INTERVISTA ALL’ARMATORE DELLA MARE JONIO: “PM IN MALAFEDE, GETTANO FANGO SU DI NOI, UNO DI LORO IMBASTI’ INCHIESTA SULLA NAVE CAP ANAMOUR E POI FURONO TUTTI ASSOLTI”
“IL BONIFICO DELLA MAERSK E’ UNA DONAZIONE, PREVISTA DALLE CONVENZIONI INTERNAZIONALI E REGISTRATA A BILANCIO, NESSUN ACCORDO PER TRASBORDO MIGRANTI”
Alessandro Metz è furibondo. “Sono un operatore sociale che lavora da 30 anni nel campo della salute mentale”, grida al telefono. “Lavoro da una vita coi disabili, coi minori, nel settore accoglienza, con le cooperative sociali: questo è il mio stipendio. Che adesso qualcuno si permetta di dire che sto lucrando sul salvataggio dei migranti in mare è una cosa intollerabile”.
La sua rabbia è comprensibile. L’accusa che gli muove la procura di Ragusa — aver accettato in qualità di armatore della Mare Jonio il trasbordo dei 27 migranti della Maersk Etienne solo per soldi – è di quelle che, se provate, fanno tabula rasa. Della credibilità , del sostegno, del futuro del progetto Mediterranea.
E però un bonifico tra la compagnia danese Maersk e la Idra, la società di Metz e Giuseppe Caccia, c’è. E’ agli atti dell’indagine.
E’ un bonifico di 125.000 euro. E’ datato 30 novembre. Metz, cosa sono quei soldi?
“Una liberalità da parte della Maersk, i cui rappresentanti abbiamo incontrato per la prima volta il 6 ottobre. Quasi un mese dopo il trasbordo”
Liberalità per cosa? Vi fate pagare i trasbordi adesso?
“No. Il 6 ottobre veniamo invitati a Copenaghen dalla Danish Shipping, l’associazione che riunisce i maggiori armatori danesi. A Copenaghen va Beppe Caccia. E’ un convegno tra diverse associazioni di categoria in cui si discute proprio il caso di settembre della Maersk Etienne. Lì Caccia incontra Tommy Thomassen, uno dei dirigenti della Maersk”.
Di cosa parlano?
“Caccia spiega a Thomassen che, dopo il trasbordo e l’attracco a Pozzallo, Mare Jonio ha avuto problemi con le autorità italiane, perchè è stata aperta un’indagine, siamo stati diffidati e non ci hanno fatto più riprendere il mare nè imbarcare tecnici armatoriali. Nei due mesi successivi all’operazione abbiamo avuto spese per 270 mila euro. A quel punto Thomassen dice a Caccia che è loro intenzione ristorare il danno che abbiamo subito”.
Perchè Maersk non ha fatto semplicemente una donazione a Mediterranea?
“Beppe gliel’ha suggerito! Ma i legali della Maersk hanno detto che la soluzione migliore, di maggior trasparenza, era seguire i dettami della Convenzione di Londra del 1989”.
Che dice cosa?
“Codifica la modalità di aiuto e supporto in acque internazionali tra assetti navali diversi. Così arriviamo alla fattura da 125 mila euro della nostra Idra Social Shipping, regolarmente rendicontata nel nostro bilancio. Niente di illegale, di oscuro o di strano”.
Però è la prima volta che si sente di un passaggio di denaro in seguito a un intervento di carattere umanitario. Siete andati a prendere migranti che stavano su quella petroliera da 37 giorni e li avete portati in Italia. Non crede che le questioni commerciali dovrebbero rimanere fuori da questo campo?
“Nessuno nella Idra prende soldi, i soci non si spartiscono dividendi. Tutto ciò che incassiamo lo usiamo per mantenere la Mare Jonio attiva, per metterla in mare e salvare i naufraghi”.
Avevate informato gli altri di Mediterranea del bonifico?
“Il direttivo e l’assemblea dei soci di Mediterranea hanno i bilanci di Idra”.
I pm di Ragusa ritengono che prima del trasbordo abbiate contattato gli armatori della Maersk per mettervi d’accordo.
“E’ una falsità indegna”
Ci sono i tabulati delle telefonate tra Beppe Caccia e un numero danese. Almeno 4 chiamate.
“Quel numero non è di un dirigente della Maersk, ma della rappresentante della Danish Shipping, l’associazione di categoria degli armatori danesi”.
E non è strano che proprio prima della vostra partenza dal porto di Licata Beppe Caccia telefonasse ai danesi? Di cosa parlava con la Danish Shipping?
“Il caso della Etienne era diventato la vergogna d’Europa, 37 giorni fermi in mare con i 27 migranti e Malta che negava lo sbarco. In quel momento l’elemento politico era fondamentale per arrivare alla soluzione del caso. Caccia stava cercando di capire se c’era la possibilità , attraverso Danish che ha una potenza di lobbying notevole, di fare pressioni su Ursula Von Der Leyen per mettere fine a quello scandalo”.
Non può essere che l’accordo avveniva tramite lei?
“Le rispondo con la nostra storia: in questi 30 anni di attività politico-istituzionale e sociale che ognuno di noi ha svolto, ci possono accusare di tutto, ma non di lucrare e speculare sulla pelle delle persone. E poi la Maersk si è esposta pubblicamente, negando che ci fosse un accordo preventivo. Perchè, mi chiedo, i pm di Ragusa non hanno ascoltato anche la loro versione prima di venirci a sequestrare telefoni e computer e far scoppiare questo scandalo?”.
Sostengono che avete falsificato i report medici sulle condizioni di quei migranti, per spingere il Centro di soccorso italiano a concedervi il porto di sbarco. E’ così?
“A fare il report medico è stata una dottoressa seria che ora lavora in ospedale», ribatte Metz. «Solo dei pm in malafede possono sostenere che quelle persone, dopo tutto ciò che avevano passato in Libia e da 37 giorni confinate in uno spazio di 20 metri quadrati sulla prua della petroliera, non fossero in stato di necessità . Stanno criminalizzando la solidarietà ”.
Come sta reagendo la vostra comunità alle notizie che arrivano da Ragusa?
“Massima solidarietà da parte di tanti che fanno parte della civil fleet e hanno capito che è in atto un attacco pretestuoso a Idra Social Shipping. Alla procura di Ragusa non interessa la questione dei soldi, quello è fango immesso nel ventilatore. Fango che poi non se ne va facilmente, perchè rimane il dubbio…è una situazione fortemente penalizzante”.
La trattativa per comprare la maxi nave da 500 posti procede lo stesso?
“No, al momento è saltata. L’operazione della procura di Ragusa mira a mettere in ginocchio Idra Social Shipping che nasce per gestire le navi della società civile di mediterranea. L’intento è ovvio”.
Sta dicendo che c’è un complotto contro di voi?
“No. Osservo solo che uno dei magistrati, Fornasier, è quello che anni fa mise sotto inchiesta la Cap Anamour che aveva portato in salvo 37 naufraghi del Sudan. Io e Beppe Caccia allora andammo in Sicilia per protestare, e trovammo quelle persone rinchiuse nei container del centro di detenzione. Quella giornata finì con l’intervento delle forze dell’ordine, io sono finito in ospedale. Nel processo sulla Cap Anamour, poi, tutti gli imputati sono stati assolti”.
(da “La Repubblica”)
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