IN DIECIMILA PER L’ADDIO A EMANUELE. LA MADRE: “GRAZIE PER OGNI LACRIMA”
IL VESCOVO: “FEROCIA BARBARA E SPIETATA”… CACCIA AL TERZO AGGRESSORE
“Voglio fare io un applauso a voi per tutto quello che avete fatto in questi giorni, per le vostre preghiere, il vostro sostegno. Io vi ringrazio per ogni lacrima”. Poco prima che la bara bianca di Emanuele uscisse dalla chiesa Maria SS. Regina di Tecchiena Castello, frazione di Alatri, a parlare è la mamma del ventenne massacrato sabato scorso nel centro storico del Comune ciociaro. Mamma Lucia ringrazia tutti.
Chiede preghiere per Emanuele e invita le diecimila persone che hanno affollato il sagrato e anche il prato vicino alla chiesa, a ricordare il suo “caciarone” pieno di vita. Non parla degli assassini. Lo farà la sorella di Emanuele Morganti, Melissa. “Ciò che hai lasciato in noi – dice- non potrà essere cancellato neppure dal più vile degli assassini, come quelli che ti hanno portato via”.
“Quel che è successo è assurdo – fa loro eco Lorenzo Loppa, vescovo di Alatri, che ha celebrato il funerale – dobbiamo ora portare nelle nostre città la cultura della convivenza, altrimenti Emanuele sarà morto invano”.
Parole durissime quelle pronunciate dal monsignore durante l’omelia : “Quella che si è abbattuta su Emanuele è stata una ferocia disumana, barbara e spietata. Tutti si staranno chiedendo – ha detto il vescovo – dov’eri Signore quando Emanuele veniva pestato? Il Signore risponde, ero in quel corpo martoriato, morivo lì un’altra volta”. “Nessuna tolleranza verso la violenza – ha aggiunto – scegliere la non violenza come stile di vita e amare di più la vita” e ha ricordato che “la non violenza si impara in famiglia”.
Poi i palloncini bianchi lasciati volare, lunghi applausi e la liberazione di due colombe, mentre i carabinieri fanno largo per far passare il feretro attraverso il sagrato della chiesa.
Dietro la bara bianca mamma Lucia, papà Giuseppe, Melissa, gli amici. Alcuni, come Gianmarco, il giovane che ha fatto scudo con il suo corpo ad Emanuele tentando di sottrarlo alla ferocia del branco, portano a spalla il feretro.
Mamma Lucia tiene tra le mani una foto del suo ragazzo, sale sul carro, seguita dal marito. Non vogliono staccarsi da Lele neppure nell’ultimo viaggio alla volta del cimitero di Frosinone. La folla sfila.
Chilometri di coda per uscire da Tecchiena, centro immerso nelle campagne ciociare alle prese con un delitto con ben pochi precedenti. Tutti a casa. Ma con l’invito del vescovo Loppa a non fare come Caino, a “scegliere la non violenza come stile di vita”
La bara bianca con il corpo del ventenne ucciso ad Alatri in una notte di follia davanti a una discoteca, è stata riportata questa mattina nella sua casa natale a Tecchiena. Subito dopo è stata portata a spalla fino alla chiesa, per circa 300 metri. Gli amici si sono dati il cambio per trasportare il feretro seguito da un lungo corteo di persone in lacrime.
“Emanuele picchiato prima dentro al bar ”
Torna a parlare la fidanzata di Emanuele “È stato picchiato prima all’interno – racconta Ketty al tempo – Perchè credevano fosse lui a importunare la barista. Lo hanno trascinato in un angolo. Non vedevo niente. Solo tanta confusione. Poi sono riuscita a guadagnare l’uscita e ho visto Emanuele che era scortato da quattro persone. Aveva la maglietta strappata, il sangue vicino la bocca e lui agitato che diceva: ‘Ma non sono io ad aver dato fastidio. Non sono io. Perchè mi cacciate? Non è giusto'”.
“Tutto ha avuto inizio mentre stavamo vicino al bancone del bar mentre eravamo in attesa delle nostre ordinazioni”, racconta. “Accanto a me, ad Emanuele, a Marco e Riccardo, nostri amici, c’era un giovane visibilmente ubriaco che discuteva con la barista. Poi ha iniziato a colpire Emanuele a colpi di spalla. Il mio fidanzato ha sopportato per un poco ma poi ha reagito e gli ha detto di smetterla. Questo per tutta risposta gli ha lanciato sulla testa un portatovaglioli. In un istante è scoppiato il putiferio. Non dovevano fare questo. Dovevano tutelarlo e non ucciderlo”.
Le indagini: I Ris hanno trascorso ore all’interno del Mirò.
Hanno passato il Luminol in qualsiasi angolo alla ricerca di ogni minima traccia di sangue che permetta di ricostruire la dinamica del pestaggio.
Secondo l’autopsia, Emanuele sarebbe stato ucciso da un’arma impropria forse un manganello, che non è tra quelle sinora individuate dagli investigatori, impugnata e utilizzata da un soggetto al momento ignoto.
A provocare l’emorragia cerebrale, risultata fatale a Emanuele, è stato un colpo, forse due, sferrati con violenza alla testa del ragazzo quando era già a terra.
Lesioni che gli inquirenti hanno sospettato potessero essere compatibili anche con la caduta del ventenne dopo il pugno da dietro che gli sarebbe stato sferrato dall’arrestato Mario Castagnacci, che lo aveva fatto finire contro il montante di un’auto in sosta.
Castagnacci e Palmisani, i due accusati dell’omicidio intanto restano in carcere. Interrogati nel carcere di Regina Coeli, a Roma si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Il giudice per le indagini preliminari ha quindi convalidato i fermi.
L’omaggio del calcio
Dieci secondi di silenzio in campo a Cesena prima dell’inizio della partita Cesena-Frosinone. E poi ancora, cori da parte di entrambe le tifoserie che chiedevano “giustizia per Emanuele”. Uno striscione calato appena l’arbitro ha fischiato l’inizio dell’incontro e applausi.
Una serata di emozioni quella di ieri sera, al comunale di Cesena, dove si è ricordato Emanuele
(da “La Repubblica“)
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