale, ogni possibile contraddizione.
Veniva del resto dal mondo della tecnica e prima di tanti aveva scommesso sulle risorse anche economiche del web, alternandole a diversi spunti culturali che dal medioevo dei cavalieri arrivavano ai romanzi di fantascienza.
Del tutto inclassificabile con le vecchie categorie della politica, disse una volta: “Sono orgoglioso di essere populista”; ma anche: “Siamo i pazzi della democrazia”.
Per dar vita al M5S aveva scelto il 4 ottobre, ricorrenza di San Francesco, fautore di povertà e amore per la natura.
Nel suo piccolo, gli piacevano moltissimo i gatti persiani. Convinto com’era che le sue idee avrebbero avuto il sopravvento, al futuro pensava tutto sommato con serenità per dedicarsi a “un piccolo bosco abbandonato” che aveva acquistato diversi anni fa nel Canavese, terra di visionari e di utopisti.
Da quelle parti era nato e lì aveva cominciato a lavorare come progettista software dell’Olivetti: “In un certo senso – ha detto riferendosi un po’ a se stesso e un altro po’ al M5S – siamo figli di Adriano”.
Rarissime le interviste, poche le uscite pubbliche (a Cernobbio, nel 2014), nessuna apparizione televisiva.
In compenso Casaleggio si è lasciato fotografare in posa western da Antonio Scattolon sotto un poster di Tex Willer; ha scritto un libro-dialogo di successo con Grillo e Dario Fo (“Il Grillo canta sempre al tramonto”, Chiarelettere); e prima di diventare quello che mai avrebbe voluto, e cioè famoso, aveva messo in rete un paio di video di apocalittica risonanza che sulla scorta di antichi condottieri e profetici pensatori, da Gengis Khan a Gioacchino da Fiore, prefiguravano la Terza Guerra Mondiale, da cui però sarebbe scaturita una sorta di età dello Spirito Santo che corrispondeva a una nuovo ordine mondiale fondato sulla tecnologia digitale e sulla rete.
Non si è mai capito se questa produzione fosse per Casaleggio un divertimento o una missione, o tutte e due le cose.
Certo in “Gaia”, il più noto di questi documentari tipo power point, la salvifica data coincideva con il centenario della sua nascita, 14 agosto 2054.
Mentre nell’ultima opera, un testo non irresistibilmente intitolato “Veni Vidi Web”, si delineava una curiosa società ideale, anti-fumo, anti-caccia, anzi vegetariana, con statue di Gandhi e corrotti posti alla gogna lungo i raccordi autostradali durante i week end. Tutto questo sarebbe stato governato dall'”interactive leader”, una forma di nuovo reggitore della cosa pubblica ormai in grado di realizzare all’istante i desideri della pubblica opinione.
La ferma originalità delle sue teorie, come del resto il look scapiglione e la fama di uomo tendenzialmente tenebroso, gli crearono in verità una certa avversione, oltre a produrre un congruo numero falsi Casaleggio formato social e di imitatori da beffa radiofonica (ci cascò Dario Fo).
Ai suoi vari detrattori, lungo un ampio range che andava da quanti l’accusavano di arricchirsi con il blog cinquestelle fino a chi riteneva che fosse un seguace del demonio, rispose comunque con un altro e-book cui volle porre l’esclamativo titolo “Insultatemi!”.
In realtà chi ha avuto la fortuna di conoscerlo sostiene che non si trattava di un castigamatti, nè di un esaltato, ma di una persona abbastanza normale, assai curiosa e vivace intellettualmente, in bilico tra impegno politico e mito tecnocratico, ispirato da Gurdijeff come da Philip Dick, da Rousseau allo gnosticismo passando per lo studio esoterico della macchina universale di Alexandre Saint Yves de Alveydra.
E se di tutto questo al giorno d’oggi non si trova traccia in Di Majo, Di Battista, Fico o negli altri maggiorenti del M5S, beh, forse dipende anche dall’odierna vita politica che inesorabilmente inaridisce chi vi si abbandona con crescente entusiasmo e coinvolgimento.
E’ piuttosto il rapporto fondativo con Beppe Grillo a dire parecchio del personaggio. Casaleggio lo conobbe nel camerino di un teatro dopo uno spettacolo in cui il comico genovese, vestito con un saio da Savonarola, distruggeva a mazzate un computer.
Quel brillante operatore della comunicazione e dell’arrembante cultura Web dovette instillargli il dubbio che, fra tanti simbolici oggetti da abbattere su di un palcoscenico, accanirsi proprio su un pc era pratica da scimmione luddista.
Nella tecnologia digitale c’era invece la via, la verità e la vita delle sue stesse intuizioni. Nacque così, come in una favola, un autentico sodalizio, un rapporto fatto anche di umana lealtà come nel mondo competitivo se non cannibalesco della politica ne esistono, ma soprattutto ne reggono pochissimi.
Quando Grillo, nell’autunno del 2012, tentò l’impresa di attraversare a nuoto lo Stretto di Messina, su una delle barchette che lo seguivano c’era anche Casaleggio.
Arrivato a toccare terra, questi violò il suo statuto di agognata invisibilità buttandosi in acqua, festoso come nessuno l’aveva mai visto, proclamando che nulla a questo punto era impossibile.
Così piace di ricordarlo nel giorno in cui è mancato.
Così d’altra parte si consumano le esperienze in un tempo in cui le parole e ancor più le immagini saturano l’immaginario fino a farlo quasi svanire.
(da “La Repubblica“)
Leave a Reply