IN COMMISSIONE VIGILANZA RAI IL M5S HA VOTATO INSIEME ALLA MAGGIORANZA SUL CONTRATTO DI SERVIZIO, SCATENANDO LE IRE DEL PD
LA MOSSA È APPARSA UN “BARATTO” PER OTTENERE UN CONDIRETTORE DELLA TGR (ROBERTO GUELI)… IL NUOVO SEGNALE DI “INCIUCIO” SU VIALE MAZZINI TRA MELONI IL “CARISSIMO NEMICO” CONTE
La commissione di Vigilanza Rai ha approvato il parere sul contratto di servizio della televisione pubblica: con la maggioranza ha votato anche il Movimento 5 stelle. Nelle parole dei grillini, l’avallo del Movimento al parere su un contratto di servizio ampiamente criticato per i suoi contenuti arriva come gesto di responsabilità a sostegno di quelle trasmissioni come Report, Presa Diretta, Indovina chi viene a cena? e altre che interpretano in maniera così importante il ruolo dell’informazione del Servizio pubblico come cane da guardia del potere». Hanno votato contro il parere Pd, Iv e Avs, Azione si è astenuta.
Contemporaneamente procede la partita sulle nomine in arrivo per la Tgr: il Movimento avrebbe volentieri un vicedirettore d’area per il meridione. Si fa già il nome di Roberto Gueli, attualmente vicedirettore, per quando Roberto Pacchetti – quota Carroccio – sarà, quasi sicuramente, promosso direttore. Senz’altro ora il candidato d’area pentastellata avrà una possibilità in più.
Non sarebbe la prima volta che a viale Mazzini i Cinque stelle avallano le decisioni della maggioranza: il consigliere d’amministrazione d’area Alessandro di Majo infatti non ha votato contro le nomine proposte dai vertici meloniani d’azienda durante la scorsa estate.
La decisione dei grillini in commissione Vigilanza spacca le opposizioni e allarga la faglia che corre tra quelli che erano gli ex alleati del campo largo: «Dispiace che i 5 stelle abbiamo votato a favore di una Rai che, a reti unificate, vorrebbe propagandare le gesta del governo di destra. Noi ci opporremo a questo disegno» ha detto Sandro Ruotolo, responsabile Informazione e Cultura del Partito democratico.
È un copione ormai collaudato. Che si ripete sempre uguale quando, in Rai, c’è in ballo qualche nomina. È allora che il M5S cambia improvvisamente casacca, riscoprendosi poco di opposizione e molto filogovernativo pur di ottenere le agognate poltrone alla guida di telegiornali, strutture, programmi o società controllate. Meglio se strappate al Pd, il partito rivale con cui sulla carta dovrebbe essere alleato.
Il risultato è un grande inciucio tra Giuseppe Conte e i Fratelli di Meloni che va avanti da mesi e fa godere i nuovi “padroni” di Viale Mazzini: il centrosinistra ne esce con le ossa rotte, indebolito da veleni e reciproche accuse; la maggioranza, vieppiù legittimata dall’appoggio esterno del Movimento, può completare indisturbata la trasformazione del servizio pubblico nel megafono dell’esecutivo sovranista.
Il baratto andato in scena in Vigilanza riguarda stavolta la TgR, una testata strategica in vista delle prossime elezioni, i cui incarichi di vertice sono appena scaduti. Fra marzo e giugno si voterà non solo in regioni importanti come Piemonte, Abruzzo e Sardegna (dove peraltro è stato promosso capo Ignazio Artizzu, fino a un paio di mesi fa responsabile stampa del governatore Solinas), ma anche in oltre 4mila comuni: conquistare una delle postazioni di comando nell’informazione locale diventa dunque fondamentale ai fini del consenso.
Ecco perché, dopo aver fallito — prima dell’estate — l’assalto al Tg3 rimasto saldamente in mano a Mario Orfeo, Conte ha puntato la casella del condirettore della TgR in quota opposizione. Il direttore salviniano, Alessandro Casarin, è stato appena riconfermato e non è in discussione.
L’altro numero 2, Roberto Pacchetti, è un leghista di provata fede che nemmeno la scivolata sulla promozione della moglie a vice- caporedattore della sede lombarda (su cui lui aveva la delega, poi rimessa) ha scalfito. A traballare è quindi Carlo Fontana, che il Pd avrebbe voluto mantenere. Conte si è però messo in mezzo. E ha chiesto di piazzare al suo posto l’attuale vice Roberto Gueli. La risposta non si è fatta attendere: in cambio del via libera, il M5S avrebbe dovuto dire sì al parere sul contratto di servizio elaborato dal centrodestra in Vigilanza.
È la chiave che spiega quanto è accaduto a palazzo San Macuto al termine di una mattinata concitata, allorché la maggioranza decide di forzare e di mettere ai voti la bozza messa a punto dal relatore Maurizio Lupi, disconosciuta dalla minoranza.
D’altra parte era già successo a giugno. Quando, a sorpresa, il consigliere grillino nel Cda Rai, Alessandro Di Majo, aveva approvato tutte le nomine alla direzione di Tg, generi e partecipate proposti dall’ad Roberto Sergio appena insediato dal governo Meloni. Anche allora Conte lanciò un salvagente alla destra e ottenne diverse poltrone per i suoi. Un copione collaudato.
(da Domani)
Leave a Reply