LA BOMBA LEGA SUL REDDITO DI CITTADINANZA
L’AUTONOMIA E LE MINACCE DI FAR CADERE IL GOVERNO
«I nostri elettori al Nord non ce lo perdonerebbero, tanto più se il quarto trimestre del Pil sarà nuovamente negativo. Se ci andrà bene, è previsto un meno 0,2%»: mentre Salvini si balocca con la Nutella e con le ideone di invitare associazioni eversive al Viminale, nella Lega c’è chi pensa che il reddito di cittadinanza e, più in generale, le politiche per il Sud possano costituire un problema non solo per il consenso del Carroccio ma anche per la crescita dell’Italia.
E si comporta di conseguenza, se è vero che la frase messa in bocca da Francesco Verderami sul Corriere ad “autorevoli dirigenti leghisti” fanno da contraltare le parole di Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, sull’autonomia di Lombardia e Veneto: “o si vota entro il 15 febbraio o cade il governo”.
La minaccia di Giorgetti è stata rintuzzata ieri dalla senatrice Nugnes del M5S, ma nessuno crede che le minacce dell’eletta vicina a Roberto Fico si tramuteranno in realtà visto che tra i grillini la battaglia dei senatori ribelli è isolata e più che altro sono loro a rischiare l’espulsione.
Salvini ai suoi ha chiesto pazienza e silenzio: «E intanto battete il territorio».
Nella sua agenda ci sono le elezioni non il rimpasto, che semmai era un’esigenza del Movimento, per via delle performance non proprio esaltanti di alcuni suoi ministri: da Toninelli alla Grillo.
È vero che anche Savona aveva manifestato l’intenzione di lasciare e che su Tria si erano concentrate le pressioni dei grillini, ma ora il titolare dell’Economia non intende passare la mano, e non perde occasione per raccontare chi sia stato il vero «mediatore» con Bruxelles, «nonostante Conte si sia preso tutti i meriti».
Non a caso tra i ministri in bilico in caso di rimasto ci sono tre grillini.
Ma se questa è la situazione esterna, Salvini non può permettersi di ignorare cosa sta succedendo all’esterno.
Dove la Lega ha visto per la prima volta un’interruzione alla sua tumultuosa crescita nei sondaggi, e per un motivo ben preciso: la Manovra del Popolo non regala il sogno della flat tax ai cittadini settentrionali tartassati (lo fa soltanto a un milione di Partite IVA su tutto il territorio nazionale) ma nel frattempo spende “i soldi del Nord” per i cittadini senza reddito del Sud e manda in pensione prima gli impiegati statali con Quota 100.
Non a caso Roberto Maroni, che fu tra i promotori dei referendum per l’autonomia che non servivano a niente visto che l’Emilia Romagna ha ottenuto lo stesso risultato con una raccomandata, oggi su Repubblica si esercita nell’antica arte di mettere il pepe nel posteriore di Salvini: «Non c’è niente da negoziare, è già tutto scritto nell’accordo che il 28 febbraio scorso Lombardia, Veneto ed Emilia hanno firmato con il governo Gentiloni. Non è un pezzo di carta, ma un contratto vero e proprio. Va rispettato alla lettera. In Parlamento deve passare, certo, ma solo per la ratifica, come per gli accordi internazionali. Prendere o lasciare».
E ancora: «Il Nord ha fatto sentire forte e chiara la sua voce sui temi economici. La Lega ha tutto l’interesse ad ascoltarla e a farsene carico. E poi Salvini ha davanti a sè un’occasione storica: realizzare il sogno della Lega, cullato per decenni, da Miglio in poi. Non credo che la perderà . Senza autonomia non avrebbe senso andare avanti con questo governo».
Proprio per questo già nella stesura del decreto sul reddito di cittadinanza si noteranno i primi attriti, perchè Salvini – raccontano autorevoli dirigenti leghisti –non si comporterà come sul decreto Dignità , spiega oggi Verderami.
Tutte le voci che parlano di progetti per rendere il reddito di cittadinanza un sussidio per le imprese che assumeranno, lasciando che lo percepiscano le aziende come sconto per un’assunzione, provengono da modifiche chieste dalla Lega e in qualche modo considerate dai 5 Stelle, anche se ad oggi non è possibile sapere se entreranno nel prossimo decreto.
Di certo c’è che il reddito di cittadinanza diventerà il primo ring su cui si misureranno le ambizioni dei leghisti verso Palazzo Chigi e la capacità politica del MoVimento 5 Stelle di resistere.
(da “NextQuotidiano”)
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