INTERVISTA AL SINDACO DI AMATRICE (EX AN): “L’IMPEGNO DEL GOVERNO: IN TENDA FINO A GENNAIO E DUE ANNI NELLE CASETTE DI LEGNO”
“RICOSTRUIREMO LA CITTA’ CON LO STESSO VOLTO, LE CASE DISTRUTTE SONO 400, NON MIGLIAIA, MI FIDO DI ZINGARETTI”
Da quando ha pronunciato la frase “Amatrice non esiste più”, il sindaco Sergio Pirozzi, alla guida con una lista civica da sette anni di uno dei tanti piccoli comuni d’Italia, ex Alleanza Nazionale (“si, una volta, quando c’erano queste cose…”), di mestiere allenatore sportivo (“ragione per cui Renzi mi chiama Mister”) è diventato il volto globale della tragedia del suo paese, e dell’Italia.
Parla con tutti, fa conferenze stampa ogni volta che serve. Ma ha ancora molto molto da dire. L’aria è quella di chi per ora sta tranquillo. Ma basta prenderlo da solo, in un raro momento di pausa, per capire che, più che tranquillità , il suo è il controllo di chi sa che le energie non vanno sprecate, perchè la strada sarà molto lunga.
In sintonia con il resto dei suoi cittadini, il terzo giorno è anche per lui il momento in cui si contano i corpi, si tentano i primi bilanci, e si ammette l’inquietudine sul futuro. E il futuro è fatalmente la ricostruzione. “La città la voglio ricostruita qui, con la stessa estetica, lo stesso volto. La voglio proprio uguale, così come l’ha disegnata nel 1500 Cola Filotesio”.
Proprio così uguale, con lo stesso aspetto e stesse pietre? Decine di sindaci prima di Lei hanno giurato la stessa cosa e poi la promessa non è stata mantenuta dalle cose. L’Aquila è forse il caso più celebre, e certo il più vicino…
“Sarà che sono un sognatore” risponde, con una battuta, ma, tanto per essere sicuri, si infila in un pantheon politico “e come me la pensano Renzi, Delrio, Nicola (Zingaretti, il governatore del Lazio nda), Franceschini”.
Sarà . Ma il nome dell’Aquila, l’esempio di lunghi mesi di attesa per case mai arrivate, e di tante promesse disattese, è tuttavia l’ombra che si stende su ogni episodio di queste ore, su ogni scelta.
“Probabile, possibile. Ma io sono tranquillo”.
Ci sono condizioni qui molto diverse, argomenta. “All’Aquila c’erano sessantamila sfollati. Un campo infinito, una intera città . Qui invece nella disgrazia c’è una consolazione, ed è quella delle nostre piccole dimensioni: le case distrutte davvero sono soprattutto le 400 del centro. Amatrice è diffusa in ben 60 piccole frazioni, e il totale degli abitanti è di 2633, prima del terremoto, più i turisti dell’estate. I morti sono tanti per questa piccola cifra, ma le dimensioni si possono affrontare”.
Per questa ragione, è centrale per il sindaco che non si creino campi fuori dal paese, “ogni gruppo di sopravvissuti deve rimanere lì, vicino al proprio paese. Il rischio è che questa popolazione piuttosto anziana, una media di 49 anni, vada lentamente via”.
Ma anche così, in queste piccole dimensioni, il progetto di gestione ha bisogno di tempi certi, non le pare? E il calendario della ricostruzione è sicuramente il primo assillo nella mente di tutti coloro rimasti senza casa.
“Cinque mesi”, dice il sindaco.
Cinque mesi per cosa?
“Cinque mesi per la consegna delle case di legno con modello adatto alle temperature e alle condizioni di questa montagna alta”.
Cinque mesi significano che gli attuali sfollati saranno qui almeno fino a gennaio. In un clima molto rigido. Non una piacevole prospettiva.
“Infatti, ho già chiesto i sacchi a pelo”, dice con un filo di amarezza. “Ma mi hanno detto che questi sono i tempi minimi per realizzare l’opera”.
E i tempi per la ricostruzione delle case
“Io sognerei in un anno, ma sono un realista e mi accontento di due”, e stavolta il sorriso è proprio di sfida. “In ogni caso la ricostruzione sarà gestita da un commissario” che è molto probabilmente Zingaretti, “un uomo con cui dopo un epico scontro due anni fa sono in perfetto accordo”, precisa subito il Sindaco.
Pronto a requisire seconde case, visto che ce ne sono tante
“Molti di quelli che ne hanno le hanno già messe a disposizione. Ma se sarà necessario chiederne altre, non vedo problemi a farlo”.
Insomma, a voler riepilogare, a dispetto di tutta la sua energia, degli sforzi e delle poche ore di sonno, alla fine anche il Sindaco di Amatrice entra nella lunga fila di sindaci alle prese con grandi disgrazie, come tanti ne abbiamo conosciuti. Forti, seri, e gia’ un po’ disperati
Il ritratto non lo sconvolge. Gli provoca solo un abbassamento di tono di voce: “Io non ho perso nessuno di famiglia stretta, ma ho perso ogni singolo cittadino che è morto. Da giorni non trovo Gianni il panettiere, era il mio migliore amico, e l’unico che a quell’ora era già al lavoro”.
Come è possibile non trovarlo?
“Così. Semplicemente scaviamo e non si trova nulla, è li, lo sappiamo, ma è come svanito”.
O forse bisognerebbe dire una parola più forte, ma qui, quando la morte è così presente, le parole che si usano ridiventano rispettose, lievi.
Come lieve è l’accenno , che emerge dal flusso di parole, a quello che per ogni sindaco nei suoi panni deve essere il maggiore dei dubbi: poteva capire? Avrebbe dovuto sapere di più? fare di più
“Eppure io me ne sono occupato”, dice scuotendo la testa. “Abbiamo fatto tanto in questo paese: la scuola alberghiera che è qui davanti a noi era da riparare dal 2009, e vi abbiamo destinato I pochi fondi che sono arrivati”.
E gli errori sui fondi europei ?
“Si, c’è stato un errore di un nostro funzionario, che abbiamo sanzionato. Ma l’anno dopo la richiesta presentata da noi alla Protezione Civile non è comunque entrata nella lista dei progetti approvati e non per carenze di compilazione”.
Qualcosa però aveva capito il sindaco.
“Mesi fa abbiamo messo in moto la richiesta, che è stata discussa ufficialmente, di far rafforzare i ponti. Amatrice è circondata a valle da una rete di acque, tre fiumi e un lago, che compongono come un un cerchio intorno alla base della montagna su cui si trova. Sono gli stessi ponti che in queste ore sono stati chiusi perchè in pericolo di crollo”.
Qualcosa temeva allora
“Si ma non tutto questo… Per me il simbolo di questa disgrazia è Porta Carbonara, la porta medievale del XIII secolo che segna l’accesso della città . È il simbolo di Amatrice, è li da secoli, robusta, larga, ed è sopravvissuta senza danni a tanti terremoti che abbiamo subito… e stavolta è la prima cosa che ho visto la notte della prima scossa, ma stavolta non ce l’ha fatta…”
Mi pare che in questa storia della torre lei ricavi la lezione che alla fine non è possibile mettere in sicurezza alla fine tutto di questa fragile Italia…
Scuote la testa. “Non è possibile infatti…Impossibile”.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply